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“Lo Champagne rende tutto possibile”: a tu per tu con Jean-Marc Gallot, presidente di Veuve Clicquot

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Fondata a Reims nel 1772, Veuve Clicquot è da sempre un simbolo della Champagne. Un vero e proprio mito forgiato in origine da quella Madame Clicquot che, divenuta vedova, nel 1805 assunse le redini della Maison, tra le prime imprenditrici dell’era moderna. “La Grande Dame de la Champagne” avrebbe poi lasciato dietro sé un’eredità fatta di grandi innovazioni capaci di portare una rivoluzione nell’universo delle bollicine più amata al mondo, dalla prima table de remuage al Millesimato, passando per il Rosé per assemblaggio. Oggi, da poco tagliato il traguardo dei suoi primi 250 anni, la Maison prosegue lungo il cammino tracciato, scegliendo audacia e ottimismo quali capisaldi del quotidiano agire. In occasione del lancio in Italia della nuova annata della sua Cuvée de Prestige, La Grande Dame 2015 x Paola Paronetto, abbiamo intervistato Jean-Marc Gallot, da quasi un decennio presidente di Veuve Clicquot, a cui abbiamo domandato il suo pensiero sullo Champagne oggi, tra mercato e innovazione nella bollicina più amata al mondo.

Oggi, lo Champagne è ancora solo un vino o è qualcosa d’altro, di più?

Lo Champagne è qualcosa che racchiude in sé proprio tutto, che può far vivere un’esperienza intera già nel semplice gesto di versarsi un calice.

Ci sono studi che sostengono che all’interno di ciascun bicchiere sono racchiuse 9 milioni di bollicine, che rappresentano, a mio avviso, nient’altro che altrettante possibilità.

Innanzitutto, quella di godere di una straordinaria esperienza enologica. Poi – ed è ciò che in Veuve Clicquot privilegiamo maggiormente – consente di affrontare la vita con una dose supplementare di ottimismo, rendendo realmente tutto possibile.

Ritengo, in definitiva, che lo Champagne sia proprio questo: qualcosa che rende tutto possibile. Ed è, in fondo, esattamente quello che insegna la storia stessa de La Grande Dame: è un appello all’ottimismo.

Ph. Yayoi Kusama

Dopo quasi 10 anni in Veuve Clicquot, come ha visto Jean-Marc Gallot cambiare il mercato dello Champagne?

Veuve Clicquot è solo uno dei molti attori che popolano la Champagne, ma siamo anche un caso molto particolare. Siamo diversi, nel senso che rappresentiamo una Maison con una storia singolare, ampiamente nota tutti: quella di Madame Clicquot, rimasta vedova nel 1805 e prima donna a capo di un’impresa in Francia. E poi l’audacia e l’innovazione delle sue tante invenzioni, dal primo Champagne Millesimato al Rosé per assemblaggio e tanto altro ancora.

Noi siamo figli di questa audacia e determinazione. Ed è proprio da questa speciale combinazione che è sempre nato nel mercato dello Champagne ogni cambiamento.

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.
Ph. Romain Laprade

Penso, a tal pro­posito, a un caso che riguarda proprio l’Italia. Quattro anni fa, ci siamo confrontati sulla necessità di essere maggiormente presenti sulle tavole della cucina tradizionale italiana e abbiamo deciso d’indirizzarci alla ristorazione più informale, coinvolgendo nuovi clienti non abituati ad avere in carta e vendere Champagne. Abbiamo scelto di osare, anche davanti a tante reazioni che ci dicevano che non avrebbe mai funzionato. Invece, la storia ha insegnato ancora una volta che lo Champagne ha quella allure unica, un tono e un portamento che nessun altro vino possiede, capace di conquistare chiunque strappandogli un sorriso. Ed è proprio quel che è successo.

Nella vita professionale, cosa ha insegnato lo Champagne a Jean-Marc Gallot?

La mia esperienza in Champagne riassume un po’ tutta quella che è stata la mia carriera professionale. Perché lo Champagne insegna la pazienza: non bisogna fargli fretta e occorre fare le cose per bene. Il vino resta infatti in bottiglia per anni e prima che sia bevuto possono passare anche decenni.

Per questo ritengo che lo Champagne insegni a riflettere sul valore del tempo in maniera straordinaria. Soprattutto se lo si confronta con altri settori, come quello della moda o dei gioielli, che vivono di mutamenti e novità da una stagione con l’altra.

