Il bicchiere può essere mezzo pieno o mezzo vuoto. A seconda della prospettiva, del canale, del mercato. Ma il 2020 porta notizie più incoraggianti per i big del vino italiano e molte preoccupazioni per l’altra metà del Paradiso, quello delle piccole cantine, sotto il milione di euro nel fatturato. Questo l’affresco tracciato, sotto il profilo più strettamente commerciale dall’indagine “Il wine business nell’era post Covid-19”, presentata a Veronafiere dall’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor nel corso dell’International Summit che ha dato il via a wine2wine Digital. Un’inchiesta che evidenzia come solo un’azienda vitivinicola italiana su 10 aumenterà il proprio business nel 2020, mentre per oltre sette su 10 le vendite totali vireranno in negativo.
Cresce la Gdo, boom dell’e-commerce: a picco gli indicatori per le piccole cantine

Se della visione rispetto a strategie dell’oggi e del domani si è già parlato, approfondendo l’analisi rispetto a nuove consapevolezze e al mondo che verrà, l’indagine svolta su un panel di 165 aziende rappresentanti una fetta importante del comparto (4 miliardi di euro il fatturato cumulato, di cui 2,5 miliardi relativi all’export, circa il 40% del totale Italia) racconta, però, anche chi sale e chi scende nel panorama di mercato. A evidenziarsi, innanzitutto, è la generale difficoltà delle imprese a fronte del combinato dei cali nei canali Horeca (in rosso nel 91% dei casi), dettaglio specializzato (per tre produttori su quattro), export (per il 63% delle aziende) e vendita diretta in cantina (il cui gap è generato anche dalla fortissima contrazione degli arrivi enoturistici stranieri, in diminuzione per l’87% degli intervistati). A fare da parziale contraltare, le performance nella Gdo italiana (in crescita per il 51% dei rispondenti) e il boom dell’online (riscontrato da otto operatori su 10). Stando all’analisi del campione, rappresentativo per fatturato ed export, a balzare all’occhio è quanto siano le piccole imprese (sotto il milione di euro) a scontare gli indicatori peggiori, con vendite in rosso nell’81% dei casi e con export (74% delle risposte), Horeca (95%) e dettaglio specializzato (86%) in contrazione.
Export in sofferenza ovunque: luce verde solo in Svezia

Osservando più nel dettaglio quanto accade oltreconfine, il quadro dell’export da una parte sottolinea la difficoltà di un 63% tra gli interpellati che vede rosso. Ma allo stesso tempo evidenzia di un’Italia che ha sofferto meno dei propri competitor. Tanto che, se le aziende in crescita sono solo il 18%, da non sottovalutare è il dato di un altro 19% che punta a chiudere il 2020 in pareggio. Nella top 10 degli sbocchi maggiormente in difficoltà per l’export di vino made in Italy, Regno Unito e Stati Uniti sono le aree più critiche, in contrazione per il 60% del campione. A seguire, Giappone, Australia, Cina, Germania, Canada, Russia e Svizzera, in uno scenario globale che vede nove piazze su 10 in negativo, con la sola Svezia a luce verde.
“A pagare il conto più salato le piccole cantine”

“La pandemia ha ulteriormente messo in luce le problematiche strutturali e dimensionali di cui soffre il nostro sistema produttivo”, fa notare il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini. “Con la chiusura dell’Horeca e la ridotta diversificazione dei mercati e dei canali di vendita, sono soprattutto le imprese vinicole più piccole a pagare il conto più salato di questo scenario di crisi dominato dall’incertezza. Un conto che non è certo più leggero anche per le imprese più dimensionate, ma che tuttavia potendo contare su strutture commerciali, finanziarie e patrimoniali più robuste, dimostrano una resilienza indubbiamente più elevata”. Il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, aggiunge: “È difficile commentare dati le cui cause non riflettono il reale stato di salute del vino italiano ma un’epidemia mondiale, in cui tra l’altro il vino italiano sta pagando la metà delle perdite rispetto ai propri competitor. Il nostro settore avrà tutti i fondamentali per ripartire, a patto che – per una volta – le scelte siano corali e si attui una promozione di bandiera all’altezza della notorietà globale del brand tricolore. Una comunicazione istituzionale cui abbinare eventi italiani legati al trade del vino nel mondo”.