Il Prosecco Doc rosé è ormai pronto a fare il suo esordio sulle scene, ma già fa molto parlare di sé. E se è stata l’azienda Bottega ad aver deciso per prima di aprire le danze, presentando in anteprima sul mercato la propria versione, che sarà disponibile in Italia a far data dal 1° ottobre, è ancora una volta lo stesso Sandro Bottega, titolare della cantina e distilleria di Bibano di Godega (Treviso), a lanciare un monito al sistema Prosecco. Sul tavolo: un’occasione da non lasciarsi sfuggire e il rischio di un debutto segnato da un posizionamento sbagliato sul mercato.

No alla corsa al ribasso
Il patron di Bottega è chiaro: l’attesa del nuovo Prosecco Rosé rischia di essere offuscata dalla corsa al ribasso del prezzo praticato da alcuni operatori del settore. Non una novità questa, quando si parla del mondo Prosecco. Si tratta, infatti, di una politica miope con cui l’intero comparto della bollicina più diffusa al mondo da anni deve fare i conti. E che, visti i molti danni che già ha causato, l’auspicio è che non sia replicata anche con l’ultimo nato della Doc.
Il Prosecco Doc rosé occasione per invertire la rotta
Il lancio del nuovo Prosecco Doc rosé, infatti, potrebbe al contrario rappresentare un’opportunità unica per un vero e proprio cambio di strategia. L’occasione, infatti, si configura come un frangente potenzialmente decisivo per invertire la tendenza, partendo da un prodotto di nicchia. Ma per fare questo serve rimanere fedeli a un solido principio: compiere una scelta di qualità nell’ambito della quale il prezzo è solo una, e non la principale, argomentazione per la vendita.

“Puntare su un prodotto premium”
“Il Prosecco Doc rosé è un’occasione importante per praticare una politica di qualità e per applicare un equo prezzo di vendita che rispecchi la durata doppia del periodo di fermentazione, la progressiva riduzione della resa per ettaro nella Denominazione e il valore aggiunto dato dalle uve di Pinot Nero”, commenta Sandro Bottega. “In questo modo verranno valorizzati tanto il lavoro dei contadini, quanto l’immagine del Prosecco”. A tal proposito, la cantina e distilleria di Bibano di Godega ha già le idee ben chiare: sarà sul mercato con il proprio nuovo Prosecco Doc rosé prodotto con un uvaggio 85% Glera e 15% Pinot Nero. “Abbiamo deciso di puntare su un prodotto premium con un prezzo al pubblico di 10 euro a bottiglia, in virtù delle modalità produttive elencate e della scelta di uve di Pinot Nero coltivate in piccoli appezzamenti che ne esaltano le caratteristiche”, riprende il numero uno della realtà trevigiana. “Di massima ritengo quindi che, anche traendo spunto dall’esperienza dello Champagne, il Prosecco Doc rosé, caratterizzato talvolta da maggiori costi di produzione rispetto allo spumante d’Oltralpe, debba posizionarsi a un prezzo superiore del Prosecco tradizionale: tra il 10% e il 30% in più, a seconda del livello qualitativo”.

Prosecco Doc rosé: guai ad allontanarsi dagli intenditori
Sul lancio della nuova tipologia, Bottega non si risparmia una frecciata che mira dritto al bersaglio del mondo cooperativo. Rispetto alla decisione della sua azienda di puntare su un prodotto premium con un prezzo al pubblico di 10 euro a bottiglia, infatti, l’imprenditore dichiara: “Riteniamo in questo modo di essere in linea con la volontà dei produttori storici che rifuggono la cultura industriale, orientata al massimo risultato con il minimo sforzo, ma puntano alla qualità elevata e alla corretta valorizzazione del prodotto. Sul versante opposto i soliti noti, tra cui alcune cantine sociali, continueranno a vendere anche il Prosecco Doc rosé a prezzi da discount, allontanandosi in questo modo dalla ristorazione qualificata, dalla clientela premium e dai veri intenditori”. Per Bottega di ricette vincenti ce n’è una sola: “L’obiettivo dovrà essere quello di far diventare il Prosecco Doc rosé una delle eccellenze enogastronomiche italiane”. E allargando il compasso, conclude con un vero e proprio j’accuse: “Una responsabilità particolare, per la reputazione del Prosecco, grava sui produttori che non hanno una propria identità legata al territorio della Denominazione. A ciò si aggiunge la perdita d’italianità, attraverso l’utilizzo di marchi stranieri”. In attesa di poter finalmente stappare il Prosecco Doc rosé, l’aperitivo mediatico ha già fatto registrare qualche bel botto.