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Da dove ripartire: #AndràTuttoBene per il mondo del vino?

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#AndràTuttoBene. In questi tempi così complicati, non può che esser questo l’augurio da farsi tutti vicendevolmente. Eppure, nell’attuale critico contesto di vita e di mercato sono diversi i dubbi che, in merito al ripartire, attanagliano il settore vino, assalendo produttori nostrani, ma non solo. C’è da fare i conti con diversi fattori che nell’immediato lasciano quantomeno perplessi, se non a volte scoraggiati. A partire da quello che è stato il tira e molla sulla riapertura di locali e ristoranti, con indicazioni via via sempre più confuse e proprietari alla disperata ricerca di modalità sicure per riprendere ad accogliere i clienti, in attesa di poter tornare a servire in tavola (speriamo il prima possibile) come un tempo. Nonostante le tante difficoltà, però, non ci si può esimere dal considerare quelli che sono anche i contorni di uno scenario totalmente nuovo: una tela bianca, su cui tornare al più presto a dipingere.  Ma in questa strana e mutevole mescolanza tra incertezza e curiosità in cui siamo chiamati a vivere oggi, se le incertezze sono molte, altrettante sono le possibilità che si schiudono per ripensare, in un’ottica più sostenibile, smart e moderna, un comparto e il suo business. Ma da dove ripartire?

Oltre il lockdown: i nuovi orizzonti del vino

Laddove tante porte (ahinoi) si sono chiuse, altrettante oggi si aprono davanti a chi sarà sufficientemente attrezzato per ripartire e disponibile ad abbandonare schemi che ormai non fanno più parte della nuova normalità.
Laddove tante porte (ahinoi) si sono chiuse, altrettante oggi si aprono davanti a chi sarà sufficientemente attrezzato per ripartire e disponibile ad abbandonare schemi che ormai non fanno più parte della nuova normalità.

Sono molteplici gli scenari schiusi dall’emergenza. Perché laddove tante porte (ahinoi) si sono chiuse, altrettante oggi si aprono davanti a chi sarà sufficientemente attrezzato per ripartire e disponibile ad abbandonare schemi che ormai non fanno più parte della nuova normalità. Di cosa stiamo parlando? Dei nuovi orizzonti con cui il mondo del vino è chiamato a fare i conti: a partire dall’imporsi dell’e-commerce quale strumento privilegiato per costruire un primo contatto e poi fidelizzare il consumatore, passando per il ripensamento cui sono oggi costretti i canali distributivi più tradizionali (tanto che si parli di enoteche, quanto che si faccia riferimento alla Grande distribuzione), fino allo stesso modo di concepire la convivialità, che non sarà più mera esclusiva di una cena al ristorante o di un aperitivo al bar, ma ricercherà nuove formule di consumo anche in casa. Le carte sono state rimescolate nuovamente e ora non resta che rimettersi in gioco al meglio delle proprie possibilità, stando bene attenti nella scelta di dov’è meglio piazzare le proprie fiche. Ma a riguardo, cosa raccontano i numeri?

Consumi di ieri, oggi e domani: c’è voglia di ripartire

Nonostante gli appuntamenti a distanza in call, i digital tasting d’autore e il calice da compagnia durante la preparazione della cena, il vino non può prescindere dal suo aspetto socializzante
Nonostante gli appuntamenti a distanza in call, i digital tasting d’autore e il calice da compagnia durante la preparazione della cena, il vino non può prescindere dal suo aspetto socializzante