Noi, all’opposto, dobbiamo essere bravi a lasciare spazio al tempo che passa, senza far pressione.

Ed è un insegnamento che, a 58 anni, ti fa capire l’importanza di compiere un passo indietro per osservare il lavoro in prospettiva: abbiamo da poco celebrato i 250 anni della Maison, un traguardo che ci ha posto ancora una volta innanzi all’evidenza che di tempo a disposizione ne abbiamo e che dobbiamo essere capaci di ragionare con calma per dare forma alle cose secondo il ritmo di cui necessitano e gustarci il piacere di ogni creazione.

Lei è a capo di una delle Maison più grandi anche in termini di volumi, ma quando si produce vino, come si risponde a chi vive il pregiudizio dei numeri?

Ogni Maison in Champagne vive di piccole produzioni dalle quantità limitate, come può essere il caso per noi della Cuvée de Prestige La Grande Dame, e di grandi volumi, come per esempio per Yellow Label, uno dei Brut più venduti al mondo. Ma quel che realmente poi conta è il lavoro dello Chef de Caves, che ha la responsabilità di donare una costanza unica di stile e gusto alle etichette che vanno sul mercato in grandi quantità.

E in questo, a guidarci noi abbiamo un principio fondativo ben chiaro che ci è stato lasciato in eredità dalla stessa Madame Clicquot: “una sola qualità, la migliore”.

Questo significa innanzitutto che in Veuve Clicquot non facciamo mai compromessi su nulla. Secondo aspetto decisivo è quello che in Champagne abbiamo una ricetta molto particolare quando si parla di Sans Année, che prevede l’utilizzo di vini d’annata ma anche di vin de réserve. E sotto questo aspetto, Veuve Clicquot è in grado di sfruttare nella creazione dello Yellow Label oggi sul mercato una collezione di vini che vanno indietro fino al 1988.

E la parte di vin de réserve nel nostro Champagne Brut arriva fino al 45% della Cuvée. Tutto questo ci assicura che, grazie al giusto bilanciamento, sia possibile garantire la qualità costante in ciascuna delle nostre produzioni che presentiamo ogni anno sul mercato.

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.

Parlando proprio di mercato: ci sarà abbastanza Champagne per i prossimi due anni davanti al boom di richiesta?

Non ci si deve preoccupare, perché il mercato presto troverà il giusto bilanciamento rispetto a quella che è stata la generale impennata dei consumi.

La ragione di questo cambio di passo è una ed essenziale: prima del Covid, in particolare nel mondo anglosassone, vi era una spiccata abitudine a consumare Champagne esclusivamente in bar, ristoranti ed hotel. La pandemia ha mutato le abitudini, sviluppando i consumi anche in ambito casalingo.

Alla riapertura dell’Horeca, la voglia di uscire ha portato alla ripresa delle vendite di Champagne nel fuori casa, ma al contempo i consumi in ambito domestico non sono diminuiti. E questo ha condotto all’attuale domanda mondiale straordinaria per lo Champagne.

Ma è necessario resistere davanti alla richiesta di più prodotto del disponibile per evitare di dover scendere a compromessi sulla qualità. Stiamo vivendo un frangente eccezionale, dove la domanda eccede l’offerta, ma a questo si deve rispondere andando a profilare con ancora più qualità i buoni clienti e quegli sbocchi di mercato che maggiormente valorizzano il prodotto.

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.
Ph. Romain Laprade

Cosa significa essere sostenibile per Jean-Marc Gallot e per Veuve Clicquot?

Innanzitutto, dico che per essere sostenibili non bisogna per forza essere bio. Il suolo della Champagne, infatti, ha la Craie che lo caratterizza, con tutti i pregi e i difetti che ne derivano. Questo strato agisce, infatti, come una spugna, assorbendo acqua ed umidità. Un elemento che, ad esempio, ha consentito di avere un’ottima vendemmia lo scorso anno per quantità e qualità, nonostante la grande siccità.

Per Veuve Clicquot, l’impegno sostenibile passa innazitutto dall’obiettivo di preservare il terreno che rende unica la Champagne, facendo sì che meno sostanze possibili vi finiscano all’interno. Per questo siamo stati la prima Maison ad aver dismesso l’utilizzo di erbicidi in vigna, con l’impegno di arrivare al 2030 allo stesso risultato anche per tutti i nostri partner conferitori.

