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Dom Ruinart 2009: racconto “decantato” di una #ChampagneBreakfast davvero unica

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Savoir-faire: saper fare. Ma soprattutto, faire savoir: far sapere. E farlo in una maniera unica, con un’eleganza distintiva e quasi eterea. Perché lo stile, quando si parla di Champagne, conta più che altrove. E così – interno giorno: due calici Jamesse Grand Champagne serigrafati, un pc e la #ChampagneBreakfast firmata dallo chef Eugenio Boer in tavola (ritorneremo più avanti su scelte e accostamenti del patron del ristorante Bu:r di Milano) -, venerdì 19 aprile è andata in scena la rappresentazione tanto attesa del lancio per l’Italia della cuvée de prestige Dom Ruinart, che la più antica Maison di Reims e dintorni ha presentato nella sua 26esima annata imbottigliata, per un millesimo 2009 uscito dalle profondità delle crayères per annunciarsi al mondo nel 50esimo anniversario (1959-2009) intercorso dal primo vintage. All’epoca, quando venne poi messo in commercio (anno di grazia 1966), negli Stati Uniti fu accompagnato da una lettera dell’allora patron Bertrand Mure agli appassionati americani che recitava: “Vogliate perdonarci se vi mandiamo solo 1.300 casse del nostro migliore Champagne: Dom Ruinart Blanc de Blancs 1959”. Ma quello di oggi è un nuovo racconto che vi sveleremo, passo a passo, avendolo fatto “decantare” a sufficienza per coglierne sfumature, complessità, note di caratterizzazione.

50 vendemmie dopo, sempre nel segno della joie de vivre

L'annata 2009 di Dom Ruinart segna il 50esimo anniversario dalla prima vendemmia (la 1959) finita in bottiglia
L’annata 2009 di Dom Ruinart segna il 50esimo anniversario dalla prima vendemmia (la 1959) finita in bottiglia

Serviva un tocco di joie de vivre in questa nuova primavera che ci ritrova presi nella morsa di zone rosse e lockdown, così Ruinart, anticipando di un paio di giorni il via della stagione tradizionalmente identificata come quella della rinascita, ha deciso di far sbocciare la sua etichetta di maggior pregio: la cuvée de prestige Dom Ruinart. Un Blanc de Blancs, punta di diamante della Maison prodotta solo nelle migliori annate e con le migliori parcelle Grand Cru. E in un millesimo 2009 (notare bene: non 2008, vi spiegheremo il perché) a garantire un motivo in più di celebrazione.

Già, perché proprio questa nuova annata sancisce uno speciale traguardo: segna, infatti, il 50esimo anniversario dalla prima vendemmia (la 1959) finita in bottiglia e destinata ad un lungo riposo sui lieviti, per poi essere svegliata dal letargo nelle buie crayeres della più antica Maison della Champagne (che in etichetta, ben visibile, non manca di ricordare il primato di nascita: 1729) e proposta come cuvée de prestige Dom Ruinart.

Dom Ruinart: perché l’annata 2009

Dicevamo: annata 2009. Un millesimo che, dal principio dell’avventura di questa speciale etichetta a oggi, si traduce “soltanto” nel 26esimo imbottigliato. Perché non tutte le vendemmie – e per i motivi più diversi – hanno ricevuto l’imprimatur per apparire al grande pubblico in veste Dom Ruinart. Ovviamente secondo l’attento e insindacabile giudizio dello chef de cave e del team di enologi che si sono avvicendati, via via nel corso dei decenni, chez Ruinart.

Si salta direttamente alla 2009 con il nuovo Dom Ruinart, dopo gli ultimi due vintage ad averlo preceduto: 2006 e 2007. Niente “annata del secolo” 2008 per la cuvée de prestige: come mai? A spiegarcelo è la viva voce di Frédéric Panaïotis, chef de cave della Maison
Si salta direttamente alla 2009 con il nuovo Dom Ruinart, dopo gli ultimi due vintage ad averlo preceduto: 2006 e 2007. Niente “annata del secolo” 2008 per la cuvée de prestige: come mai? A spiegarcelo è la viva voce di Frédéric Panaïotis, chef de cave della Maison

Giungiamo così alla prima curiosità. Si salta direttamente alla 2009 con il nuovo Dom Ruinart, dopo gli ultimi due vintage ad averlo preceduto: 2006 e 2007. Niente “annata del secolo” 2008 per la cuvée de prestige: come mai? A spiegarlo è la viva voce di Frédéric Panaïotis, chef de cave della Maison Ruinart, in diretta da Reims:

“Perché la 2008 è grande millesimo più per il Pinot Noir e il Meunier che per lo Chardonnay, essendo caratterizzato da un’acidità spiccata che non rappresenta una sicurezza per gli Champagne di lungo invecchiamento”.

