2 miliardi di euro. Ammonta a questa cifra la stima della perdita derivante dalla frenata di consumi di vino in Italia tra marzo e maggio. Un deficit che rappresenta circa il 20% dei ricavi dell’anno e che difficilmente sarà possibile recuperare nel corso del 2020. L’impietosa fotografia è scattata dall’analisi dei consumi di vino prima e durante il lockdown in Italia, presentata da Davide Gaeta, professore associato del dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli studi di Verona, nel corso di un webinar andato in scena il 16 giugno dal titolo “Banche, fondi e garanzie. Vino, diamogli credito – Mercati in trasformazione ed effetti economico-finanziari sui bilanci delle imprese vitivinicole”. L’indagine, realizzata in collaborazione con l’Associazione Europea degli economisti del Vino guidata da Jean Marie Cardebat, ha preso a riferimento i consumi in otto Paesi del Vecchio Continente. E lo scenario dell’ultimo periodo delineato attorno al vino italiano ha mostrato più ombre che luci. Ma soprattutto, un conto davvero salato da dover oggi pagare.
Consumi diminuiti, ma acquisti online sugli scudi
Gli aperitivi online con gli amici, le degustazioni in diretta su Instagram delle aziende e neanche le tante campagne di sostegno promosse a più livelli sono bastate ad arrestare una vera e propria emorragia. Secondo l’analisi degli esperti, infatti, durante il confinamento forzato, in Italia due terzi degli intervistati (complessivamente 1.146) ha dichiarato di aver diminuito il consumo di vino. A crescere, nel periodo, sono stati gli acquisti online, con una quota del 15,5% che supera, nonostante la massiccia organizzazione di delivery, il canale wine store e quello diretto in cantina, scelti rispettivamente dal 10,5% e dal 14,3% del campione.

Il vino italiano alla prova di un nuovo approccio al consumatore
“L’analisi dei consumi pre e durante il lockdown evidenzia l’attuale crisi di liquidità delle aziende vitivinicole italiane, a cui si aggiunge anche la drammatica difficoltà degli incassi riferiti persino alle vendite sul canale Horeca di fine 2019”, spiega Davide Gaeta. “Ora servono misure urgenti di politica economica per recuperare la crescita dei consumi. Una leva potrebbe essere rappresentata dalla riduzione di qualche punto dell’Iva, oltre che di un nuovo approccio del consumatore. Infatti, circa il 70% del campione coinvolto si dimostra sensibile nei confronti dell’acquisto di vino locale per sostenere l’economia e le cantine del territorio”.

I conti delle cantine: si salvano solo i grandi
La perdita del 20% sul settore vitivinicolo prevista dagli analisti nel 2020, è indubbio, impatterà in maniera significativa sui bilanci delle imprese. A ribadirlo è anche la simulazione delle performance legate all’anno elaborata da Luca Castagnetti, direttore del Centro Studi Management DiVino, che ha analizzato un campione di 618 aziende del settore con ricavi dai 3 milioni di euro in su. “Le nostre proiezioni vedono le imprese minori in perdita significativa con un Ebit (l’utile operativo prima degli oneri finanziari e delle imposte, ndr) pari a -3,6%”, sottolinea Castagnetti. “Calo rilevante anche per le medie aziende, con Ebit a -2,3%, a fronte di una media stabile nell’ultimo triennio del +4%. Per le imprese con fatturato superiore ai 30 milioni di euro, la simulazione registra un valore positivo dell’Ebit dell’1,1%, ma a fronte di un +5,7% degli ultimi anni”.

Occhio rivolto alla finanza, ma non solo: le possibili vie d’uscita per il vino italiano
Ma come occorrerà reagire a questi numeri? Sempre Castagnetti prova a delineare una risposta: “Sotto l’aspetto finanziario l’annullamento dei flussi di cassa gestionali farà esplodere il fabbisogno di strumenti finanziari, con un incremento che per le imprese da 3 a 10 milioni di euro sarà di sette volte superiore rispetto al periodo pre-Covid”. Una necessità, quella dell’intervento finanziario, che secondo l’analista risulterà fondamentale: “Per difendere la filiera da eccessive pressioni al ribasso per uva e vino e, quindi, mantenere in equilibrio la distribuzione del valore”. Ma neanche questo sarà sufficiente, in ultima analisi. Secondo lo studio, infatti, fondamentale sarà una spending review che non demoralizzi la ripresa, un sostegno all’export attraverso aggregazioni di produttori, lo sviluppo del canale online, una migliore sinergia con gli istituti di credito e aprirsi maggiormente ai mercati finanziari. Azioni coordinate ad ampio spettro, in attesa che i calici di tutto il mondo tornino a riempirsi.