Iniziamo da un dato positivo: quello dei consumi. E concentriamoci sulle prospettive future e dalle fondamenta su cui ripartire. Il refrain che “nulla sarà come prima”, a prima vista, sembra un’affermazione incapace di toccare i wine lovers del Bel Paese. Uno studio dell’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor dedicato a indagare gli effetti del lockdown, infatti, rivela che i consumatori italiani (che sono per la precisione l’85% della popolazione) continueranno a restare fedeli alle proprie abitudini anche nei tempi che verranno. Al netto di una postilla da non sottovalutare: “compatibilmente con la disponibilità finanziaria”. Nel frattempo, il bicchiere della quarantena è risultato mezzo pieno tra le quattro mura di casa. Ma a livello di vendite, la crescita degli acquisti in Gdo e online non è stata sufficiente a compensare l’azzeramento dei consumi fuori casa. Ma è sul dopo, più che sul durante, che risulta interessante soffermarsi. Perché il dopo sarà come il prima per l’80% dei consumatori. Ma sarà anche più di prima: soprattutto se si parla di millennials, ovvero dei veri trascinatori dei consumi anche nel durante e la fascia di consumatori da cui ripartire. I più giovani, infatti, prevedono di tornare a brindare con ancor più forza rispetto al passato e – leggi fenomeno dell’aperitivo – un significativo aumento del consumo si dirigerà in particolare verso i vini mixati. E la riprova della voglia di tornare a una nuova normalità, con i consueti elementi aggreganti, è esplicitata dalla volontà di riappropriarsi dei luoghi di consumo del fuori casa: quei ristoranti, locali e wine bar, che valevano 1/3 dei consumi dell’epoca pre-quarantena (con una punta del 42% tra i millennials). Nonostante gli appuntamenti a distanza in call, i digital tasting d’autore e il calice da compagnia durante la preparazione della cena, il vino (l’indagine dell’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor lo riafferma con forza) non può prescindere dal suo aspetto socializzante: la diminuzione riscontrata tra chi ha optato per un bicchiere mezzo vuoto in tempo di lockdown, infatti in larga parte (58%) è da addurre al regime d’isolamento imposto dall’emergenza, che ha cancellato le uscite, con relativo tintinnio tra bicchieri.

Cosa resterà del boom dell’online?

affidabile e con una possibilità di scelta che si è arricchita ulteriormente: l’e-commerce ha vestito i panni del leone in questo ultimo periodo.
affidabile e con una possibilità di scelta che si è arricchita ulteriormente: l’e-commerce ha vestito i panni del leone in questo ultimo periodo

Efficiente, affidabile e con una possibilità di scelta che si è arricchita ulteriormente: l’e-commerce ha vestito i panni del leone in questo ultimo periodo. Certo, occorre comprendere quanto l’accelerazione segnata dalle vendite si confermerà anche nel domani. Nondimeno, oggi il consumatore ha mutato il proprio approccio all’ambito online. Forzato dalla contingenza, si è accorto che anche l’e-commerce può avere un volto umano. E così, il web è salito dal 20% al 25% (dato studio Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor) in termini di preferenze nella graduatoria di scelta del canale d’acquisto. Più nel complesso, sono ben 2 milioni le persone che in Italia hanno rivolto per la prima volta lo sguardo in direzione dell’universo online in questi ultimi mesi: l’analisi firmata Netcomm in tema evidenzia come il lockdown abbia effettivamente sparigliato le carte in tavola, a fronte di previsioni di crescita che indicavano in “soli” 700mila utenti il numero dei nuovi adepti della spesa online per il primo quadrimestre 2020. Per andare più nello specifico sul mondo del vino, non esaustivo ma indicativo è il caso di Tannico, il più grande e-commerce italiano del vino, che a marzo a segnato +100% nei volumi spediti, con una crescita parallela del +10% per la frequenza d’acquisto e del +5% nella quantità di bottiglie per ordine effettuato. Quel che è certo, ora, è che in attesa di comprendere come si svilupperà la ripresa delle attività legate alla ristorazione e al consumo diretto, per i portali del vino online un assestamento nei numeri della crescita ci sarà, ma difficilmente si vedrà un ritorno ai valori pre-quarantena. L’online è fatto per restare e, grazie alla familiarità acquisita con le nuove tecnologie nell’ultimo periodo da sempre più persone, è altamente ipotizzabile che tanti utenti (vecchi e nuovi) proseguiranno, quando non incrementeranno, il loro shopping enoico attraverso il web. E anche per i produttori, in primis i più piccoli e quelli di selezionate nicchie, molto è cambiato in tema di digitalizzazione. Il balzo in avanti compiuto rispetto alla consapevolezza dell’efficacia del web, quale mezzo privilegiato per raggiungere direttamente il consumatore finale e l’appassionato, condurrà a una nuova presa di coscienza rispetto a questa risorsa. Una rinnovata consapevolezza che andrà sicuramente a impattare sulle nuove visioni per il futuro. Con un nota bene finale: se l’e-commerce diverrà sempre più strategico, non arriverà mai a sostituire le enoteche tradizionali, mondo complementare che offre un’esperienza di acquisto diversa dall’online.

