Cresce la produzione biologica nel mondo vitivinicolo cooperativo. A rivelarlo è un’indagine interna realizzata da Alleanza Cooperative Agroalimentari su un campione rappresentativo delle proprie associate. Un focus incentrato sulle scelte green e sostenibili da cui è emerso che il 61% delle cantine interpellate è attualmente assoggettata al metodo di produzione biologica.
La fotografia green del vino cooperativo tricolore
Un mosaico di “grandi” e “piccoli”, ben distribuito lungo tutto lo stivale. È questa la fotografia che si ottiene indagando sul rapporto tra bio e sistema cooperativo del vino.
l campione individuato da Alleanza Cooperative Agroalimentari per la sua analisi, infatti, è composto da cooperative operanti in diverse regioni italiane e con classi di fatturato disomogenee, ma che rappresentano nell’insieme oltre il 70% del giro d’affari complessivo dell’universo della cooperazione vitivinicola.
Dall’indagine è emerso anche un altro dato significativo, ovvero che il 51% del campione intervistato ha già conseguito uno standard di certificazione volontaria. Ma, attenzione, c’è di più: risulta infatti esserci un margine di miglioramento importante, dal momento che tra le cooperative che non hanno ancora aderito ad uno schema di certificazione, l’80% si dichiara intenzionata in futuro a procede in questa direzione.
Rispetto alle cantine che hanno già una certificazione, la grande maggioranza (53%) ha optato per lo schema Sqnpi – Qualità Sostenibile, seguite più a distanza da Equalitas (19%) e Viva (15%).

Rigotti (Alleanza Cooperative): “Si promuova uno standard unico di sostenibilità”
“L’analisi interna che abbiamo realizzato ci ha restituito risultati molto positivi, che confermano in primo luogo il crescente appeal della produzione biologica presso le nostre associate”, sottolinea il Coordinatore del Settore Vitivinicolo Luca Rigotti.
“Rispetto alla certificazione volontaria, i dati dimostrano la necessità che si metta ordine tra i vari schemi esistenti e che si promuova uno standard unico di sostenibilità, avendo cura che le imprese già certificate con uno dei sistemi esistenti non debbano sostenere ulteriori costi diretti e indiretti per conseguire la nuova certificazione”.
Scopo dello schema di certificazione è misurare la performance ambientale e sociale delle imprese, così come i risultati economici. Si tratta di uno standard riconosciuto da terze parti e che richiede alle aziende di rispettare elevate performance di sostenibilità sociale e ambientale e di rendere trasparente pubblicamente il punteggio ottenuto. Dunque, l’obiettivo oggi non è più solo prestare attenzione a quel che avviene in vigna, ma piuttosto cura di ogni dettaglio a 360°.

La scelta del vino green fa bene anche al business
La scelta green fa bene anche sul lato business. Alle cooperative, infatti, nel corso dell’indagine effettuata è stato anche chiesto quali siano i vantaggi percepiti dal conseguimento degli standard di certificazione volontari: oltre al tendenziale incremento dei volumi venduti e del valore, per il 55% delle cooperative interpellate i benefici derivanti dalla certificazione volontaria in materia di sostenibilità non sempre sono quantificabili ma occorre considerare anche gli indicatori qualitativi.
Risulta infatti che l’adesione a standard volontari rappresenta un “plus valoriale” specie presso gli acquirenti stranieri oltre ad essere indice di una forte coesione e consapevolezza tra i soggetti aderenti intorno al tema della tutela ambientale.
Da ultimo, ma non meno importante (come abbiamo avuto modo di spiegare già in una precedente occasione), da segnalare come il 22% del campione preso a riferimento abbia già presentato almeno un’edizione del fondamentale bilancio di sostenibilità.