Giro di boa per la Milano Wine Week 2020. Ed è già tempo di primi bilanci. Inizia oggi il lungo rettilineo finale che porterà alla conclusione, domenica 11, la manifestazione iniziata sabato scorso con il brindisi digital targato TrentoDoc. Ma quale il giudizio provvisorio di questa prima metà di Wine Week sotto la Madonnina? Assolutamente positivo e vi spieghiamo perché, raccontandovi di quel che abbiamo visto e assaggiato.
Un debutto rock per la Milano Wine Week 2020

Dopo il taglio ufficiale del nastro, con i 5mila calici levati da casa da parte di tanti wine lover e ospiti, la Milano Wine Week 2020 ha iniziato a macinare chilometri ed eventi già domenica 4. Dopo la prima Masterclass in diretta internazionale, con il Prosecco Superiore Docg Conegliano Valdobbiadene protagonista, la grande soirée, in cui una delle eccellenze dell’Oltrepò ancora troppo poco note al grande pubblico rispetto a quanto meriterebbe, Torti Wines, ha dato vita a una serata rock dove è stata presentata la nuova linea di vini del territorio brandizzata Route 66. Mattatore dell’evento, il cantante inglese Tony Moore, che ha firmato con il suo inconfondibile stile, musicale e grafico, due delle etichette di questa special collection. Un percorso sensoriale tra racconto nel calice e racconto della nascita di una partnership, con immancabili intermezzi musicali dedicati ad accompagnare la degustazione e trasformando il classico tasting “ingessato” in una vera occasione di condivisione, di storie e pensieri sui vini e attorno al concetto stesso di vino.
Riflessioni sul momento: la parola ad aziende e “istituzioni”

Lunedì 5 ottobre, il via alle danze “istituzionale”. La conferenza di presentazione della Milano Wine Week è stata l’occasione per tirare qualche somma e delineare nuove prospettive. Una sfilata di protagonisti del vino made in Italy, tra i supporter della manifestazione milanese, e di autorità. Per un confronto aperto e franco sullo stato di salute del vino italiano in un anno complicato come mai e su quello che è il panorama che si stagli all’orizzonte. Primo a intervenire è stato Beniamino Garofalo, amministratore delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, che parlando di cosa attende il futuro del comparto ha sottolineato l’importanza di concentrarsi su come saranno spesi i soldi destinati innanzitutto alla promozione. Ad avviso del manager, quel che sarà fondamentale, ora, è di usare bene i fondi a disposizione, facendo ancora più sistema e non disperdendo inutilmente energie. Una prospettiva, questa, in linea con quello che poi è stato l’intervento di Riccardo Pasqua. L’amministratore delegato di Pasqua Vini ha evidenziato la necessità di guardare alle opportunità del momento, in particolare quelle nate dall’accelerazione che la recente situazione ha imposto a tutta una serie di processi, in primis in ambito digitale. E rispetto al (prossimo) futuro? Ad avviso di Riccardo Pasqua occorre osservare bene il procedere della situazione a livello internazionale, curando ogni dettaglio, ed essere aggressivi sul mercato appena scatterà il momento ufficiale della ripartenza. Una ripresa che vedrà indubbiamente un nuovo protagonista sulle scene. A confermarlo Luca Giavi, direttore del Consorzio Prosecco Doc, che ha annunciato in occasione del suo intervento che il debutto della versione Rosé della bollicina più bevuta al mondo è ormai alle porte. Tra qualche giorno (dal 12 ottobre in poi, ogni data dovrebbe essere buona), sul mercato italiano farà la sua comparsa la nuova tipologia, che andrà ad arricchire il portfolio di tante aziende vitivinicole del Nord-Est. Per il debutto internazionale, invece, ci sarà da attendere la ricezione della normativa da parte delle istituzioni Ue, con la definitiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. In ogni caso, del primo millesimo di produzione del nuovo Prosecco Rosé sono attese tra le 10 e le 15 milioni di bottiglie, che dovrebbero arrivare a 50 milioni una volta raggiunto il pieno regime.

Il vino italiano interpella la politica (e Milano meriterebbe un po’ più di attenzione)

