L’ultima è stata l’ennesima settimana “complicata” per il vino in Italia. Questa volta a tornare protagoniste sono state le enoteche, che dopo il danno il “caso Lombardia” che aveva impazzato a fine ottobre, a questo turno hanno dovuto subire l’ennesima beffa. Tra una zona rossa che lo è, ma forse no. Tra un arancio rinforzato, che poi si trasforma in giallo non si sa bene come, il mondo del vino paga l’ennesima “svista” in tema di Dpcm. E la crisi di Governo non ha nulla a che vedere con il nuovo “infelice” provvedimento. Già, perché se in principio a tutti è sembrato come un evidente “errore dettato dal carattere di urgenza con cui è stato redatto” il provvedimento entrato in vigore il 14 gennaio, col passare dei giorni la vicenda si è delineata nei contorni, arrivando ad assumere i tratti del grottesco.
Prima puntata: stop al vino in enoteca dopo le 18, non al supermercato

Già, perché è il 16 gennaio quando Andrea Terraneo, presidente dell’associazione delle enoteche italiane Vinarius, prende carta e penna per scrivere al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Prima che la mitologica figura del senatore Ciampolillo giungesse a salvare le sorti della maggioranza, l’ennesima disposizione emanata da un Governo incapace a dare indicazioni chiare, sicure, ma soprattutto non costantemente in contraddizione tra loro, arrivava a vietare espressamente “la vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica e analcolica da parte di tutti i negozi specializzati con codici Ateco 47.25 dalle ore 18, lasciando invece libertà di vendita di tali bevande a tutti gli altri negozi commerciali”. In sintesi: dopo le 18, stop alle vendite di vino in enoteca, ma nessuna limitazione se si vuole acquistare una bottiglia al supermercato. Et voilà, l’ennesimo pasticcio è servito.
Seconda puntata: nessun errore in Dpcm, galeotto fu un marciapiede di Trieste

In principio, per l’appunto, la decisione dell’esecutivo è apparsa una delle tante “sviste” cui ormai siamo abituati, Dpcm dopo Dpcm. Ma col passare dei giorni e un’interrogazione parlamentare che ha chiamato in causa il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli (M5S, ndr), la realtà si è dimostrata ben diversa. Già, perché di errore non si è trattato, come ha confermato lo stesso numero uno del Mise rispondendo nel corso del question time del 20 gennaio a specifica richiesta di spiegazioni del deputato in quota Lega Andrea Dara rispetto al “discrimine” subito dagli enotecari. E fu così che venne alla luce che una fantomatica multa staccata su un marciapiede di Trieste ai danni di un’enoteca fuori dalla quale avrebbero sostato in maniera impropria degli avventori si è trasformata nel “pretesto” per dire giù la serranda a tutta l’Italia dei negozi specializzati del vino dopo le 18.
Terza puntata: la battaglia continua

Il resto è cronaca, come abbiamo cercato di raccontare ai lettori di WineCouture tenendo alta l’attenzione sulla vicenda, affinché al più presto si giunga a un vero e proprio dietrofront da parte del Governo. E se il mondo delle enoteche non solo ha ribadito disappunto, ma rilanciato le proprie sacrosante ragioni, evidenziando anche come il ministro Patuanelli fosse stato vittima di un equivoco inammissibile, ora non resta che continuare a dare battaglia, esattamente come ha assicurato l’ex ministro all’Agricoltura, Gian Marco Centinaio. Il senatore leghista, infatti, interpellato proprio da WineCouture sulla vicenda, si è immediatamente mosso per sostenere le ragioni delle enoteche “discriminante” dal nuovo Dpcm attraverso una nuova interrogazione, questa volta in Senato. Ora non resta che attendere, almeno fino alla prossima puntata di questa vicenda tutta all’italiana, che su queste pagine continueremo a raccontare.
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Il precedente del “caso Lombardia” su WineCouture: