Quinto intervento della nostra inchiesta sul “nuovo inizio”. Intervista con Ernesto Abbona, presidente Unione Italiana Vini. Riaperture, mutamenti dopo l’anno della pandemia e strategie future.
Presidente Abbona, per supportare lo slancio della prossima riapertura, quale misura Uiv chiede di adottare al Governo a sostegno del mercato?
Ha detto bene, c’è bisogno di uno slancio che passi dalla promozione e dal business, perché come imprenditori la nostra convinzione è che sia sbagliato pensare che per ripartire serva distruggere il prodotto.
Tra l’altro, secondo i dati analizzati da Unione Italiana Vini sulle giacenze in cantina siamo in linea con quelli dello scorso anno, se consideriamo il maggior volume dell’ultima vendemmia. Il problema è altrove: c’è una tensione finanziaria dovuta alla chiusura dell’Horeca con mancate vendite franco cantina tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi di euro, cui si aggiungono i “crediti incagliati” delle aziende vitivinicole nei confronti della ristorazione.
Perciò, come Uiv chiediamo misure che affrontino questi problemi, in particolare agendo su alcune agevolazioni fiscali sui crediti Horeca e misure a fondo perduto per le imprese più in sofferenza.
Sin qui la fase difensiva. Per l’attacco, invece, siamo convinti che il mercato possa riprendersi solo con il mercato, e per questo chiediamo che il Mipaaf possa dare una mano al settore attraverso una maggior promozione del prodotto Italia per cogliere tutte le opportunità di rimbalzo che si presenteranno nei mercati internazionali, Nord America e Uk in testa. Per esempio, attraverso maggiori risorse da assegnare all’Ocm Paesi Terzi, anche introducendo un maggior grado di flessibilità nell’implementazione della misura.

Quali cambiamenti ed evoluzioni osservati in questo anno di pandemia, a suo avviso, si confermeranno in futuro?
Certamente tutta la nuova esperienza maturata nel digital, a livello di comunicazione, promozione e condivisione di esperienze o, più semplicemente, riunioni e incontri di lavoro, credo sarà la vera eredità positiva lasciata da questa terribile esperienza. L’integrazione tra i due livelli esperienziali – on e off line – contaminerà tutte le nostre attività, sia personali sia professionali, arricchendo le possibilità di lavoro, di acquisto e di relazione, ma all’interno di modalità che torneranno nei loro canali tradizionali. Quindi, non parlerei tanto di cambiamenti negli stili di vita, quanto d’innovazione tecnologica che apre nuove dimensioni e facilitazioni per tornare a vivere in quelle modalità umane che abbiamo sospeso nell’ultimo anno e mezzo.
Qual è la pratica cui eravamo abituati che dovremo dimenticare?
In linea generale la pandemia ci ha costretto ad accelerare certe innovazioni, costringendoci ad operare in situazioni di difficoltà spingendoci fuori da alcune comfort zone cui eravamo abituati. Ci ha insegnato forse ad essere meno pigri verso il cambiamento. Nello specifico della distribuzione, ad esempio, significa evoluzione verso la multicanalità con atteggiamento più aperto. Così come, nell’ambito produttivo, si può tradurre in maggiore sensibilità alle nuove tendenze, quali sostenibilità, bio e simili, oppure a packaging innovativi che si traducono in target e modalità di consumo più smart, dove il vino deve entrare per non perdere il treno delle giovani generazioni. Sono quindi diverse le pratiche che dovremo dimenticare, riassumibili in una parola: conservatorismo.
La voce delle istituzioni, le richieste al Governo di industria, retailer, ristorazione, consorzi, associazioni, cooperative e marchi: leggi tutti gli interventi dei protagonisti della filiera nella nostra esclusiva inchiesta #VivaIlVino sul nuovo inizio.