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Sostenibilità e digitale in Italia: lo studio di The European House – Ambrosetti e Microsoft

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Lo studio “Digitalizzazione e sostenibilità per la ripresa dell’Italia”, elaborato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia mette l’accento su due elementi decisivi per lo sviluppo di una società competitiva e resiliente. La trasformazione digitale pervasiva e la crescita dei livelli di sostenibilità ambientale e sociale delle attività umane sono due paradigmi che si rafforzano vicendevolmente in un rapporto sinergico. 

La società che cambia nell’era pandemica

La ricerca presentata al Forum di Cernobbio ha indagato il contributo del digitale allo sviluppo sostenibile, identificandone gli ambiti di applicazione e quantificandone gli impatti sulle sue diverse componenti per l’Italia nel contesto della ripresa post Covid-19. È ormai necessario un cambio di marcia sulla decarbonizzazione alla luce del rinnovato obiettivo di abbattimento delle emissioni di CO2 del 55% al 2030 adottato dalla Commissione Europea. Sul fronte sociale, è necessario invertire la tendenza che vede in aumento la disuguaglianza. Inoltre, gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno fatto fare un salto quantico alla trasformazione digitale della società, delle aziende e delle pubbliche amministrazioni. 

Digitale e sostenibilità: le sinergie

Nello studio vengono identificate le sinergie tra trasformazione digitale e le diverse componenti di sviluppo sostenibile. Sotto il profilo della sostenibilità economica, il report dimostra come le aziende digitalizzate ottengano un importante beneficio sulla produttività del lavoro rispetto alle aziende che non hanno ancora attuato percorsi di trasformazione digitale (+64% per le aziende italiane, rispetto ad un +49% per le aziende europee). Per quel che concerne la sostenibilità ambientale, il gruppo di lavoro di The European House – Ambrosetti ha costruito un innovativo modello proprietario per stimare il contributo del digitale alla decarbonizzazione. Dal modello risulta come il digitale sarà una delle armi più importanti per la transizione verde, con un impatto al 2030 pari a quello incrementale delle energie rinnovabili. Quindi, relativamente alla sostenibilità sociale, lo studio evidenzia come l’adozione di nuovi modelli di collaborazione sia la principale leva d’azione attraverso cui le aziende possono contribuire al benessere delle persone, all’inclusione sociale e all’inclusione dei territori. 

I temi caldi dello studio e la voce delle aziende

Ma ecco i principali insights emersi dalla survey.

I valori di sviluppo sostenibile sono sempre più al centro di un interesse acceso e cresce tra le aziende la consapevolezza del loro valore quale leva competitiva per il business. Sostenibilità ambientale significa efficientamento dei processi interni, rinnovamento di prodotti e servizi in ottica sostenibile, necessità di competenze e figure professionali adeguate al fine di concretizzarne le implementazioni produttive e strategiche. Nel caso delle piccole e medie imprese: solo il 47% considera la sostenibilità un caposaldo della propria missione. Comunque, gli sforzi principali delle piccole imprese per implementare dinamiche di sviluppo sostenibile si concentrano nella selezione della supply chain e nella creazione di figure professionali pronte ad agire il cambiamento. 

Vero abilitatore del cambiamento in chiave sostenibile è la presenza di una cultura aziendale orientata al digitale. A sostenerlo è il 42% delle aziende del campione. Una cultura aziendale digitale, che integra la tecnologia nella propria value chain e nella propria strategia, è predisposta a sfruttarne il valore oltre la “semplice” efficienza, ma anche a innovare prodotti e servizi e registrare impatti positivi sui territori di attività – con maggiore ingaggio di consumatori e investitori, e ricadute positive in termini di competitività. 

Oltre l’86% delle aziende dichiara di aver implementato o programmato misure per la sostenibilità abilitate dal digitale. Una variabile da considerare è la dimensione dell’azienda. La quota di piccole aziende che fanno leva sul digitale per incrementare il loro livello di sostenibilità ambientale è dimezzata rispetto alle grandi aziende. Insomma, emerge una difficoltà delle aziende più piccole a stare al passo con la doppia rivoluzione che le investe – green e digitale. Infine, diminuzione degli spostamenti (71,2%), dematerializzazione dei processi (68,4%), gestione più efficiente delle operations (50,9%) e incremento delle attività di monitoraggio (49,1%) sono i principali fattori che secondo le aziende intervistate contribuiscono a migliorare il livello di sostenibilità ambientale. 

Tre proposte concrete

Alla luce delle evidenze emerse, lo studio riporta tre proposte concrete elaborate da The European House – Ambrosetti insieme a Microsoft Italia e indirizzate ai policymaker e alle aziende. La prima: abilitare il diritto/dovere alla formazione digitale attraverso un “new deal” delle competenze: una pluralità di indicatori segnala la carenza di competenze digitali come l’elemento di debolezza chiave del sistema industriale italiano.  La seconda: sancire il diritto universale al digitale come leva di inclusione sociale e riduzione delle disuguaglianze. Post Covid, le Nazioni Unite riportano un deterioramento trasversale degli indicatori legati ai Sustainable Development Goals, con impatti severi in particolare su tre fronti: economia, salute e istruzione. La terza: individuare standard condivisi per misurare l’impatto delle aziende tra i molti esistenti. Per convogliare anche le energie del mondo privato verso la costruzione di modelli di produzione e consumo sostenibili, è fondamentale elaborare metodologie condivise per la quantificazione degli impatti ambientali e sociali di tutte le attività di impresa.  

Sostenibilità’: l’impegno dei giovani

Lo studio, infine, ha voluto valorizzare il punto di vista dei giovani, raccogliendo le proposte di progetti di sostenibilità abilitati dal digitale emersi da una Sustainability Challenge cui hanno partecipato 16 giovani studenti e neolaureati. Il loro contributo è stato particolarmente importante per identificare, attraverso le loro idee, una visione di futuro sostenibile particolarmente innovativa. L’idea vincitrice “Smart Borgo” introduce un modello di lavoro “phygital” che offrirà alle aziende in espansione soluzioni di “smart working” in borghi italiani a rischio spopolamento, che saranno dotati di co-working e infrastrutture tecnologiche. La parte tech consiste in un gestionale intelligente dei borghi (mappatura, disponibilità attuali), la parte “fisica” è un vero e proprio progetto di riqualificazione edilizia e valorizzazione del territorio. 

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