Agosto ha fatto nuovamente infiammare la polemica attorno al Prosecco. O meglio: al Prosek, quello che la Croazia punta a vedere riconosciuto menzione tradizionale dalla Ue. Il caso è stato immediatamente preso in carico dalle istituzioni italiane, che si sono opposte in maniera ufficiale alla richiesta avanzata dai nostri “vicini di casa”: troppo il rischio di confondere il prodotto croato con l’originale italiano, creando un danno alla bollicina più venduta al mondo, patrimonio tricolore da 2 miliardi di euro di fatturato annuo. Ma dalle voci che giungono da Bruxelles, sembra che neanche questo sia bastato. All’opposto: i vertici Ue sembrano tutto intenzionati a garantire il via libera al Prosek croato.
Il Commissario Ue all’Agricoltura Wojciechowski dice sì al Prosek croato
A riferire della svolta in ambito Ue, un gruppo di rappresentanti leghisti al Parlamento Europeo che a inizio giugno hanno inviato una lettera al Commissario all’Agricoltura Wojciechowski per esprimere la propria preoccupazione per la richiesta, da parte della Croazia, d’iscrivere il Prosek nell’elenco delle Indicazioni geografiche tutelate in sede comunitaria.
“La risposta del Commissario, purtroppo, non fa che alimentare le nostre preoccupazioni”, spiega l’onorevole Rossana Conte, eurodeputata di Identità e Democrazia. “Secondo Wojciechowski, infatti, l’omonimia tra il Prosecco e quello croato da sola non è un fattore sufficiente per il rigetto di una domanda. Due termini omonimi possono coesistere a determinate condizioni, aggiunge”.
Ma ad avviso del gruppo di deputati che hanno richiesto chiarimenti, la questione è ben più articolata di così. Prosegue l’onorevole Conte:
“Nella lettera, il Commissario non fa nessun accenno all’aspetto centrale di questa vicenda, ossia che la Denominazione d’origine del Prosecco, al contrario del prodotto croato, lega inscindibilmente il suo nome a quello di un territorio ben definito e di grande valore: le colline del Prosecco, che sono tra l’altro iscritte nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco”.
“Non si tratta solo di omonimia, dunque, ma di difendere da forme di concorrenza sleale una eccellenza del made in Italy che ha radici ben definite. Il Prosecco è abituato da tempo a fare i conti con falsi e imitazioni in giro per il mondo. Consentire ciò all’interno del mercato europeo vuol dire tradire i principi su cui di basano i regimi di qualità dell’Ue. La procedura di valutazione del Prosek è in corso. Il governo si attivi per fermare un nuovo scippo al made in Italy. Noi della Lega continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi possibili”.
Fronte bipartisan della politica italiana in difesa del Prosecco: è guerra al Prosek
E sono in tanti, in un fronte davvero bipartisan, a essersi schierati a difesa del Prosecco in Italia. Iniziando dal sempre vigile eurodeputato Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento Ue, ma ancor prima si era avuta l’immediata reazione del sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, senatore Gian Marco Centinaio.
Ultimo in ordine di tempo, è l’intervento di Federico Caner, assessore della Regione Veneto e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni:
“Desta preoccupazione la decisione che l’Unione Europea dovrà prendere in relazione alla richiesta croata per il riconoscimento della denominazione Prosek”.
“Si ha l’impressione che attraverso l’escamotage dell’italian sounding si voglia portare un attacco non solo al Prosecco italiano, ma più in generale al made in Italy che proprio nell’enogastronomia ha una delle sue punte di diamante”.
“Porterò il tema all’attenzione della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e ne discuterò con gli assessori per valutare ogni utile iniziativa”.
“Se arriveremo ad una posizione concorde sul tema, interesserò il presidente Massimiliano Fedriga affinché se ne possa discutere anche in sede di Conferenza Regioni. L’auspicio è che si possa fare un gioco di squadra, Governo, Regioni ed enti locali per la difesa del valore del patrimonio enologico italiano”.
La guerra sembra solo all’inizio. Ma il fronte è già caldo a NordEst.
