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Oltre i confini di Barbaresco: l’altro volto di Angelo Gaja produttore

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Angelo Gaja non è solo il re del Barbaresco. È anche produttore che nel tempo ha saputo arricchire l’offerta al mercato sviluppando una serie di progetti coerenti con origini e filosofia della propria cantina. A partire da un grande bianco, Gaia & Rey, capace di conquistare i palati di tutto il mondo. Cui poi è seguito lo sbarco in due aree simbolo della Toscana, oggi tra i vertici qualitativi del vino mondiale: Montalcino e Bolgheri. Scopriamo dalle sue parole il lato meno conosciuto di Angelo Gaja produttore: i progetti del brand oltre i confini di Barbaresco.

1979: il re del Barbaresco decide di creare un vino bianco, uscito nel 1983, piantando lo Chardonnay in Langa. Perché questa scelta?

Io credo che i vitigni siano apolidi: devono aver la possibilità di viaggiare, non venire confinati dagli schemi imposti dall’uomo. Considerando la storia della nostra cantina, la volontà era quella di produrre un vino che fosse capace di maturare nel tempo: l’aspetto della longevità risultava, dunque, fondamentale. È così che ci siamo orientati sullo Chardonnay. E abbiamo dato vita al primo bianco italiano ad aver maturato in barrique. Attenzione: non ascrivo un merito particolare a questo dettaglio, ma lo cito per segnalare che usare questo strumento con criterio può comportare dei vantaggi rispetto alla scelta di recipienti di maggior volume. Il percorso di apprendimento ci ha visto anche inciampare qualche volta, commettendo errori che poi abbiamo saputo correggere. Ma nel tempo abbiamo imparato a governare una tecnica che oggi ci consente di offrire un’etichetta, Gaia & Rey, dal carattere ben definito”.

1994: arriva lo sbarco a Montalcino, con Pieve Santa Restituta. Cosa ha rappresentato per lei?

“Come azienda dalla forte connotazione artigianale e come famiglia, a un certo punto l’idea che ci è venuta è stata di esplorare altre opportunità commerciali di sviluppo. Nel corso degli anni avevamo ricevuto offerte di joint venture, cui non avevamo dato seguito per i più diversi motivi. Poi è arrivato il momento in cui abbiamo preso coscienza di poter operare in autonomia. Il primo passaggio è stato Montalcino, dove poteva nascere, grazie al binomio Sangiovese e Brunello un parallelismo con quel che già ci caratterizzava in Piemonte. Lunghi tempi di maturazione, un prodotto che vende in nicchie di mercato convergenti con quelle dei grandi rossi piemontesi: ecco i motivi dietro la scelta. Un input, in precedenza, lo avevamo ricevuto anche da diversi importatori, che avevano cominciato a sollecitarci affinché proponessimo sul mercato vini dal prezzo più contenuto su cui apporre il marchio Gaja. Ma per quel che era la nostra natura d’azienda, questa soluzione non rappresentava una via percorribile. Non rientrava semplicemente nella nostra filosofia affrontare una strategia che facesse crescere i volumi rinunciando a produrre esclusivamente da vigneti nostri”.

Nel 1996, poi, arriva il momento di Bolgheri, con Ca’ Marcanda

“Con la mia famiglia andavano al mare a San Vincenzo, ma non sono mai stato un tipo da spiaggia. A Bolgheri, lì vicino, ho trovato diversi amici appassionati al vino come lo ero io, che scherzosamente mi provocavano domandandomi cosa fossi andato a fare a Montalcino: la vera “California”, mi ripetevano, era da loro, a ridosso della costa. Così, alla fine, mi sono fatto convincere a dar vita a un progetto. Per via delle varietà internazionali, però, i paradigmi a Bolgheri mutavano rispetto a quanto sempre fatto in precedenza. Ma si è trattato di un’operazione che ci ha fatto crescere, grazie a nuove motivazioni, l’apprendimento di differenti capacità, lo sviluppo di ulteriore curiosità. Non vi è dubbio: ha segnato un momento di passaggio importante”.

Da oggi, lunedì 9 marzo, appuntamento su Wine Couture per una grande settimana dedicata a celebrare il re del Barbaresco, che sabato 7 marzo, ha compiuto 80 anni. Ogni giorno, un nuovo approfondimento verrà pubblicato, con il pensiero di Angelo Gaja su tanti temi di attualitàaneddoti dal suo passato e il racconto della sua storia di produttore oltre i confini delle Langhe. 

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