La bellezza del vino è che ti consente di viaggiare. Non si parla qui di enoturismo o di visite in cantina, ma del viaggio che ogni bottiglia ti consente di effettuare coi sensi: grazie alle sue specifiche e inimitabili peculiarità, per merito del legame che la connette con un determinato territorio, attraverso il bouquet che è in grado di sprigionare in tutta la sua forza o delicatezza una volta stappata. È questo il tipo di viaggio cui, in questi ultimi mesi così strani e inusuali, non hanno rinunciato sempre più appassionati e wine lover di tutto il mondo. Mentre per i professionisti del settore, è la tecnologia a esser giunta in soccorso, sopperendo alle difficoltà collegate alla presentazione di anteprime e novità (momentaneamente) impossibili da scoprire sul campo. Come nel caso del nuovo digital wine tasting cui abbiamo avuto il piacere di prendere parte: quello che il Consorzio Vini Alto Adige ha voluto dedicare al disvelamento dell’annata 2019.

Cartoline enoiche dall’Alto Adige
L’appuntamento è fissato con largo anticipo e la selezione di vini giunge con puntualità tutta altoatesina (il che significa, con ampio anticipo) grazie al supporto logistico impeccabile fornito dallo shop online specializzato Meraner Weinhaus. Certo, effettuare una scelta delle etichette da sottoporre a giudizio, così da comporre una panoramica la più completa possibile di un’annata, soprattutto a fronte di un territorio altamente vocato com’è l’Alto Adige, non è impresa facile. Ma i responsabili del Consorzio hanno meritoriamente saputo fornire un affresco dettagliato di quello che è un terroir che, estendendosi dai versanti adagiati ai piedi delle vette alpine fino alle piane pedemontane immerse nel clima mediterraneo, all’interno del medesimo contesto registra sfumature molto variegate tra loro. Ecco, dunque, che i protagonisti a illustrarci peculiarità e andamento dell’annata 2019 in Alto Adige saranno:
- Lo Chardonnay di Cantina Girlan.
- Il Sauvignon Lahn di Cantina San Michele Appiano.
- Il Valle Isarco Kerner di Cantina Valle Isarco.
- Il Gewürztraminer di Cantina Colterenzio.
- Il St. Magdalener Vigna Premstallerhof di Hans Rottensteiner.
- Il Lagrein di Elena Walch.
Uno studiato mix: di produttori (aziende private e cooperative), di vitigni (alcuni dei più significativi dell’immaginario altoatesino del vino), di espressioni territoriali all’interno della stessa regione (valli e altitudini differenti l’una dall’altra, a fronte comunque di qualche similarità, ma – ancor di più – di un denominatore comune di cui si dirà più avanti).

Il vino ai piedi delle Dolomiti: qualche cifra

Appena avviata la diretta, la prima sorpresa è delle più piacevoli. A coadiuvare il brand ambassador Eros Teboni (bravissimo nel fare gli onori di casa e poi tirare le fila di ogni discorso), sarà il wine maker di Cantina San Michele Appiano, Hans Terzer: uno dei massimi esperti cui rivolgersi per farsi raccontare con dovizia di ogni venatura del territorio e della peculiare vocazione dell’Alto Adige alla coltivazione della vite. Ma, per l’appunto, di cosa parliamo quando parliamo di vitivinicoltura in questo angolo all’estremo nord dell’Italia? Qualche numero aiuta a fornire un excursus del fenomeno Alto Adige. Sono 5.500 gli ettari di superficie vitata della regione. Di questi, 5.400 sono classificati Doc, ovvero il 98%. Attualmente quella che viene generata è una produzione che si divide tra il 62% costituito da vini bianchi e il 38% da rossi. Nel complesso, fa capo all’Alto Adige circa l’1% della produzione vinicola italiana, con 1/3 dei vini altoatesini che poi è destinato all’esportazione. Aldilà dei freddi numeri, il vino in Alto Adige è però tanto di più. È, innanzitutto, una zona di produzione immersa in un territorio montano, da millenni mosaico inimitabile di terreni molto diversi fra loro. È una superficie vitata che spazia da 200 a più di 1.000 metri di quota. Sono cru in cui l’assortimento dei vitigni coltivati è fedele specchio delle caratteristiche specifiche dei singoli vigneti. O, ancora, sono i 5mila viticoltori di questa terra, che raccontano di una viticoltura tuttora patrimonio di aziende microstrutturate a gestione familiare.
Alto Adige, terra di mezzo
Non si può, tuttavia, cogliere e comprendere in pieno la qualità espressa dai vini altoatesini, se non avendo prima rivolto con attenzione lo sguardo al clima. Il loro segreto, infatti, è da rintracciare nei benefici derivanti da un’importante ambivalenza: in Alto Adige, infatti, da una parte la catena alpina fa da schermo ai venti freddi e umidi provenienti da Nord, dall’altra, aprendosi verso Sud, lascia penetrare lungo tutto il territorio le masse d’aria calda e a volte anche umida provenienti dal Lago di Garda e dal Mediterraneo. Ed è nelle escursioni termiche generate da questa duplice esposizione che vanno ricercate, insieme a più di 300 giornate di sole l’anno, le condizioni ottimali per la coltivazione della vite. Con la topografia a completare il quadro: un territorio multiforme e altitudini di coltivazione che variano tra i 200 ai 1.000 metri sul livello del mare, oggi consentono ai vignaioli altoatesini di compensare bene il riscaldamento climatico degli ultimi anni. Se infatti i vitigni a maturazione tardiva – come il Lagrein, il Merlot o il Cabernet Sauvignon – trovano condizioni ideali alle quote più basse, per quelli più raffinati e ricchi di sfumature, come il Pinot bianco, il Sauvignon blanc o il Pinot nero, oggi si preferiscono quote più elevate rispetto agli anni passati, soprattutto in caso di nuovi impianti.

