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Il ministro Patuanelli “chiude” le enoteche alle 18: galeotto fu un marciapiede a Trieste

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Roba da non credere. Perché errare è umano, ma perseverare diabolico. C’era curiosità nel comprendere perché il Governo nell’ultimo deleterio Dpcm avesse optato per il divieto di vendita di qualsiasi bevanda alcolica e analcolica da parte di tutti i negozi specializzati con codici Ateco 47.25 dalle ore 18. Oggi è giunta la fatidica risposta. La decisione di dire stop alla vendita diretta da parte delle enoteche alle ore 18 ha una paternità: è il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli (M5S, ndr). All’insensatezza del provvedimento subentra (oltre allo sconforto, anche lo sconcerto) un senso forte di indignazione e vergogna per le motivazioni addotte dallo stesso titolare del dicastero (che forse da oggi sarebbe più corretto ribattezzare del Sottosviluppo Economico) in occasione dell’interpellanza parlamentare odierna. 

Patuanelli ai confini della realtà

Già, perché, come se fosse necessario avere l’ennesima riprova, la risposta di Patuanelli all’interrogazione parlamentare del deputato in quota Lega Andrea Dara ribadisce come il Governo fa e disfa senza avere la lontana idea di una strategia. Si procede per “sentito dire”, quando non proprio a caso. E in questa occasione, è la prima delle due opzioni ad aver condotto il Mise a promuovere l’improvvida ordinanza, che costa quotidianamente alle enoteche, in un quadro economico dove già sono fortemente penalizzate, il 30% dei loro introiti: proprio quelli che si generano tra le 18 e l’ora di cena, come ha spiegato qualche giorno fa nella sua denuncia pubblica l’associazione di categoria Vinarius.

Tutta da leggere la risposta ai confini della realtà fornita dal ministro del (Sotto)Sviluppo Economico Patuanelli in merito allo stop alle vendite di vino in enoteca dopo le 18
Tutta da leggere la risposta ai confini della realtà fornita dal ministro del (Sotto)Sviluppo Economico Patuanelli in merito allo stop alle vendite di vino in enoteca dopo le 18

Ecco come sono andate le cose direttamente dal resoconto stenografico del question time alla Camera, dove il deputato Dara chiedeva conto delle ragioni in base alle quali i supermercati possono continuare a vendere vino dopo le 18 e le enoteche no.

La parola, dunque, al ministro Patuanelli, che confonde evidentemente il concetto di rispetto dell’ordine pubblico con quelle di normale svolgimento di un’attività commerciale:

“In un periodo di pandemia […] ritengo che ci sia anche un legame stretto tra l’economia e la sanità. […] La salute non è soltanto se si ha o meno un virus, è anche le condizioni in cui viviamo”.

E ora il capolavoro di Patuanelli, che a non avere lo stenografico della Camere non ci si crederebbe:

“Quindi, io comprendo al cento per cento anche le manifestazioni, in cui le associazioni di categoria o anche i singoli pubblici esercizi manifestano la loro difficoltà, cerco sempre di capire fino a quando dobbiamo alzare l’asticella delle limitazioni, in accordo ovviamente con la cabina di regia istituita il 30 aprile del 2020, che anche in questo senso è stata attivata proprio per il nuovo Dpcm, che ha segnalato l’esigenza di introdurre misure ancora più restrittive rispetto agli assembramenti, che molto spesso avvengono. E avvengono ovviamente più facilmente fuori da un’enoteca piuttosto che fuori da un supermercato, perché purtroppo cito un caso recentissimo di qualche giorno fa, nella mia città tra l’altro (Trieste, ndr): un esercente che è stato sanzionato perché al di fuori del suo locale, dopo l’orario di chiusura, quando poteva ancora fare asporto, si sono fermate molte persone e lui ha detto: “Ma io cosa posso farci? Non posso mandarli via dal marciapiede o dalla strada”. E quindi è evidente che la ratio di questo provvedimento, in accordo appunto con il Comitato tecnico scientifico, con la cabina di regia, è proprio quella di evitare tutti i possibili assembramenti, anche al di fuori di un’enoteca o di un locale commerciale che vende per asporto bevande alcoliche e non alcoliche”.

“Il nostro contributo in questo percorso è quello di aver richiesto che fosse il codice prevalente il 47.25, perché altrimenti abbiamo probabilmente in qualche nostra misura creato una asimmetria nella concorrenza, ma preferivamo che qualcuno potesse continuare a lavorare, perché non dava la possibilità di assembramento, e qualcun altro, ancora per qualche settimana, possa rallentare la sua attività”.

In sintesi, fateci capire: quanto sarebbe accaduto su un marciapiede di Trieste diviene paradigma e modello per decretare i destini di un’intera categoria di esercenti? Dunque, le file fuori dalle Poste porteranno al prossimo Dpcm alla chiusura di tutte gli uffici sul territorio nazionale (oltre che a Trieste)? Che dire, poi, delle farmacie oppure degli Autogrill? Insomma: sembra che il Governo abbia deciso ufficialmente di abdicare al proprio ruolo, non occupandosi più della gestione più l’ordine pubblico, ma semplicemente imponendo chiusure indiscriminate invocando in modo improprio il tema della salute. Game over.

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