Enoteche post quarantena: ripartire dalla reazione

Come già in passato, le enoteche hanno dimostrato di saper reagire con tempestività alle situazioni contingenti. Ed è da qui che il canale deve ripartire
Come già in passato, le enoteche hanno dimostrato di saper reagire con tempestività alle situazioni contingenti. Ed è da qui che il canale deve ripartire

In una recente intervista rilasciata a Francesco Saverio Russo, Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, associazione italiana costituita nel 1981 con lo scopo di promuovere e valorizzare l’enoteca in quanto luogo dove si esercita il commercio specializzato del vino di qualità, ha delineato i contorni dell’attuale stato dell’arte del canale. Lo ha fatto rimandando ai dati raccolti in un sondaggio interno all’ente, che ha coinvolti associati e non. E cosa ha evidenziato il report: che, come già in passato, le enoteche hanno dimostrato di saper reagire con tempestività alle situazioni contingenti. Ed è da qui che il canale deve ripartire. I dati del sondaggio hanno, infatti, mostrato come il 25% delle enoteche interpellate è rimasta chiusa, ma effettuando il servizio di consegne a domicilio. Ad esse si aggiunge un altro 53% di punti vendita che, poi, sono rimasti aperti con l’affiancamento ai normali servizi di quello del delivery. Ma nonostante questa capacità di reagire, i dati di vendita del periodo di quarantena sono risultati comunque inferiori agli auspici, con cali di fatturato generale i cui indici medi hanno oscillato tra il 50% e l’80%. E se con l’apertura della fase 2, lo scenario è leggermente andato a migliorare, nondimeno le difficoltà si sono fatte avvertire e persistono.

Alti e bassi delle vendite in Gdo

Meglio è andata in tempo di confinamento alla Grande distribuzione. Se nel corso dell’emergenza, infatti, gli italiani hanno acquistato vino negli unici canali di vendita aperti, ovvero la Distribuzione Moderna, i negozi alimentari e lo shop on line, sono proprio i supermercati ad aver maggiormente beneficiato della situazione contingente. Lo evidenzia anche l’analisi commissionata da Vinitaly all’istituto di ricerca Iri, che va ad esplicitare i dati relativi al periodo che da gennaio arriva al 19 aprile 2020, includendo dunque le settimane che precedono e seguono la Pasqua. Nei primi quattro mesi e mezzo dell’anno le vendite di vino in Gdo (Iper, Super, Libero Servizio Piccolo, Discount) hanno registrato una crescita a volume del 7,9% rispetto allo stesso periodo del 2019, con un incremento del + 6,9% a valore. Nel dettaglio i vini Doc e Docg sono cresciuti del 6,8% (+7,6% a valore), i vini Igp e Igt del 10,5% (+7,7% a valore), i vini comuni del 7,2% (+4,1% a valore), le bollicine dell’1,2% (+1,6% a valore). Ma queste cifre non raccontano pienamente un andamento che è rimasto in ogni caso scostante in termini di vendita, con diversi alti e bassi tra categorie. A marzo, infatti, i vini Doc e Docg sono aumentati del 9,9%, mentre i vini Igt del 4,0%. In calo le bollicine che sono scese del 5,4%, mentre il Prosecco è cresciuto dell’8,3%. In ripresa il vino in brik, che a marzo è cresciuto dell’8,8%. Il Bag in Box (il formato da due litri e mezzo con il rubinetto) è cresciuto del 36,8% (Iper, Super, Libero Servizio Piccolo). Nelle due settimane pasquali, però, nonostate le vendite di vino siano aumentate del 10,2%, si è verificata una sensibile flessione delle bollicine: -38%. È proseguita, invece, lungo l’intero primo trimestre la crescita del vino biologico, che ha segnato a volume un corrispettivo di 1 milione e 559 mila litri, in aumento del 19%. Una spiegazione di questa altalena negli acquisti la fornisce Virgilio Romano, business insight director di Iri: “Nella Distribuzione moderna si è comprato più vino perché il consumo a casa ha sostituito, in parte, quello fuori casa, ma è diminuita la spensieratezza e quindi la volontà di stappare uno spumante. La crescita dei vini Doc e Docg, pur sostenuta, è frenata probabilmente dalla minore scelta assortimentale presente nei negozi più piccoli e dal minor tempo dedicato all’acquisto, conseguenza delle indicazioni fornite dai punti vendita di ridurre i tempi della spesa”.

