Ulteriori perdite per circa 1 miliardo di euro. Che andranno a sommarsi ai mancati introiti già maturati in questo annus horribilis, per un totale di oltre 8 miliardi di euro, pari a metà del giro d’affari. È questo il salatissimo conto 2020 per la ristorazione italiana, come tracciato dopo l’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm da GH – Grossisti Horeca, l’associazione che rappresenta le principali aziende italiane del food nel canale del “fuori casa”, oltre alle mense collettive e catering.

Grossisti Horeca: perso circa il 50% del fatturato
“Dietro la ristorazione c’è una filiera di quasi 4mila aziende e 58mila dipendenti”, sottolinea, commentando l’ultimo Dpcm anti-Covid19, Maurizio Danese, presidente di Grossisti Horeca (GH). “Complessivamente, in questo annus horribilis il sistema distributivo nel canale Horeca accuserà mancati introiti per oltre 8 miliardi di euro, pari a circa il 50% del proprio fatturato”. Il numero uno dell’associazione che riunisce il “fuori casa” tricolore lancia poi un appello all’esecutivo guidato da Giuseppe Conte: “Dietro alle saracinesche chiuse di bar e ristoranti ci siamo anche noi, e il Governo non potrà non tenerne conto nei piani di ristoro che sta redigendo. Chiediamo aiuti concreti e immediati”.

L’allarme: “A rischio un asset fondamentale dell’ospitalità made in Italy”
Quanto fatto finora dai protagonisti del comparto, con GH in prima fila, è stato molto, ma non basterà a fronte della nuova stretta imposta. “Da marzo ad oggi abbiamo garantito la tenuta del comparto con politiche aziendali-cuscinetto tra i produttori e il canale Horeca”, precisa Danese. “Abbiamo sopperito alla mancanza di liquidità dei nostri clienti subendo anche importanti perdite su crediti, sostenendo così il settore. Questa seconda ondata non mette a rischio solo la nostra esistenza, ma anche quella di migliaia di piccoli produttori italiani, che rappresentano la grande maggioranza delle nostre provviste”. Il presidente di Grossisti Horeca, infatti, lancia l’allarme: “Il rischio di acquisizioni da parte di multinazionali straniere si sta moltiplicando e con il loro ingresso l’italianità a tavola ne uscirebbe stravolta. In questo periodo ci sentiamo come portatori di vivande in trincee decimate da smart working e nuovi lockdown: se non ci salviamo tutti, morirà un asset fondamentale dell’ospitalità made in Italy”.