Una storia di Champagne che si è sviluppata dal 1825 a oggi, testimone passato lungo il corso di sei generazioni dai componenti della famiglia che ha dato vita alla sola Maison che ha sede oggi a Châlons-en-Champagne. La bollicina francese più amata dalla Regina Vittoria e dal figlio Edoardo VII, tanto da ricevere il “royal” stamp e diventare fornitore ufficiale della casa reale inglese fin dal 1889. La scelta di celebrità, da Joséphine Baker a Jacques Chirac, e momenti che hanno fatto la storia, come il viaggio inaugurale British Airways del Concorde tra Londra e New York nel 1976. Un’eredità preziosa, dal 2019 nelle mani di Benjamin Fourmon, che ha accolto dal padre Jean-Claude la sfida di perpetuare un racconto d’eccellenza, innovandolo: il presidente e ceo della Maison Joseph Perrier ci racconta come.

Qual è la sfida più grande nel dover portare avanti il testimone di un’eredità di quasi 200 anni?
Io mi considero innanzitutto un “traghettatore” rispetto all’eredità ricevuta. È sempre molto complicato giungere alla guida di una Maison famigliare, perché ci si fa carico di tutta la tradizione alle spalle e si riparte daccapo in un punto fissato nel tempo. Dunque, la mia “ossessione” oggi è di comprendere come potrò lasciare al meglio questo prezioso patrimonio ai miei figli e nipoti nel futuro.


Questa prospettiva, nel lavoro quotidiano, ti dona una forza supplementare per fare ogni giorno ancora meglio, andare ancora più lontano e ampliare gli orizzonti della Maison. Fortunatamente in questo impegno non sono solo, ma circondato da una splendida equipe che supporta il mio sforzo e contribuisce a tenere vivo e perpetuare un heritage che, così, da pesante come potrebbe apparire si trasforma in vero e proprio “atout” per una realtà come la nostra, che alle spalle vanta quasi 200 anni di savoir-faire.
È una carta vincente, quest’ultima, che nel periodo del Covid-19 ci è servita molto per porre tutto quel che accadeva nella giusta prospettiva: in fondo, avevamo oltrepassato Guerre Mondiali, la crisi petrolifera e il conflitto nel Golfo, il crack finanziario del 2008 e tanto altro ancora. E così, in momenti di estrema difficolta, com’è stato il 2020, ti rendi conto di quanto solide siano le radici della Maison.
Dopo aver assunto la guida della Maison, nel 2019, qual è il personale contribuito aggiunto all’eredità ricevuta da Benjamin Fourmon?
Il primo cambiamento che è occorso è visibile proprio a tutti e si tratta dell’apertura ai visitatori della nostra Maison, con un’offerta e percorsi dedicati in cantina. L’idea era proprio quella di riaprire le porte della nostra realtà agli appassionati di Champagne, modernizzandoci ma salvaguardando la nostra autenticità.
Questo è stato il primo progetto, ma ce ne sono tanti altri pronti per il futuro, a partire dalle iniziative per il Bicentenario. E poi, ci sono tante riflessioni in corso su nuove produzioni, l’idea di un nuovo centro di vinificazione, ma anche di un progetto d’accoglienza con delle camere per gli ospiti. Chiaramente questa non può che essere una visione sul lungo termine: si tratta di dotarsi di nuovi strumenti per accrescere la fama e la qualità dei nostri vini.

Oggi, quella dello Champagne sembra una corsa inarrestabile: è così?
Bisogna fare attenzione e non cadere nella tentazione di pensare che il successo dello Champagne sia sempre qualcosa di lineare: abbiamo avuto una grande performance nel 2021, siamo stati molto contenti dei risultati del 2022, mentre nel 2023 la congiuntura economica è senza dubbio più complicata.
Quel che voglio sottolineare è che, per quel che ci riguarda, abbiamo fatto riforme strutturali importanti per fare in modo di progredire, ma occorre non fermarsi mai nell’impegno di continuare a comunicare il messaggio dell’unicità dello Champagne e della Champagne, a cui ovviamente noi aggiungiamo quello dell’eccezionalità di Joseph Perrier.