Se nel corso dell’emergenza, infatti, gli italiani hanno acquistato vino negli unici canali di vendita aperti, ovvero la Distribuzione Moderna, i negozi alimentari e lo shop on line, sono proprio i supermercati ad aver maggiormente beneficiato della situazione contingente
Se nel corso dell’emergenza, infatti, gli italiani hanno acquistato vino negli unici canali di vendita aperti, ovvero la Distribuzione Moderna, i negozi alimentari e lo shop on line, sono proprio i supermercati ad aver maggiormente beneficiato della situazione contingente

Ristorazione e fuori casa: ripartire vale 6,5 miliardi di euro

Ultimo capitolo da sfogliare è quello del mondo Horeca, colpito al cuore dal lockdown e scalpitante di ripartire. Con la ripresa dell’attività, da lunedì 18 maggio, da parte della ristorazione e del fuori casa, si riattiva anche per il vino italiano un canale naturale che vale al consumo 6,5 miliardi di euro l’anno. E secondo l’instant survey del recente Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor, solo il 23% degli italiani dichiara che andrà meno al ristorante, a fronte di un 58% per cui non cambierà nulla, fatte salve le adeguate misure di sicurezza da prendere (45%). Non manca, anche se molto misurato, il revenge spending, ovvero la “spesa della vendetta” post lockdown per i beni voluttuari come il vino: il 10% degli intervistati prevede infatti di spenderne più di prima fuori casa, valore che sale al 15% per i millennials (25-40 anni) e per chi non ha avuto problemi sul lavoro (13%). In Italia, rileva l’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor circa 1/3 dei consumatori beve prevalentemente fuori casa (42% i millennials), con un valore che incide per il 45% sul totale delle vendite in Italia (14,3 miliardi di euro nel 2018). Il prezzo medio alla bottiglia è di 15,4 euro, mentre al calice, secondo l’indagine, la spesa è di 5,7 euro. “Il ruolo della ristorazione e gli effetti del lockdown sulle vendite di vino – sia in Italia sia all’estero – sono anche desumibili dalle giacenze a fine aprile di quest’anno, che evidenziano le penalizzazioni subite da alcune blasonate denominazioni che trovano nell’Horeca il principale canale di commercializzazione”, sottolinea Denis Pantini, responsabili dell’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor. “Si pensi al +9% di volumi in giacenza del Montefalco Sagrantino e del Nobile di Montepulciano, dell’8% del Chianti Classico o alle maggiori eccedenze di bianchi importanti come Falanghina (+16%) e Soave (+24%). Ma il danno inferto dalla chiusura non è solo prerogativa dei vini di fascia premium: si pensi al +36% in giacenza di Castelli Romani o al +22% di Frascati, vini tipicamente somministrati dalle trattorie della Capitale, non solo rimaste chiuse ma purtroppo anche a corto di avventori stranieri”. Quest’ultimo aspetto evidenzia il vero problema che il mondo del vino sarà chiamato ad affrontare nei mesi che verranno: quello di uno smaltimento che procede al rallenty delle giacenze in cantina, con gli stock che a fine aprile hanno raggiunto gli stessi livelli dell’anno precedente (-2% il totale, +1,5% per i vini Dop) nonostante l’ultima vendemmia abbia registrato un raccolto inferiore del 19% sul 2018. E il rischio speculazione rispetto al futuro valore del prodotto di qualità, soprattutto quando si giungerà alla vigilia della prossima raccolta, è dietro l’angolo. E, allora, l’augurio che ci sentiamo di rivolgere al comparto vitivinicolo rispetto a un reale ripartire non è tanto #AndràTuttoBene, ma un più prosaico e sicuramente conviviale: #AndremoTuttiABere.

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