Et voilà: è così svelato il mistero dell’annata culto che non vedrà la luce con la veste Dom Ruinart. Ma la curiosità va anche al futuro: quali saranno i prossimi potenziali grandi millesimi della Champagne, laddove si concentri l’attenzione esclusivamente sullo Chardonnay? “La 2010 sarà una grandissima annata per lo Chardonnay in Champagne. E anche la 2013 è buona”, evidenzia Panaïotis. “Non sono, invece, un grande fan della 2012, che reputo più adatta al Pinot Noir. Mentre i millesimi 2017 e 2019 rientrano tra i migliori. Dunque, per lo Chardonnay in Champagne punterei su 2010, 2013, 2017 e 2019”.

100% Chardonnay (e poi tanto di più ancora)

Dom Ruinart è un 100% Chardonnay, “super selezione” delle uve di quelli che sono considerati i migliori villaggi Grand Cru a bacca bianca
Dom Ruinart è un 100% Chardonnay, “super selezione” delle uve di quelli che sono considerati i migliori villaggi Grand Cru a bacca bianca

È però il presente quello che ci interessa indagare. Immergiamoci allora a capofitto in questo 2009. Un vintage che Ruinart ci propone oggi, dopo essere stato sboccato a marzo 2018: dunque, con ormai tre anni di assestamento in bottiglia.

Una piccola grande nota di merito: bravi, se gli Champagne con lunghe soste in autolisi sui lieviti hanno bisogno di un po’ di tempo per essere pronte a finire nei nostri calici a seguito dell’ultima e definitiva operazione di dosaggio e tappatura, troppo spesso le dure regole del business spingono a ridurre sempre più questo lasso temporale, che noi amanti e appassionati della più famosa bollicina al mondo sappiamo essere invece essenziale per goderne al meglio.

100% Chardonnay (ça va sans dire), “super selezione” delle uve di quelli che sono considerati i migliori villaggi Grand Cru a bacca bianca della Maison: Chouilly, Avize, Le Mesnil-sur-Oger e Cramant nella Côte des Blancs (82% del totale in assemblaggio) e Sillery nel lato nord della Montagne de Reims (il restante 18%).

Poi: fermentazione alcolica in acciaio, malolattica completa, otto anni di maturazione sui lieviti, dosaggio 4 grammi/litro.

Ma al centro del tutto resta – stella polare – il carattere dell’annata. Che in Champagne, come spiegano in Ruinart, è spesso stata descritta come “soleggiata”, ma soprattutto definita da vendemmie eseguite in un clima estivo ideale per la maturazione dei grappoli. “Un’estate perfetta per la Champagne, che ha dato luogo a vini corposi e vivaci”, osserva Frédéric Panaïotis. Tuttavia, quell’estate così asciutta (con il 40% di precipitazioni in meno rispetto alla media degli anni precedenti) illustra anche l’impatto del riscaldamento globale sulla vendemmia, che ha reso più complessi gli aromi, la texture, la freschezza e il dosaggio. E in un certo grado, ha permesso al Dom Ruinart 2009 – cuvée de prestige che, come un top di gamma che si rispetti, chiama ovviamente all’attesa per poterne godere in pieno – di presentarsi al debutto maggiormente “pronto” all’assaggio.

Il rendez-vous con Dom Ruinart 2009: una doverosa premessa

Veniamo dunque al momento clou: quello appunto fatidico del primo approccio. Ma doverosa e importantissima risulta la premessa che segue. Questa è la prima degustazione (ripetiamo: dopo otto anni sui lieviti e tre in bottiglia) di uno Champagne che avrà molto da dare almeno nella prossima decade, probabilmente anche di più. Di Dom Ruinart “vecchi”, la metà più competente in tema del duo che qui scrive ne ha assaggiati tanti e assicura che oggi i millesimi degli anni ‘90 rivelano realmente tutto il loro splendore. E i conti sono presto fatti, offerta questa indicazione di massima. Quindi non ci facciamo prendere la mano: come spesso (troppo spesso) capita di leggere in recensioni “a caldo” da chi, forse, non ha una memoria di bevute così ampia e profonda per fare previsioni sull’evoluzione di queste cuvée de prestige negli anni.

