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WineCouture Meets Fabrice Pouillon

La rivoluzione della Champagne 100% uva del Méthode Fabrice Pouillon

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La storia di Fabrice Pouillon, a prima vista, potrebbe apparire come una delle tante della Champagne. Vigneron, vini che nascono solo da uve di proprietà dei circa 7 ettari del suo Domaine, attorno alle 50mila bottiglie prodotte, a seconda dell’andamento dell’annata, l’Italia tra i mercati di riferimento (dov’è distribuito da Pellegrini), una tradizione di famiglia ereditata da chi è venuto prima di lui, in epoca moderna il fondatore della Maison, nel 1947, il nonno Roger e il padre James, che subentrò nel 1965. Ma quella di Fabrice Pouillon non è una storia di Champagne come le altre.

La sua, infatti, è una rivoluzione in Champagne, che ci ha spiegato in prima persona in occasione di una masterclass lui dedicata in occasione del Sabrage Tour Le Grand Gala, meeting di condivisione tra appassionati andato in scena il 26 marzo a Reggio Emilia. Ecco di cosa si tratta.

La rivoluzione del Méthode Fabrice Pouillon

In Champagne, infatti, Fabrice Pouillon è stato il primo, nel 2006, a introdurre il tiraggio con mosto per innescare la seconda fermentazione. Una scelta che oggi è diventata marcatore dei suoi vini e della sua visione della Champagne. In sintesi, come un noto giornalista commentò all’epoca dell’esordio della Cuvée Chemin du Bois, all’origine della rivoluzione lanciata oggi da Fabrice Pouillon, siamo innanzi a uno Champagne “100% uva”. 

In che senso è presto spiegato: il Vigneron di Mareuil sur Aÿ ha dato vita a un suo metodo che si separa dai dettami della presa di spuma classica, così come tradizionalmente concepita, non aggiungendo in questo decisivo passaggio saccarosio e lieviti esogeni che non abbiamo effettuato la prima fermentazione. Ma perché questa scelta di effettuare il tiraggio con mosto? 

Per comprenderla occorre fare un passo indietro, spiegando come negli anni è evoluta l’offerta del Domaine Roger Pouillon & Fils. 

Gli Champagne del Domaine Roger Pouillon & Fils

“La maggior parte delle nostre vigne sono localizzate nella Vallée de la Marne”, spiega a WineCouture Fabrice Pouillon. “Solo una parcella si trova sulla Montagne de Reims, nel villaggio di Tauxières, ed è quella in cui nasce la cuvée Les Terres Froides”. Sono 6 i villaggi coperti e 40 le parcelle, tutte condotte e vinificate singolarmente.

“Per noi è decisivo individuare la personalità e le caratteristiche di ciascuna parcella e di ciascun villaggio, per offrire nel calice la migliore espressione del territorio”.

Per questo la gamma degli Champagne di Fabrice Pouillon è stata costruita seguendo un principio geografico. 

“Si parte dalla prima Cuvée, oggi denominata Grande Vallée, che è una sorta di denominazione regionale, col suo assemblaggio delle uve di 5 villaggi della Vallée de la Marne. Poi, ci sono gli Champagne di origine locale, da singoli villaggi: come nel caso del Rosé e della Solera, che nascono a Mareuil sur Aÿ. Seguono le Cuvée che arrivano da uno solo Lieux-Dits o da un Terroir ben specifico dalle qualità superiori riconosciute, che si distinguono tra quelli per cui applichiamo un invecchiamento sui lieviti più corto, come nel caso di Le Montgruguet e Les Terres Froides, e quelli invece che vantano tempi di affinamento prolungati, come Les Valnons, Les Blanchiens e Les Chataigniers. Ultimo e prima applicazione del Méthode Fabrice Pouillon, lo Champagne Chemin du Bois”. 

Dal Chemin du Bois alla Grande Vallée: cos’è il Méthode Fabrice Pouillon

La visione che Fabrice Pouillon persegue e che dal 2019 ha trasferito dal Chemin du Bois alla Cuvée Grande Vallée e al resto della gamma, è di creare un legame tra la prima e la seconda fermentazione. A essere utilizzati nel Méthode Fabrice Pouillon, infatti, sono quegli stessi lieviti che hanno fatto la prima fermentazione e gli zuccheri dell’uva che sono stati conservati per il passaggio della messa in bottiglia. 

