Revelations: questo il nome scelto per il rendez-vous che ci ha atteso l’8 giugno con Vincent Chaperon, chef de cave di Dom Pérignon. La Maison più nota e commentata quando si parla di Champagne. Perché nel suo stesso nome si cela l’essenza delle bollicine più note al mondo. Lo dice la storia (o la leggenda, secondo alcuni). Lo ribadisce, millesimo dopo millesimo, un’arte nell’assemblaggio che esalta la multiforme varietà di uve a disposizione del “creatore” di ogni nuovo Vintage. Per quasi 30 anni, il ruolo è stato ricoperto da un vero e proprio guru della Champagne, Richard Geoffroy, oggi è saldamente nelle mani di Vincent Chaperon, giovane talento con idee ben chiare in testa e una grande bravura nel tramutarle in bollicine. E proprio questo abbiamo riscontrato nel calice assaggiando la nuova annata, il Dom Pérignon 2012, nuova sfida con cui lo chef de cave è stato chiamato a confrontarsi, dopo quella che è stata “l’opera prima” del Vintage 2010. Ma non è stata l’unica. Già, perché Chaperon, come la tradizione della Maison impone, è stato chiamato non soltanto alla prova del nuovo millesimo, ma anche a quella della “longevità”. Rivelazioni, al plurale, era infatti il titolo dell’incontro. Ed allora, sulla scena, ecco fare il suo debutto anche il Plénitude 2 Dom Pérignon Vintage 2003.

Dom Pérignon P2: la “Deuxième Plénitude” e le tante vite di un millesimo
“Il tempo è al centro dell’equazione di Dom Pérignon”. Si devono ricordare le parole dell’ex chef de cave Richard Geoffroy, l’anima dietro al lancio del progetto Plénitude, per spiegare di cosa si parla con questa curiosa combinazione di lettere e numeri.
Perché se nella cura al dettaglio al momento dell’assemblaggio si individua uno dei più grandi segreti del rinnovarsi della magia di ogni nuovo Vintage di Dom Pérignon a vedere la luce, non è soltanto in questo primo passo, di quello che poi sarà un lungo cammino, che si conclude la storia del millesimo.
Già, perché ogni annata di Dom Pérignon va incontro a diversi cicli e a molteplici vite. E a ogni passaggio, quella che la Maison definisce Plénitude, nel suo evolvere svela nuove sfumature, che armoniosamente scaturiscono da quelle che le hanno precedute.
La “Deuxième Plénitude” o P2 è una fase di energia, in cui, dopo molti più anni di maturazione sui lieviti, l’intensità del vino è amplificata. Ed è proprio questa “esuberanza” che lo chef de cave deve aver la capacità di “monitorare” con costanza, tramutandola in eleganza, finezza, espressività, per uno Champagne che sappia vincere la sfida del tempo: non solo al suo esordio, ma anche e soprattutto negli anni a venire. E il Dom Pérignon P2 Vintage 2003 non fa eccezione in merito.

Dom Pérignon vintage 2003: un millesimo spartiacque in Champagne
Il 2003 lo ricordiamo, noi champagne lover, per le caratteristiche climatiche “pazze” che l’hanno caratterizzata. L’anno della “canicule” (per dirlo alla francese): un caldo simile non si era mai visto in Champagne. All’inverno freddo e secco è infatti seguito un mese di marzo caldissimo che ha portato a un germogliamento assai precoce. Nel mese di aprile sono però seguite forti gelate che hanno letteralmente distrutto quasi la metà della produzione potenziale dell’anno. Ad un maggio “normale” sono poi seguiti altri mesi torridi e una grandinata in luglio che ha fatto altri danni e ridotto ancora parte del raccolto potenziale. Una vendemmia difficilissima: iniziata molto presto tra il 21 e il 25 agosto per evitare il crollo dell’acidità, ma continuata nelle settimane successive per raccogliere le uve che erano maturate tardivamente, frutto del germogliamento successivo alle gelate.
Un’annata molto complicata, insomma. E che ha comportato non poche domande a vigneron e chef de cave delle grandi Maison. Millesimare o non millesimare? Questa domanda ha sicuramente riempito le notti insonni degli addetti ai lavori champenois. L’allora chef de cave di Dom Perignon ha deciso di prendersi il rischio e di puntare su un millesimo, certo che stante le caratteristiche uniche dell’annata avrebbe lasciato il segno. Ai primi assaggi la scommessa sembrava persa. Al Vintage 2003 mancava qualcosa: non convinceva. Ma poi, l’annata più pazza del secolo ha continuato a sorprenderci anche in bottiglia.
Con il passare degli anni, infatti, quel Vintage 2003 ha proseguito ad evolvere, a maturare, fino a ritrovare quell’intensità e quella piacevolezza che oggi appare nel calice. Il tempo è stato galantuomo: la scommessa Richard Geoffroy l’aveva vinta eccome. Oggi il Vintage 2003 ha un bilanciamento e un’eleganza forse insperata da molti e più assaggi recenti (sia da noi champagne lover sia da grandi critici ed esperti) confermano questo parere.

