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Château Galoupet, la Provenza in bottiglia (di plastica PET)

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Parliamo di Rosé. Anzi, di un Rosé ben preciso, diverso da tutti gli altri. Parliamo di un Rosé di Provenza che è specchio di un progetto ben preciso, rinascita di un Domaine, e di un più generale approccio di Gruppo al mondo del vino. Un mondo, però, che non è chiaro se oggi è pronto ad accogliere questo Rosé che ha scelto di mettere in discussione lo status quo, presentandosi in una bottiglia di plastica PET. Ma c’è di più: una bottiglia diversa dalle altre anche nell’aspetto, con la sua inusuale forma piatta. Stiamo parlando di Galoupet Nomade, che con l’annata 2021 si presenta oggi al debutto sul mercato. Una novità sbarcata in Italia grazie a Tannico, dove è in vendita da inizio giugno con un prezzo al pubblico di 25 euro, e firmata da quel Château Galoupet che rappresenta una delle ultime acquisizioni di Moët Hennessy in Provenza, terra promessa per i Rosé. L’incontro “ravvicinato” tra questa rivoluzione in rosa e chi scrive avviene in occasione della prima edizione del World Living Soils Forum, organizzato dal gruppo LVMH l’1 e il 2 giugno ad Arles (ne potete leggere alle pagine 4 e 5 dell’ultimo numero di WineCouture). E il primo approccio a Galoupet Nomade ha generato sensazione contrastati. Lo stupore, immediato, davanti a un prodotto firmato da un brand del lusso che sceglie un packaging distante da quello che ne rappresenta usualmente percepito e posizionamento. Il fascino, a fronte di qualcosa di davvero diverso, col suo design distintivo che attrae e la praticità immediatamente percepibile, che sarà confermata appena decideremo di riporre la bottiglia in frigo, dove occuperà in maniera ancor più razionale metà dello spazio di una dalla forma tradizionale. Infine, la curiosità, di comprendere i perché ci sia spinti così “oltre”: è pronto il consumatore e il mondo del vino a una proposta di questo tipo?

(Ph. Margot Mchn)

La rinascita di Château Galoupet, il Domaine sostenibile di Moët Hennessy in Provenza

Proprio su questa scelta abbiamo interrogato Jessica Julmy, managing director di Château Galoupet, che ci ha spiegato gli orizzonti di un progetto nato in un santuario per la biodiversità che ha quale obiettivo rappresentare un modello per la viticoltura biologica e un faro per la sostenibilità per Moët Hennessy. Château Galoupet, infatti, è Cru Classé de Provence in transizione verso una gestione bio dal 2020 e che a maggio di quest’anno ha presentato le sue prime due etichette: Château Galoupet Cru Classé Rosé 2021 e Galoupet Nomade 2021. 

“Château Galoupet è stato acquisito da LVMH 3 anni fa”, spiega a WineCouture Jessica Julmy. “E prima dell’arrivo di Moët Hennessy è sempre stato un progetto che ha subito un’evidente mancanza d’amore”. Fin da principio, l’attuale proprietà si è resa conto che i 69 ettari di vigneti e i 77 ettari di aree boschive protette che si affacciano sulle isole d’Oro della Costa Azzurra rappresentano un ecosistema davvero unico nel suo genere. Gli investimenti per preservare la biodiversità della tenuta hanno rappresentato, così, parte integrante della creazione del portfolio vini. “Con Château Galoupet abbiamo scelto di andare a costruire la nostra propria storia. Non abbiamo dei codici prestabiliti da seguire: siamo partiti da zero in ogni tappa del percorso, dalla terra al calice”. 

Un cammino fondato sull’idea di realizzare un grande vino di Provenza rispettoso al massimo dell’ambiente. “E nel rispondere a questa domanda”, sottolinea Jessica Julmy, “la scoperta che abbiamo fatto è stata che possiamo essere bio o diminuire il nostro utilizzo d’acqua, ma quel che resta è che il 40% dell’impronta carbonica di una cantina è rappresentata dal packaging. Dunque, se non s’interviene in quest’area con soluzioni all’avanguardia, si distrugge quanto fatto nei passaggi precedenti della filiera”. 

Château Galoupet, la Provenza in bottiglia (di plastica PET) di Moët Hennessy. Le novità Cru Classé Rosé 2021 e Galoupet Nomade 2021.
(Ph. Margot Mchn)

Le novità Château Galoupet Cru Classé Rosé 2021 e Galoupet Nomade 2021

“Per il nostro Cru Classé Rosé abbiamo voluto fare un grande vino capace di evolvere nel tempo”, spiegaa sottolinea Jessica Julmy. “Dunque, in questo caso il vetro rimane ancora il più nobile e il più giusto dei materiali per la conservazione del prodotto. Ma attenzione: abbiamo lavorato con la vetreria per alleggerire il peso della bottiglia e abbiamo scelto un vetro ambrato di 499 grammi, che integra naturalmente il 70% di materia prima riciclata. Ma se è stupendo proporre un Cru Classé realizzato interamente con uve di proprietà del Domaine, il mio impatto in termini di sostenibilità rimane trascurabile se non tendo la mano ai vigneron. E questo principio ha dato forma a Galoupet Nomade, un secondo vino che nasce innanzitutto da uve conferite”. 

Un secondo Rosé di Provenza, dove per non si è ricercato un vino che si prestasse alla lunga conservazione. 

“Così è nata la riflessione su quale, tra le tante opzioni a disposizione, potesse essere la migliore soluzione in termini di packaging per diminuire ancora più l’impatto ambientale”, evidenzia la managing director di Château Galoupet. “Perché utilizzare il vetro, che pesa 10 volte di più, quando abbiamo a disposizione una bottiglia brevettata di solo 63 grammi, la prima di forma piatta realizzata in PET da materia prima riciclata Prevented Ocean Plastic raccolta nelle zone costiere a rischio di inquinamento plastico. Anche a livello di pallettizzazione si tratta di un’idea sensazionale”. 

All’interno della bottiglia troviamo un Côtes de Provence Aoc, “un blend di Grenache con Cinsaul, Mourvèdre e Rolle”, riprende Jessica Julmy. “Nel Cru Classé, con cui non arriveremo a pieno regime produttivo se non attorno al 2034 per svilupparne la qualità in maniera adeguata, ritroviamo ancora le uve Grenache, ma poi abbiamo lavorato molto con il Tibouren, un vitigno della Provenza che abbiamo deciso di valorizzare, Syrah e Rolle, vinificati in maniera differente rispetto a quanto fatto in Galoupet Nomade”. 

Resta, però, il grande tema: il consumatore è pronto a una proposta così estrema in termini di packaging? “Se la soluzione che abbiamo scelto per Galoupet Nomade è la migliore? Non abbiamo sufficienti elementi per rispondere oggi. Può esserci una soluzione migliore? Chi ha un’idea a riguardo, si faccia avanti. La bottiglia di plastica può risultare culturalmente una scelta inconsueta in Paesi dalla tradizione vitivinicola molto forte alle spalle, come la Francia e l’Italia, ma non lo è assolutamente in altri contesti di mercato, come il Regno Unito o la Scandinavia, che neanche si pongono il problema se parliamo di un formato diverso dal vetro nel vino. Ma è necessario che il mondo del vino s’interroghi sull’argomento. E lo stesso vale per un altro tema scottante: il tappo a vite. È ora che il settore affronti questa conversazione e, poi, il tempo ci dirà”. Château Galoupet la sua scelta sostenibile l’ha già fatta.

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