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.

Non impoverire il suolo per rispettarlo: questo è il nostro primo dovere. Il nostro secondo impegno in termini di sostenibilità è che tutto quel che riguarda il nostro marchio deve essere realizzato con materiali duraturi e riciclabili, nel rispetto di un’impronta ecologica che sia in linea con la salvaguardia del pianeta.

E poi, siamo una realtà che preferisce agire, piuttosto che rilasciare dichiarazioni pubbliche sul soggetto. Perché penso che uno dei grandi problemi quando si parla di sostenibilità è che in troppi sono quelli che parlano, ma poi non fanno granché. Noi, sull’argomento, abbiamo decisamente un approccio totalmente opposto a quest’ultimo.

Nello Champagne, l’innovazione passa solo dall’immagine e dal marketing per una grande Maison?

L’innovazione in Champagne passa per due direttrici: dentro la bottiglia e attorno ad essa. Come ha dimostrato anche l’ultima creazione La Grande Dame 2015 x Paola Paronetto e le installazioni ad essa collegate, Veuve Clicquot non smette mai d’innovare all’insegna di un approccio solare e colorato.

Per noi innovazione significa anche sorprendere clienti e consumatori con ciò che veste la bottiglia e gli ruota attorno. Per quanto riguarda, invece, la possibilità d’innovare all’interno della bottiglia, ci abbiamo provato a più riprese: a volte funziona, altre no.

Quanto è sicuro è che nulla sostituirà lo Yellow Label e il Rosé, La Grande Dame e la sua versione in rosa, proprio come i Vintage. Poi, però, col tempo è arrivato Rich, lo Champagne da servire con ghiaccio, perché i più giovani lo domandavano. Si tratta di un nuovo segmento che si è affacciato in Champagne, proprio come un’altra recente innovazione: l’Extra Brut Extra Old.

Ma alla fine della giornata, ritengo che siano quegli Champagne che sono lì da decenni, se non secoli, il futuro principale della Maison e il miglior esempio d’innovazione riuscita. 

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.

Quanto vale l’Italia per Veuve Clicquot e qual è il cliente in cui vi identificate?

Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto sul nostro presidio del mercato italiano, andando a indirizzarci con sempre maggiore attenzione alle enoteche e ai locali capaci di valorizzare i nostri prodotti, piuttosto che scegliere di crescere nel canale della grande distribuzione.

Il futuro passa in primo luogo dal trovare nuovi modi per parlare ancor più direttamente al consumatore finale, sfruttando tutti gli strumenti a disposizione, online e offline, per far comprendere a neofiti e appassionati italiani perché debbano scegliere di avere nel calice dello Champagne e non un’altra bollicina.

Il secondo target sono le enoteche, che in Italia compongono una rete diffusa e davvero magica per chi è impegnato a diffondere qualità: personalmente adoro la passione e la competenza degli enotecari italiani, che traspare perfettamente dai loro negozi, in cui ci si addentra come se si fosse protagonisti di una vera caccia al tesoro. E dico che Veuve Clicquot deve molto a loro in quella che è stata la costruzione in Italia della nostra forte identità di brand.

Infine, come spiegavo prima rispetto al progetto legato alle trattorie, ancora abbiamo davanti grandi margini di crescita nella ricerca per location partner di qualità, tra wine bar, ristoranti e hotel, che possano valorizzare i nostri prodotti con il loro lavoro e la loro expertise.

Lo Champagne rende tutto possibile: a tu per tu con il presidente di Veuve Clicquot Jean-Marc Gallot su La Grande Dame 2015 e il mercato.

Ma Jean-Marc Gallot, cosa beve quando non ha nel calice dello Champagne?

Confesso che ho cominciato in maniera molto tradizionale, come ogni buon francese: ovvero bevendo Bordeaux. Dunque, sono sempre rimasto attaccato a questa formazione “classica”.

Poi, però, in Francia si dice che quando s’inizia a invecchiare ci si dirige verso est: recentemente bevo con grande piacere Pinot Noir, come i Gevrey-Chambertin di Borgogna. E da qualche anno, devo ammettere che ho cominciato ad adorare e bere i Supertuscan.    

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