“C’è un metodo per conservare i lieviti dal momento della vendemmia fino alla messa in bottiglia del vino”, ci racconta. “In tutto questo periodo, testiamo che siano in grado di far partire la seconda fermentazione. Già al momento della vendemmia, poi, realizziamo una prova di prima presa di spuma con i lieviti isolati per il millesimo, così da verificare che siano capaci di attivare anche alla seconda e non solo la prima fermentazione”. 

A cosa conduce questa scelta?

“Una migliore integrazione dell’effervescenza nel vino, perché è come se la prima fermentazione proseguisse il suo cammino in bottiglia qualche mese dopo”. 

Dal 2019 tutti i vini del Domaine sono prodotti seguendo questi principi. Da quest’anno, Grande Vallée (ex Brut Réserve) e Rosé sono sul mercato nella prima versione Méthode Fabrice Pouillon, nel 2023 arriveranno Le Montgruguet e Les Terres Froides, nel 2024 la cuvée Solera e poi tutti gli altri Champagne. 

Istantanea dalla masterclass al Sabrage Tour Le Grand Gala, meeting di condivisione tra appassionati andato in scena il 26 marzo a Reggio Emilia: Matteo Borré e Francesca Mortaro insieme a Fabrice Pouillon
Istantanea dalla masterclass al Sabrage Tour Le Grand Gala, meeting di condivisione tra appassionati andato in scena il 26 marzo a Reggio Emilia: Matteo Borré e Francesca Mortaro insieme a Fabrice Pouillon (Ph. Marcello Brunetti, come immagine di copertina)

La sfida del Méthode Fabrice Pouillon e l’importanza del dosaggio

“Di anno in anno, l’obiettivo è di utilizzare i lieviti del millesimo identificati per la messa in bottiglia dei vini dell’annata”, precisa Fabrice Pouillon, “non concepire una selezione Pouillon da poter sfruttare per i prossimi 20 anni il mio traguardo”.

“Il fine è trovare, ogni volta, quel legame capace di unire la prima con la seconda fermentazione. La sfida, dunque, è assicurarsi ogni volta che i lieviti che hanno fermentato il vino in barrique, siano in grado di far partire la seconda fermentazione”. 

Se l’obiettivo di Fabrice Pouillon è di lavorare più naturalmente possibile, ancor prima il suo traguardo è di fare grandi vini e grandi Champagne.

“Per far questo c’è bisogno di una garanzia: per raggiungere l’obiettivo, ci deve essere il controllo dell’essere umano. La vigna senza l’uomo, infatti, non produce uva. E le uve senza l’uomo non si trasformano da sole in vino”. 

Un altro momento importante, sotto questo punto di vista, è quello delle prove di dosaggio. Tutti gli Champagne di Fabrice Pouillon sono Extra Brut, dunque con residuo inferiore ai 6 g/l, e anche in questo passaggio sono esclusivamente gli zuccheri delle uve a venire utilizzati. 

“Con quantità così ridotte, gli zuccheri non intervengono come elemento dolcificante, ma piuttosto come equilibratore dei vini e degli aromi”, chiarisce il Vigneron di Mareuil sur Aÿ. “È come il caso del sale in cucina: non è l’ingrediente principale, ma senza la ricetta non è completa. Quella del dosaggio è sempre una scelta piuttosto soggettiva. E quello per cui noi normalmente optiamo è una scelta che sia la più rappresentativa possibile del villaggio in cui nasce ciascun vino. E ogni anno sono effettuate delle prove di dosaggio per ogni singola messa in bottiglia di ciascuna cuvée”.

Anche in questo passaggio, come nei precedenti, l’obiettivo di Fabrice Pouillon è di lavorare più naturalmente possibile, con un nota bene: “L’obiettivo non è realizzare un Brut Nature o un Dosaggio Zero”, sottolinea, “ma offrire la migliore espressione del territorio ai miei Champagne”. Dei grandi Champagne Méthode Fabrice Pouillon, per la precisione.

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