Il talk di apertura della Milano Wine Week ha rappresentato anche un’occasione per ribadire una serie di “rivendicazioni” politiche da parte del vino italiano. Il primo appello è stato quello del Consorzio Franciacorta, che ha domandato alla Ue una maggiore semplificazione nell’accesso ai sostegni comunitari, indicandone il contributo strategico che forniscono nella promozione della conoscenza del brand e di un sempre più corretto posizionamento dei vini della denominazione sul mercato. E anche uno dei più eminenti rappresentati della Franciacorta, la Guido Berlucchi nel volto e le parole del titolare Arturo Ziliani, ha ribadito l’importanza di come l’Italia, in generale, sia chiamata a fare di più, non solo spendendo bene i fondi ricevuti, ma soprattutto avendo una visione capace di guardare ancor più lontano rispetto a quello che finora si è sempre fatto. E qui, è intervenuta in campo la politica, con Carlo Ferro, presidente dell’agenzia Ice, che ha ribadito i punti fermi del patto sull’export promosso dal governo: da una parte, una concentrazione sulle vie dell’e-commerce, dando visibilità e accesso alle aziende italiane con sostegni diretti e investimenti sui portali internazionali, dall’altra il contributo fornito agli eventi, soprattutto quelli capaci d’integrare online e offline, individuati come strategici. Ma rispetto a questo secondo punto, c’è un quesito che sorge e cui temo non si avrà mai risposta: se è vero, come Ferro ha dichiarato, che molto è stato investito (giustamente) sul prossimo wine2wine, quale momento strategico per il comparto in questa fine d’anno, perché a una kermesse come Milano Wine Week 2020, che sta dimostrando attivamente di rappresentare un appuntamento capace di valorizzare il vino italiano sulle scene internazionali grazie al nuovo format, nessun tipo di sostegno è arrivato? Fare sistema per davvero, valorizzando ogni evento e opportunità: su questo, forse, in alto si dovrebbe ragionare un po’ meglio. E la conferma è arrivata anche da Sarah Serena, titolare di Montelvini, che dopo aver ribadito l’importanza di sfruttare ancor meglio le vie dei social, ha correttamente evidenziato come il sostegno ad eventi capaci di proporre un respiro internazionale andrebbe ampliato anche alle manifestazioni fieristici in ambito nazionale, proprio come Milano Wine Week, wine2wine, Merano WineFestival, solo per citare i casi più noti. Tra gli interventi di chiusura della lunga chiacchierata, Innocente Nardi, numero uno del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, ha ribadito la necessità di un rafforzamento del brand Italia a livello di vino, con l’obiettivo di lavorare di più e meglio sulla catena del valore e non sulle quantità. Per fare questo, ha sottolineato il produttore veneto, occorre fornire un maggiore sostegno ai corpi intermedi, così da coordinare strategie comuni e chiare. Un concetto fatto proprio anche da Carlo Veronese, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, che ha tenuto a evidenziare il ruolo degli enti consortili nel semplificare le possibilità di crescita a livello di export per le aziende, facendo da traino nella conquista dei mercati. Quel coordinamento e quelle strategie comuni, “che non siano mere visioni di campanile”, che ha citato anche Ernesto Abbona, presidente Unione Italiana Vini, nel suo intervento. Cui ha fatto da complemento quanto detto dal numero uno di FederDoc, Riccardo Ricci Curbastro, che ha parlato della necessità d’investimenti a lungo termine, puntando anche su territori diversi dalle “usuali” destinazioni dell’export, come ad esempio Sudamerica e Africa. A conclusione, il tema caldo dello stato dell’arte del canale Horeca è stato affrontato dagli interventi di Lino Enrico Stoppani e Massimiliano Giansanti, presidenti rispettivamente di Fipe e Confagricoltura. Il primo, da una parte ha dato qualche numero (50mila imprese a rischio chiusura, 50 miliardi di danni stimati per il 2020, 300mila posti di lavoro a rischio) sulla situazione non facile in cui versa il comparto, dall’altra, richiamando tutti a riflettere sui modelli di business e di offerta che hanno finora caratterizzato questo segmento, ha ribadito la necessità di guardare avanti concentrandosi sulla qualità del futuro della ristorazione nazionale. Un futuro, gli ha fatto eco Giansanti, che deve essere interesse di tutti: nessun anello della lunga catena della filiera Agroalimentare, infatti, deve essere lasciato indietro. A partire proprio dall’Horeca, ha ribadito il numero uno di Confagricoltura, invitando tutti gli attori di questo variegato mondo a impegnarsi nello scoraggiare ogni qualsivoglia misura di ostacolo alla ripresa.
Milano Wine Week 2020: i primi assaggi
Istituto del Vino Italiano di Qualità – Grandi Marchi Villa Sandi – Borgo Conventi Cecilia Beretta Montelvini Berlucchi Torre Rosazza Zenato
Ma non di sole parole vive l’uomo alla Milano Wine Week. Ed ecco, allora, che i primi giorni della manifestazione sono stati un pieno di bellezza, grazie alle immagini della straordinaria mostra multimediale temporanea “A Taste of Italy”, tributo al nostro Paese, al suo genio, alla sua creatività, alla sua tenacia, allo stile di vita che tutto il mondo invidia firmato dal fondatore e art director di Vacades, Timo Helgert, con il sostegno di Pasqua Vini. Ma sono anche stati un concentrato di assaggi e racconti, grazie alle Masterclass che si sono susseguite in agenda. Nel nostro tour tra le eccellenze vitivinicole del Bel Paese: le diverse sfumature del Prosecco nell’interpretazione di Villa Sandi, tra Valdobbiadene, Asolo e Cartizze, e del Friuli di Borgo Conventi; il volto femminile di una Valpolicella che emoziona con la sua audacia, con il marchio Cecilia Beretta; la curiosa degustazione “a ritmo” di Montelvini, che con le sue eccellenze dell’Asolo Montello ci ha condotto alla scoperta di come la giusta musica possa impattare sulle nostre percezioni nell’approccio a un vino; il classico per eccellenza di Franciacorta, con una panoramica che ha unito in diretta Milano e New York ad approfondire il carattere della linea ’61 Berlucchi; la riscoperta del valore e della longevità della Ribolla Gialla con Riccardo Cotarella, in un percorso che tra tre annate simbolo e molto diverse tra loro (2012-2014-2019) ci ha fatto immergere nell’universo Genagricola con Torre Rosazza; l’anima della Lugana e il cuore della Valpolicella nello stile Zenato, con un defilé che ha visto in passerella il cru San Benedetto e il Lugana Riserva da una parte, Ripassa 2016, Amarone Classico 2015 e Riserva Sergio Zenato 2006 dall’altra. Dulcis in fundo, quello che è stato un momento di maggiore libertà e svago, grazie alla possibilità di muoversi sul tutto il territorio italiano all’insegna della massima eccellenza nel calice: nota di merito in questi primi giorni per il tasting, presso il Babila Building, dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità – Grandi Marchi, che ha visto protagoniste alcune delle migliori etichette delle cantine associate.