Ma per lei cos’è lo Champagne?
“Art de vivre”: momenti di convivialità e di condivisione. Storicamente una bottiglia di Champagne si è sempre aperta in tutto il mondo per celebrare qualcosa, ma oggi quel che si nota è una costante crescita del numero di appassionati di vino.
Il pubblico è cambiato: sempre più, ora, una bottiglia è aperta per il piacere della scoperta, più che soltanto per un momento di festa. Quindi, esistono due mondi che sussistono uno a fianco all’altro: da un lato la celebrazione, il ritrovarsi, la condivisione in famiglia o con gli amici, che rappresentano il DNA dello Champagne; dall’altro lato, è nata la categoria degli appassionati, sempre più curiosi e attenti al particolare.
Dunque, l’universo dello Champagne ha il dovere di progredire in maniera da soddisfare il proprio pubblico e confermarsi il re tra i vini.
Che cos’è oggi innovazione in Champagne per Benjamin Fourmon?
Oggi c’è ancora tanto spazio per innovare in Champagne, ma l’innovazione può passare su piani diversi.
Penso innanzitutto a una Maison come la nostra: in Joseph Perrier può significare assaggiare ancora più uve di prima per scoprire nuove sfumature della ricchezza del terroir champenoise.
Ci sono 200 km tra le vigne a Nord e quelle a Sud della Champagne: questo significa che, ad esempio, prendendo del Pinot Noir, possiamo partire dal parlare di tipologie differenti di cloni, portainnesti diversi e così via, fino a renderci conto concretamente, assaggiando gli acini, che quello a Nord di Reims non è lo stesso frutto di quello di Les Riceys, perché il terroir cambia anche se la Denominazione è la medesima.
L’innovazione, dunque, si muove anche attraverso un accrescimento della qualità, che passa da quelli che sono gli approvvigionamenti delle uve e il rapporto che instauri con i tuoi conferitori, indipendentemente da quello che può essere poi il generale progresso dettato dagli interventi “istituzionali” del Comité Champagne su nuovi portainnesti, vitigni, metodi di vinificazione. Penso al fatto che fino a 15 anni fa nessuno lavorava i suoli in vigna o che le certificazioni non erano considerate poi così importanti.
Oggi si assiste a un vero e proprio cambio di passo e di filosofia nella “nuova generazione” di vigneron e produttori in Champagne, ma anche tra négociant e proprietari di Maison.
Esiste uno Champagne che Joseph Perrier ancora non ha pensato, ma le piacerebbe produrre?
Il vero problema è che siamo pieni di idee, ma poi con lo Champagne occorre prendersi il tempo necessario per dare loro forma, passo dopo passo, senza affrettare il cammino. Quello che posso dire è che si assisterà, nel prossimo triennio, a tanti step in termini d’innovazione per quel che riguarda la nostra Maison.
Mi riferisco a un alto di gamma e può darsi anche un paio di parcellari da terreni che riteniamo molto interessanti per questo. E ancora: magari un Meunier o dello Chardonnay. Di certo, ci sono novità in arrivo. E sotto questo punto di vista, non ci possiamo definire specialisti di questo o di quel vitigno, come di un terroir rispetto ad un altro: abbiamo, di anno in anno, uve di sempre migliore qualità, frutto di un modo differente di lavorare rispetto al passato. Di quello che poi porterà in bottiglia, ne parleremo tra qualche anno.

Ma quando Benjamin Fourmon non beve Champagne, che bottiglie apre?
Bisogna innanzitutto dire che quando in Champagne abbiamo qualcosa da festeggiare non beviamo Champagne (sorride, ndr).
A parte gli scherzi, personalmente amo molto i bianchi di Borgogna e ho la fortuna di avere qualche buon amico vigneron laggiù che fa dei grandi Chardonnay. Poi nella mia cantina c’è tanto Bordeaux e Côte du Rhône. E ancora, se penso all’Italia mi piace molto il Brunello.
Però, in fondo al cuore, sono molto francese nelle mie scelte sui vini in tavola: un buon Borgogna per aprire, del Côte du Rhône in abbinamento al piatto principale, un gran Bordeaux con i formaggi.
E l’Italia quanto è importante per Joseph Perrier?
È un mercato in crescita, dove attualmente sviluppiamo un giro d’affari attorno al milione di euro in termini di spedizioni.
L’Italia è un Paese chiave in cui vogliamo incrementare il nostro presidio e l’immagine della Maison, dinamizzandola.
C’è ancora molto da fare, ma è un mercato magnifico e maturo, perché composto da tanti appassionati che conoscono bene lo Champagne e che s’interessano ai dettagli delle molte proposte che sono espressioni di specifici terroir. E poi in Italia si prediligono soprattutto le grandi cuvée, forse perché come Paese produttore di grandi spumanti desiderate assaggiare soltanto il meglio.
Qual è l’abbinamento perfetto con un piatto italiano per lo Champagne Joseph Perrier?
La risposta più facile: funziona magnificamente l’abbinamento tra un Parmigiano Reggiano invecchiato e un grande Champagne con qualche anno alle spalle.
La risposta più personale e che preferisco: tutti i venerdì, a casa, io e mia moglie ci concediamo una serata pizza e Champagne.