Quella che abbiamo raccontato è stata solo la prima degustazione (dopo otto anni sui lieviti e tre in bottiglia) di uno Champagne che avrà molto da dare almeno nella prossima decade, probabilmente anche di più
Quella che abbiamo raccontato è stata solo la prima degustazione (dopo otto anni sui lieviti e tre in bottiglia) di uno Champagne che avrà molto da dare almeno nella prossima decade, probabilmente anche di più

“Buona la prima!” 

Chiarito il punto, il giudizio non può che essere un sincero: “buona la prima”, per questo Dom Ruinart 2009. Con un naso sicuramente ancora un po’ chiuso, ma che già rivela la freschezza floreale e fruttata tipica della Maison. Poi, un bouquet di sentori che già regala una leggera nota di mandorla e davvero lascia ben sperare per l’evoluzione nei prossimi anni. Il sorso è ricco, fresco, con un’acidità equilibrata e piacevole, lunga, persistente. Ed ora non può che scattare la curiosità su quel che sarà: siamo, infatti, davvero pronti ad aspettarlo nei prossimi anni per poterne godere appieno.

A riguardo, lo stesso Frédéric Panaïotis su nostra diretta domanda rispetto a quanto “attendere” questo Dom Ruinart 2009, evidenzia: “È sempre difficile fare una previsione, ma dalla mia esperienza direi che dovrebbe trovare la sua espressione migliore nei prossimi cinque anni. Poi, dipende chiaramente cosa si ricerca al suo massimo: in questo momento, ad esempio, il richiamo di frutti è straordinario. Poi, tra cinque anni, verterà più su sentori tostati, bellissimo racconto di uno Chardonnay con maggiore maturazione”.

Non possiamo che condividere il giudizio su quel che oggi è ancora un “bambino” e che sicuramente tra cinque (forse anche 10) anni rivelerà il suo volto più bello. Perché i veri amanti dello Champagne sanno aspettare. E se queste sono le premesse, ci aspettiamo davvero grandi cose da te, Dom Ruinart 2009.

One more thing…

“Lo champagne Ruinart si può consumare dalle nove della mattina alle nove della mattina successiva”. Le parole di colui che dopo la Seconda Guerra Mondiale fu il volto e l’anima dietro alla rinascita della più antica Maison di Champagne, Bertrand Mure, hanno risuonato all’inizio del nostro primo incontro con il Dom Ruinart 2009, permanendo come sottofondo per l’intera durata della presentazione. Ma se la cuvée de prestige è stata l’assoluta protagonista di questo appuntamento che ha avuto come ospite d’onore lo chef de cave Frédéric Panaïotis ed è stato guidato dalla brand manager Silvia Rossetto, non minore attenzione va riservata a quel che si è dimostrato esserne il perfetto accompagnamento.

All’inizio di questo articolo si parlava di stile ed eleganza. E l’attenzione per ogni dettaglio ha realmente scandito la #ChampagneBreakfast con cui Ruinart ha svelato all’Italia la nuova annata della sua punta di diamante. A partire da una box studiata su misura per contenere tutto il necessario per questa inusuale “colazione”, al cui interno ha fatto capolino anche il Ruinart Blanc de Blancs Second Skin, interpretazione della Maison cui ci ripromettiamo di dedicare in futuro uno specifico approfondimento per raccontare, in primis, quel che ne è l’interessantissimo impegno nella promozione di una Champagne ancor più sostenibile. Ma il racconto non si conclude con l’unboxing.

La box del delivery della Ruinart #ChampagneBreakfast: un'eleganza distintiva e quasi eterea
La box del delivery della Ruinart #ChampagneBreakfast: un’eleganza distintiva e quasi eterea

La #ChampagneBreakfast Ruinart, infatti, è stata anche esaltazione della raffinata capacità di uno chef, Eugenio Boer, patron del ristorante Bu:r di Milano, nel saper individuare con straordinaria minuzia abbinamenti studiati per porsi al meglio “al servizio” del grande protagonista di giornata: il Dom Ruinart 2009. E così, a susseguirsi è stato un turbinio di sapori e accostamenti brillanti, che a partire dalla Torta di rose al culatello di Zibello, passando per i Macaron al Parmigiano Reggiano e le Chips di carote di Polignano a Mare con maionese di caviale, caffè e sette pepi, proseguendo con la Focaccia ripiena di mortadella al tartufo nero e concludendo con la Veneziana classica e marmellata di melograno, lamponi, rose e pepe di Sichuan, ha scandito il tempo della lunga chiacchierata alla ricerca dell’anima della nuova annata, esprimendo parallelamente un’interpretazione di delivery che merita un plauso e una segnalazione. Santé!

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