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WineCouture meets Angelo Gaja: il discorso del re

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Angelo Gaja ci apre le porte della sua cantina. Per una chiacchierata a ruota libera, tra una nuova educazione al vino, sinergie di successo e l’anno che verrà.

Sulla collina dov’è situato il piccolo paese di Barbaresco, in provincia di Cuneo, una stretta via pavimentata congiunge la piazza del municipio a quella della chiesa. Al centro del passaggio, si affaccia un castello, le cui terrazze dominano le distese di vigneti che delineano il paesaggio tutto attorno. Ed è in una stanza affrescata di quella che un tempo fu dimora della nobiliare casata dei Galleani, ma oggi è in parte cantina, in parte sede di rappresentanza dell’azienda che porta il nome di famiglia, che ci attende per una lunga chiacchierata Angelo Gaja: il re del Barbaresco.

1961: lei entra in azienda, a fianco di suo padre Giovanni. Da allora, il mondo è molto cambiato: oggi viviamo in un frangente in cui si assiste alla promozione di fenomeni quali il Dry January e a insistenze legislative per imporre norme sempre più restrittive verso il consumo di alcool. Qual è la strada che il vino deve seguire per non restare impigliato nelle maglie di questa nouvelle vague proibizionista?

Se è conclamato che ogni abuso comporta conseguenze e problematiche, quel che mi spiace, quando si parla di alcool, è vedere associati vino e superalcolici: produzioni per storia e per modalità di consumo molto diverse tra loro. Più volte mi sono speso per sollecitare l’ottenimento di una netta separazione tra le categorie. Quando si pensa al vino, infatti, è sufficiente osservare l’impatto culturale che da sempre riveste sulla vita dell’uomo per comprenderne il valore. È qualcosa che arriva a toccarlo fin nella trascendenza del più intimo credo: la simbologia dell’eucarestia cristiana lo dimostra. In maniera più terrena, poi, faccio mia la sintesi dell’ex direttore dell’Ansa, Sergio Lepri. Quando, in una recente intervista, gli è stato domandato di esplicitare la ricetta che lo ha fatto arrivare a 101 anni in perfetta salute, ha risposto: “moderazione nel cibo, esercizio fisico e un bicchiere di rosso tutti i giorni“.

Serve, dunque, una nuova educazione al vino?

Serve innanzitutto informare correttamente, non promuovendo un’emulazione al bere in quanto parte di una ritualità o una moda. Alla crescita nella domanda, da parte dei consumatori, per una partecipazione ad approfondire la conoscenza del vino, va fornita una risposta adeguata. Anche individuando modalità differenti di comunicare, che vadano oltre le banali e caotiche degustazioni, in cui ci si trova sempre più innanzi a soggetti con cui, data la natura dell’evento, non c’è neanche possibilità d’interfacciarsi per un confronto.

"Quando si pensa al vino, infatti, è sufficiente osservare l’impatto culturale che da sempre riveste sulla vita dell’uomo per comprenderne il valore" (Angelo Gaja)
“Quando si pensa al vino, infatti, è sufficiente osservare l’impatto culturale che da sempre riveste sulla vita dell’uomo per comprenderne il valore” (Ph. Marcello Brunetti)

A fronte di una necessità di ripensare il modo di comunicarsi da parte del vino, individuare scenari di maggior respiro internazionale dove promuovere sinergie, come può essere Milano, può rappresentare la direzione da intraprendere?

Il vino e l’agroalimentare italiani hanno bisogno di un evento che trasmetta la cultura profonda dell’artigianalità che caratterizza le nostre produzioni in tutti i campi. Milano può essere un ottimo palcoscenico, ma è banale pensare di realizzarvi un evento dedicato esclusivamente al vino e basato solo sulla mescita. Milano può e deve aspirare a molto di più.

Quale potrebbe essere la ricetta vincente?

Abbiamo delle storie incredibili da raccontare, dunque dobbiamo essere bravi a realizzare un evento diffuso nella città che ponga la cultura al centro. Facendo conoscere e assaggiare i prodotti, ma accompagnando questo percorso con una serie di conferenze e incontri in cui a essere protagonisti siano gli artigiani che rappresentano le fondamenta del nostro successo in termini di qualità produttiva. A tutto ciò, poi, legare altre eccellenze: serve dare vita, in sostanza, a una settimana dello stile di vita italiano. Riuscire a mettere in piedi un evento di tale portata, vorrebbe dire valorizzare tanti e diversi mondi, attirando ancor più gente dall’estero. E Milano è l’unica città che può ospitare qualcosa del genere. Grazie alla sua enorme attrattiva e alla fama che si è guadagnata sulla scena internazionale. È un progetto che andrebbe chiaramente costruito nel tempo, non si può fare dalla sera alla mattina. Dando spazio innanzitutto all’artigianalità e facendo comprendere l’expertise dietro al nostro particolare modo di produrre. Sarebbe un momento fantastico.

"Barolo e Barbaresco sono riusciti ad affermarsi in quanto vini capaci di esprimere un’identità molto forte".  (Angelo Gaja)
“Barolo e Barbaresco sono riusciti ad affermarsi in quanto vini capaci di esprimere un’identità molto forte”
(Ph. Marcello Brunetti)

Ad avviso di Angelo Gaja, cosa decreta il successo di una tipologia di vino?