“Silenzio, parla Hans Terzer”: racconto di una rivoluzione tra i monti
“Quando parliamo di vitivinicoltura in Alto Adige, il salto di qualità definitivo si è compiuto all’inizio degli anni ’80. È in quel frangente che i produttori della regione si sono dati un obiettivo qualitativo comune. Che, poi, è proprio ciò che oggi si ritrova in bottiglia e può essere definito lo stile Alto Adige: un vero riflesso del nostro meraviglioso territorio e della varietà dei suoi terroir. Per vini limpidi e brillanti, anche nel modo di presentarsi: quasi una fotografia dell’aria pura della montagna”, sottolinea Hans Terzer. “Un secondo snodo importante per la vitivinicoltura altoatesina è stato, poi, quello a cavallo tra il 2005 e il 2006, quando si è capito che la nostra è un’area di produzione maggiormente vocata ai grandi vini bianchi”. Ed è così che la fisionomia dell’Alto Adige vitivinicola così come ci appare oggi si è definitivamente delineata nei suoi tratti. “Tra le ultime annata particolarmente favorevoli”, riprende Terzer, “si segnalano la 2015 e la 2016: il merito è del clima, non vi è dubbio, ma molto è da ascrivere anche al grande impegno profuso in vigna, con scelte sempre più sostenibili in termini d’interventi, e all’attento studio sul posizionamento dei vigneti nei territori maggiormente vocati a ciascuno di essi”. E l’annata 2019? “Molto buona”, questo il giudizio del winemaker di Cantina San Michele Appiano. “Con vini, rispetto alla precedente 2018, da prendere e mettere via per invecchiamento”.
Annata 2019: i vini dell’Alto Adige si presentano

La buona qualità dell’annata 2019, con alcune produzioni definite “davvero sorprendenti”, è ribadita anche dall’analisi espressa dal Consorzio Vini Alto Adige. “Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay e Sylvaner si distinguono sia per la loro acidità, fresca e gradevole, sia per la loro struttura elegante”, questo il report, suffragato anche dalle parole del brand ambassador Eros Teboni nel corso del digital wine tasting. “Il Gewürztraminer si presenta elegante e con note fruttate mature, mentre il Sauvignon dei vigneti più pregiati sfodera un’acidità accattivante, accompagnata da un ventaglio aromatico molto tipico”. Si passa, poi, dai bianchi ai rossi: “Anche la Schiava del 2019 ha una tipicità molto marcata, è fruttata, sapida, ben strutturata, elegante e di piacevole beva. Pinot nero, Lagrein, Merlot e Cabernet in quest’annata hanno avuto parecchio filo da torcere nei vigneti, sicché avranno bisogno di più tempo per affinarsi bene in cantina, sviluppando in pieno tutto il loro potenziale. Per il Lagrein, a causa delle violente grandinate abbattutesi sugli appezzamenti classici nella conca di Bolzano, purtroppo si è registrato un calo della resa che in alcuni casi ha sfiorato il 70 percento”. Da ultimo, uno sguardo sulle specificità del territorio: “In Valle Isarco e in Val Venosta, i vini dell’annata 2019 fanno risaltare caratteristiche di freschezza e acidità, accompagnate da note fruttate intense e da una gradazione alcolica inferiore agli anni passati”. In sintesi, le chiavi del millesimo 2019 in Alto Adige sono: eleganza nella struttura, pulizia del frutto, acidità persistente, maggiore precisione che favorisce la riconoscibilità varietale e, da ultimo, un ottimo potenziale d’affinamento.
Il 2019 altoatesino visto da Wine Couture

L’annata 2019 esprime proprio una delle chiavi del successo delle produzioni enologiche altoatesine. Il denominatore comune che si rintraccia, muovendosi tra un’etichetta e l’altra della selezione presentata, è quello di una piacevolezza che è innanzitutto conseguenza dell’estrema eleganza che si ritrova nella struttura dei diversi vini. Se, dunque, a mutare sono le varietà di vitigni, oltre alla mano che in ciascun contesto plasma in cantina il singolo prodotto, nondimeno si avverte sempre presente quello stile Alto Adige evidenziato da Hans Terzer. Un fil rouge che si dipana a partire dallo Chardonnay di Cantina Girlan, cremoso e senza spigolature, e dal Sauvignon Lahn di Cantina San Michele Appiano, classico capace di raccontare bene in bottiglia un terroir particolarmente vocato per questa varietà, che vive della sua acidità e mineralità; passando, poi, per il Valle Isarco Kerner di Cantina Valle Isarco, che si sviluppa in maniera molto omogenea nella sua rotondità, e il Gewürztraminer di Cantina Colterenzio, invitante coccola dal bouquet floreale che nella declinazione altoatesina ritrova una maggiore versatilità in termini d’accompagnamento gastronomico; per giungere al St. Magdalener Vigna Premstallerhof di Hans Rottensteiner, dove la morbidezza e la piacevolezza sono accompagnati dalla componente di Lagrein che ne aumenta il grip con sentori di frutta, e al Lagrein di Elena Walch, concentrato di carattere e sostanza, proprio come i monti su cui prende vita. Un totale di sei declinazioni di vitigni e tipologie di vini, dunque. Tutti diversi tra loro, ma accomunati dal fondamentale sigillo della garanzia di qualità della vitivinicoltura altoatesina: la testimonianza che, laddove si sceglie di lavorare con serietà, i risultati giungono da sé, proprio come nell’annata 2019.