Abbiamo già avuto modo di accennarne proprio su queste stesse frequenze. Ma la sua storia è così curiosa e piena di fascino che abbiamo voluto tornarci su. Per raccontare un piccolo lembo di Toscana, ingiustamente meno noto al grande pubblico rispetto a tanti suoi più celebrati vicini, dove la storia del vino e della vite affondano le loro radici in profondità, incrociando l’epopea dei Medici di Firenze e risalendo ancora lungo l’antichità fino a giungere all’epoca etrusca. E in questo singolare contesto che prende forma un rosé curioso, ideale annuncio di primavera e, in questi tempi così strani e complicati, chissà che il suo arrivo non possa anche configurarsi come una lieta promessa di rinascita. Stiamo parlando del Vin Ruspo Barco Reale di Carmignano Rosato Doc della Tenuta di Artimino.
Fascino e storia della più piccola tra le Docg italiane

Per comprendere in pieno il fascino di questo rosato serve inquadrarlo all’interno del contesto territoriale in cui nasce. Un elemento che dona a questa etichetta un’aurea di vera autenticità, poi ulteriormente confermata e ribadita anche dalla singolare storia legata al nome che lo identifica ormai da secoli. Nella provincia pratese, sorge la Tenuta di Artimino, un vero diamante incastonato nell’area di produzione del Carmignano, la più piccola delle Docg italiane. Una Denominazione antichissima, già amata intensamente da quelli che furono i signori della vicina Firenze, i Medici, protagonisti assoluti e primi fautori di quel generale rinascimento toscano (anche quando si parla di vino) che si sviluppò, in particolare, tra XV e XVI secolo. Quella che oggi conta poco più di una decina di produttori, come si accennava, è tuttavia una Docg che racconta molto più della storia del nettare di Bacco in Italia. In quest’area di Toscana che dista poco meno di 20 km da Firenze, infatti, la produzione di vino è lascito della civiltà etrusca, eredità dell’epoca in cui, in questa zona, è identificato l’avvio della coltivazione della vite. E la Tenuta di Artimino, grazie alle sue produzioni che si caratterizzano per profumi intensi e si contraddistinguono per le spiccate reminiscenze territoriali, rappresenta – con i suoi 70 ettari di vigneto – una vera ambasciatrice della Docg Carmignano e del terroir in cui sorge.

La leggenda del vino “rubato” di Tenuta di Artimino: origini di un nome singolare

Tra i diversi vini prodotti dalla Tenuta di Artimino, ognuno vanta la sua particolarissima storia. È anche il caso del Vin Ruspo Barco Reale di Carmignano Rosato Doc non fa eccezione. Un’etichetta, parte di quella linea Artimino 1596 che rievoca l’anno in cui iniziò la costruzione, per volere del Granduca Ferdinando I de’ Medici, della villa rinascimentale La Ferdinanda, patrimonio Unesco che ancora domina la proprietà e a cui oggi si affianca uno straordinario resort dedicato ad accoglienza e ospitalità. Ma da dove deriva questo così singolare nome? Dal dialetto locale: in carmigianese, “ruspo” significa “rubato”. La storia che si tramanda, infatti, narra di come, nel passato, i contadini tenessero per sé il primo succo che filtrava dalle cassette dell’uva appena raccolta, così da farne il primo vino della vendemmia, fresco e con i profumi della frutta. E se i tempi e le usanze sono ovviamente mutate, il Vin Ruspo Barco Reale di Carmignano Rosato Doc non ha perso la propria impronta originale, chiaramente adattandosi a una modernità che ha cura di mantenersi nel tracciato della più antica e solida tradizione.

Il Vin Ruspo Barco Reale si racconta

Il rosé firmato da Tenuta di Artimino è oggi un’alternativa easy-to-drink al più importante Carmignano. Pregiato blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, nasce da uve provenienti dall’area che un tempo faceva parte del vasto Barco Reale, antica riserva di caccia della famiglia Medici cinta da un muro di circa 50 chilometri. Di caratteristico colore rosa cerasuolo, il Vin Ruspo Barco Reale è un vino perfetto da aperitivo e per accompagnare piatti dai sapori delicati o le tipiche pietanze toscane, come la ribollita e la pappa al pomodoro. Ottimo con i salumi e le carni bianche, risulta essere l’etichetta ideale, come si accennava proprio in avvio di questo articolo, per brindare all’arrivo della primavera. Levando i calici, a maggior ragione nell’attuale tutt’altro che semplice contesto, a un nuovo Rinascimento del vino italiano e del Bel Paese.