Cito due vini che produciamo noi di Gaja. In Toscana, il Brunello di Montalcino, realizzato con 100% uve Sangiovese, ha visto competitor – dal Chianti ai Supertuscan – interni alla stessa regione che propongono, interamente o in parte, la medesima varietà. Si è così trovato a dover affermare un primato che, da una parte, nasce da un terroir particolare, dall’altra, da una capacità dei produttori di affermare questa peculiarità. E con merito ha saputo costruire il proprio successo. In Piemonte, invece, con il Nebbiolo la dinamica è stata diversa. Barolo e Barbaresco sono riusciti ad affermarsi in quanto vini capaci di esprimere un’identità molto forte. A questo si sono aggiunti altri fattori che hanno contribuito a decretarne il successo: zone dai paesaggi molto belli da visitare, che vantano una gastronomia di primo livello e in prossimità di una città come Alba, che ha saputo affermare in maniera straordinaria un’altra vera eccellenza del territorio, quale è il tartufo. Inoltre, va considerato un altro decisivo fattore: le centinaia di cantine, spesso molto piccole, che imbottigliano. E in questo caso: piccolo, più che bello, è utile. Perché sono le realtà che accolgono in prima battuta i visitatori, soprattutto stranieri, che vogliono andare alla scoperta del territorio. Poi, ovviamente, le cantine più strutturate costruiscono domanda sui mercati. Ma è la complessiva sinergia che ha consentito a Barolo e Barbaresco di assumere la propria forte identità.

"Guadagnarsi la stima del ristoratore e avere le nostre etichette presenti in determinate wine list ha rappresentato, fin da principio, un fattore importante di crescita per la cantina" (Angelo Gaja)
“Guadagnarsi la stima del ristoratore e avere le nostre etichette presenti in determinate wine list ha rappresentato, fin da principio, un fattore importante di crescita per la cantina”
(Ph. Marcello Brunetti)

Gaja, oggi, è uno dei brand italiani del vino con un’immagine tra le più forti sui mercati di tutto il mondo: come avete fatto ad arrivare dove siete ora?

Un merito importante è da ascrivere a un insegnamento di mio padre, il quale ha sempre insistito sul presidio del mondo della ristorazione. Se sei presente in una carta dei vini, infatti, godi di una pubblicità gratuita. Così, guadagnarsi la stima del ristoratore e avere le nostre etichette presenti in determinate wine list ha rappresentato, fin da principio, un fattore importante di crescita per la cantina. Questa raccomandazione l’ho tenuta sempre bene a mente. Ricordo ancora la prima pagina Gaja su una carta vini: 1982, a Monaco di Baviera, da Tantris, uno storico ristorante stellato Michelin che esiste ancora. Mezza pagina dedicata alle nostre etichette: la prima di quelle che oggi sono diventate 2.500 citazioni in wine list di tutto il mondo

Quanto vale questo?

Essere protagonisti all’interno di quel mondo che mio padre definiva “il teatro del vino” è fondamentale. Al ristorante, infatti, si celebra l’avvio di una amicizia, il consolidamento di un rapporto, la definizione di un business. E se hai ospiti a tavola, dimostri attenzione nei loro confronti attraverso la scelta di una bottiglia preziosa. È un principio che vale sempre: anche nel caso di etichette dal costo più contenuto, ma che rappresentano una scoperta fatta e condivisa con gli amici o una particolarità che si desidera valorizzare. Il vino ha questa forza straordinaria: crea legami e rafforza il senso di comunità. Un’etichetta rappresenta voglia di stare assieme e desiderio di condivisione.

"Non sarà un anno facile, ma dovremo essere bravi a cambiar passo e mentalità" (Angelo Gaja)
“Non sarà un anno facile, ma dovremo essere bravi a cambiar passo e mentalità”
(Ph. Marcello Brunetti)

Nell’incerto contesto internazionale 2020, l’Italia brinda al fatto di non essere stata colpita dai dazi Usa sul vino: questa può rappresentare un’occasione privilegiata per crescere a valore sui mercati del mondo con i nostri prodotti?

Voglio, innanzitutto, riconoscere pubblicamente a chi va dato merito, più di tutti, per il fatto che l’Italia non sia stata colpita dai dazi americani: la nostra ambasciata a Washington. Il lavoro che ha compiuto, attivando l’associazione degli importatori e coinvolgendo i politici americani che sostengono la forte comunità italiana negli Usa, è stato di prim’ordine. L’idea di tassare le produzioni agroalimentari italiane, in un paese dove la nostra cucina è dominante e largamente diffusa, comporta il fatto di assumere un provvedimento altamente impopolare. Scampato il pericolo, ora l’Italia del vino deve però maturare la consapevolezza che da questa situazione guadagna un importante vantaggio. Perché gli altri principali competitor della Ue, almeno fino all’autunno, saranno tassati. Dovremmo essere capaci non solo di guadagnare maggiori spazi sul mercato Usa, ma anche crescere in termini di prezzo. Questo è un momento strategico, in un contesto complessivo delicato tra le problematiche che affliggono la Cina e la poca chiarezza del futuro nel Regno Unito. Non sarà un anno facile, ma dovremo essere bravi a cambiar passo e mentalità, consapevoli dell’opportunità notevole che ci è posta innanzi.

La nostra lunga chiacchierata vis à vis con Angelo Gaja non termina qui. Da lunedì 9 marzo, appuntamento su Wine Couture per una grande settimana dedicata a celebrare il re del Barbaresco, che proprio oggi, sabato 7 marzo, compie 80 anni. Ogni giorno, un nuovo approfondimento verrà pubblicato, con il pensiero di Angelo Gaja su tanti temi di attualità, aneddoti dal suo passato e il racconto della sua storia di produttore oltre i confini delle Langhe. 

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