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“Perché il Vermentino di Maremma diventa Superiore e cosa serve per fare vini bianchi importanti in Italia”

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Vermentino, anche Superiore, Ciliegiolo e tante sorprese ancora. E poi i consumi che cambiano e la voglia di accendere i riflettori su un territorio unico nella sua variopinta conformazione che vuole prendersi le luci della ribalta. Parliamo di Maremma Toscana, Doc dell’Italia del vino oggi più che mai in salute. Lo dicono le performance, ma soprattutto una visione chiara di quello che vuole esserne il futuro testimoniata dalla scelta del Consorzio di “codificare” con il Superiore un volto sempre più di successo quando si parla di Vermentino. Una dichiarazione d’intenti e una volontà di posizionarsi a un livello sempre più alto, dando seguito alla vocazione di un vino gastronomico che ben sposa la tavola, a ogni latitudine e livello. Con Francesco Mazzei, presidente del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana, ci siamo confrontati su quello che è il presente e il domani di una delle terre più vocate tra i vini bianchi in Italia.

Vermentino Superiore: che step vuole fare la Doc Maremma Toscana questa novità?

È una scelta di cui mi assumo la paternità, in quanto l’ho voluta molto. Da sempre, infatti, credo fortemente che le Denominazioni si affermino laddove vi siano picchi riconosciuti di qualità. Ed è evidente come la Maremma abbia una vocazione chiara per il Vermentino sotto varie sfaccettature. 

Siamo un territorio ampio, un’area molto diversificata se guardiamo il profilo pedologico, tra colline metallifere, zone argillose, tufo, sabbia e suoli vulcanici. Con un denominatore comune dettato da un Vermentino che risponde molto bene davanti alla diversità, anche sostenuto dalla benefica influenza della prossimità del mare, con le sue brezze.

È all’interno di questo mosaico che prendono forma tanti buoni Vermentino con una buona capacità ad invecchiare, vini che già presentano una sostanziale complessità, identità varietale e territoriale oltre al potenziale in termini di longevità. Così, abbiamo pensato fosse arrivato il momento di dare vita a una categoria che li riunisse e stimolasse l’upgrade dell’intera Denominazione.

“Perché il Vermentino diventa Superiore e cosa serve per fare vini bianchi importanti in Italia”: parla Filippo Mazzei, Doc Maremma Toscana.

Qual è oggi il percepito del Vermentino da parte del consumatore?

Oggi il Vermentino è un vino considerato “cool” a livello mondiale, ma nel mondo del vino il rischio che la parabola possa invertire la rotta è sempre dietro l’angolo. 

Dunque, occorre creare un’offerta capace di offrire un valore aggiunto alla Doc per imporsi oltre le mode. Dobbiamo costruire per bene, dalle fondamenta al tetto, la casa del Vermentino di Maremma, affinché la Denominazione si affermi sempre più.

Il Superiore, dunque, per noi è un vero must, una necessità assoluta per sostenere l’obiettivo di fare nostra la paternità del Vermentino continentale, cui la Maremma per vocazione può e deve ambire.

A tal proposito, un interessante input in questi anni è giunto dai risultati del Vermentino Grand Prix, che nelle ultime edizioni ha premiato sempre più etichette dal profilo più strutturato: quanto ha influito sul condurvi sulla strada del Superiore?

È proprio quello che ci ha dato la spinta a riflettere con ancora più attenzione rispetto a questa svolta. 

Il fatto che la giuria di esperti abbia privilegiato i Vermentino di annate non correnti ha imposto a ricercare la ragione dietro la scelta. E la risposta è semplice: quella di un vitigno in bianco che, alla stregua di un rosso, occorre concepire e pensare da bere non per forza nel futuro immediato.

E ormai sta diventando quasi plebiscitaria questa constatazione che si è andata imponendosi nel corso degli ultimi anni, come dimostrano i risultati del Vermentino Grand Prix. 

Una conferma per noi, in Consorzio, della bontà della strada intrapresa con la creazione della categoria del Vermentino Superiore.