Plénitude 2 Dom Pérignon Vintage 2003: il primo approccio
L’esordio di quel che fu il Dom Pérignon Vintage 2003 rimanda al 2010. Oggi, nel 2021, questa annata così particolare ritorna indossando la più “evoluta” veste Plénitude 2 Dom Pérignon Vintage 2003. E nella più pura della tradizione P2, la dinamica della trasformazione è tangibile e promette ulteriori sorprese.
È ovviamente una nuova visione del millesimo quello cui ci troviamo di fronte: sono passati 18 anni, non potrebbe essere diversamente. Ma, non smetteremo mai di ricordarlo: questi sono Champagne che vanno assaggiati, riassaggiati, degustati ancora e ancora, a più riprese, e solo allora valutati per quel che nel tempo sono capaci di regalare, soprattutto in termini di emozioni.
Oggi, il Dom Pérignon Vintage 2003 Plénitude 2 si presenta in tutta la sua potenza di vino, ancor prima che di bollicina. Siamo infatti d’innanzi a un’etichetta che ha pazientemente atteso nelle profondità della cantina per offrirci una “nuova” interpretazione della sua elaborazione. Ma è una maratona, non uno sprint quel che l’attende.
Al momento, se ne può offrire una valutazione che si riferisce a un primo incontro (una “rivelazione” dopo quasi due decadi sui lieviti, ripeterlo non fa male) con uno Champagne che avrà molto da donarci. E lo farà ben oltre che lungo la sola prossima decade.
Uno Champagne, il Dom Pérignon Vintage 2003 Plénitude 2, che oggi racconta alla perfezione quelle che sono state le sfide di un’annata “spartiacque”. Un millesimo che ha chiesto alla mano dietro l’etichetta di assumersi dei rischi e di intervenire, come ha spiegato lo stesso Vincent Chaperon nel corso della presentazione, affidandosi fin da subito a “intuizioni” frutto della profonda conoscenza maturata nel tempo e non dell’avventatezza.
Per spiegare al meglio quel che oggi si coglie nel calice, è bene lasciare spazio alle parole dello chef de cave, quando così descrive cosa abbia rappresentato l’approccio scelto in Dom Pérignon per lavorare il millesimo 2003, l’anno in cui tutto cambiò:
“La scintilla che conduce a tecniche ancora inesplorate, per raggiungere un ideale estetico articolato con la massima precisione. È esattamente ciò che ha fatto Dom Pérignon nel 2003. Per la prima volta, si è deciso di lasciar ossidare e scurire il vino nella pressa, in modo da alleggerire una struttura tannica troppo imponente. Poi si è aumentato il Pinot Noir, in proporzioni mai provate prima nel nostro assemblaggio, per dare maggiore equilibrio agli Chardonnay, dal carattere più simile a un Borgogna che a uno Champagne”.
Ed è così che oggi ci è offerta una nuova lettura della storia dell’anno in cui gli “effetti dei cambiamenti climatici, osservati già dalla fine degli anni ‘80, si rivelarono inesorabilmente tangibili, catturando definitivamente l’attenzione collettiva”.
E quello che al momento ritroviamo nel bicchiere è proprio questo grande sguardo d’insieme. Lo avvertiamo vibrare nel calice. Ogni difficoltà, ogni imprevisto, ogni “intuizione”. Con questa struttura ben pronunciata e che domanda di essere attesa ancora un poco per potersi schiudere definitivamente in tante sfaccettature, almeno per ora, non del tutto con evidenzia pronunciate.
È normale, come si diceva, per Champagne “evoluti” come questo con cui abbiamo avuto il privilegio di confrontarci. È soprattutto una riprova che la maratona del Dom Pérignon Vintage 2003 Plénitude 2 è solo al via e noi impazienti non vediamo l’ora di scoprire lungo il suo futuro tragitto quali nuove emozioni saprà regalarci.