“Perché il Vermentino diventa Superiore e cosa serve per fare vini bianchi importanti in Italia”: parla Filippo Mazzei, Doc Maremma Toscana.

A livello internazionale, qual è oggi la reputazione del Vermentino tricolore fuori dall’Italia?

Al momento, su scala internazionale, il Vermentino è in una fase di vero e proprio boom. Soprattutto se guardiamo all’ambito gastronomico e al mondo della ristorazione. 

D’altronde, parliamo di un vitigno che ben si abbina a tanti piatti ed è fenomenale il riscontro che stiamo avendo in giro per il mondo. 

C’è un dettaglio che ci deve fare riflettere: si pensi che in Francia hanno combattuto una vera battaglia, che per ora hanno perso, per poter sostituire la dicitura Rollo con Vermentino. Penso dica tanto se non tutto… 

In questa storia, quel che è da sottolineare è che se chi produce alcuni dei migliori vini bianchi al mondo vedono nel Vermentino un fenomeno che li sta distaccando, sfuggendogli di mano, è assolutamente un buon segnale per la salute della nostra produzione e della Denominazione.

Ma più in generale, si sta andando verso una riscoperta della longevità e del valore dei vini bianchi italiani?

Sui vini bianchi vale il medesimo discorso che si potrebbe fare per i rosé: da quando in Italia si è dato spazio a progetti e produzioni che hanno scommesso sul valore, allora si è imposta una nouvelle vague che sta ridando dignità alle due categorie. 

Prima, spesso a mancare erano i vini buoni in queste tipologie. In Italia, bisogna entrare nell’ordine di idee che un bianco, come un rosé, ha la medesima dignità di vino quanto lo ha un rosso. E scommettere su quelle varietà che presentano il maggiore potenziale, pensando a produzioni come se stessimo parlando di grandi rossi. 

Per vini bianchi importanti, occorre dare forma a progetti che escano dalle logiche stagionali e far comprendere che se si beve una determinata bottiglia dopo un arco temporale più lungo diventa semplicemente più buona. 

“Perché il Vermentino diventa Superiore e cosa serve per fare vini bianchi importanti in Italia”: parla Filippo Mazzei, Doc Maremma Toscana.

Oggi, in Italia, il Vermentino è sempre più diffuso: si potrebbero creare nuove sinergie tra i diversi universi enologici tricolore che danno vita a produzioni di qualità?

Le sinergie nascono automatiche quando si lavora tutti bene. L’importante oggi è che il Vermentino non vada in una direzione opposta a quella in cui si deve dirigere. Bisogna evitare la deriva dei grandi volumi e dei bassi prezzi con un’invasione degli scaffali in canali come quello della Grande distribuzione. 

Si deve creare valore. E fortunatamente in Maremma stiamo operando in quella direzione anche per rese e tempistiche di uscita delle annate.

Oggi il Vermentino è per noi il drive di crescita che ci consente di creare attenzione sulla Maremma Toscana e potenziare l’immagine della Denominazione. 

Siamo al momento uno dei bianchi più dinamici di Toscana e abbiamo tutte le carte in regola per imporci. 

Il Ciliegiolo, l’altra anima della Maremma Toscana, come sta?

In realtà le anime sono molte e tutte di valore. Ad esempio, c’è l’Ansonica che rappresenta un altro vitigno dal buon potenziale, pur essendo una nicchia. Sui rossi, a mio avviso abbiamo buoni riscontri, senza voler fare paralleli con Bolgheri, dai blend internazionali, in Maremma più balsamici. E poi c’è un outsider in ottimo spolvero come il Ciliegiolo

Il mondo di chi beve vino va sempre più verso un target premium: si va verso un minor consumo ma migliore. Quindi, alzando il tiro, bisogna sposare con strategie ben mirate questi trend. 

Occorre guardare in alto, perché poi quello trainerà tutto il resto nella costruzione di un edificio fatto sempre meglio. 

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