Quando si parla di vino di Sicilia, la mente non può che andare al Nero d’Avola. Il re tra le produzioni enoiche del’Isola è vitigno dalle mille sfumature, che mutano a seconda dei territori in cui è coltivato. Non a caso, quando si fa riferimento alla Sicilia in bottiglia, si racconta di quello che è un vero e proprio “continente”. Ma cosa rende differente ogni declinazione e terroir? Lo abbiamo scoperto in occasione di due masterclass promosse a Sciacca dal Consorzio di Tutela Vini Sicilia Doc: la prima volta ad indagare le differenze nel calice a seconda del profilo territoriale in cui il vino prendeva forma, la seconda finalizzata a coglierne la longevità in bottiglia. Ed ecco cosa abbiamo capito.
I numeri del Nero d’Avola e dove trovarlo nel “continente” Sicilia
Occorre sempre iniziare dai numeri. Il Nero d’Avola, come detto, si coltiva in tutto quello che è il “continente” Sicilia. Con il vitigno che, tra 2017 e 2022, ha visto un vero e proprio boom in termini d’imbottigliamento rivendicato a Denominazione: dalle 8.021.071 bottiglie si è giunti a quota 43.406.846.
Gli ettari di superfici coltivati a Nero d’Avola sono, invece rimasti pressoché stabili, con un incremento fisiologico che ha visto passare da 14.259,00 ettari a 15.387,36 tra 2000 e 2021. Oggi, quelli rivendicati a Doc Sicilia sono 8.620,05.

Poi lo sguardo si volge alle differenti sfumature: con le provincie di Agrigento, Trapani e Caltanisetta a caratterizzarsi oggi quali primi luoghi d’elezione per il Nero d’Avola in Sicilia.
La diffusione del vitigno porta a individuare quattro macroaree: Occidentale (Agrigento, Trapani, parte di Caltanissetta e la maggior parte di Palermo), Centrale (Enna e Palermo), Sud (Caltanissetta, Catania, Ragusa e Siracusa) e Nordorientale (Messina).
A questa suddivisione corrisponde un bouquet avvolgente e un corredo organolettico che varia:
- A occidente, sono più note floreali di viola e frutta rossa a imporsi.
- Al centro, a dominare è ciliegia e amarena.
- In terreni più argillosi e zona nordorientali, spiccano frutta nera, mora e gelso.
Poi, in merito al Nero d’Avola, da aggiungere sono alcune peculiarità che indicano come risulti un vitigno perfetto per aree calde, con la sua buona resistenza alla siccità e la sua avversità all’umidità. Ma da evidenziare è anche come, una volta vinificato, più invecchia, più sviluppa note balsamiche.
Diverse facce di uno stesso vitigno, ora anche spumante
“Il Nero d’Avola è un prodotto che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell’isola”, spiega Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, “e sta senza dubbio fornendo un contributo prezioso nel far conoscere sempre di più la Sicilia nel mondo con le sue eccellenze”.

Dalla liquirizia al tabacco fino al peperoncino, sentori di spezie e ciliegie, colore rubino più o meno intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei o granati: vitigno dal carattere impetuoso e attraente, ma che al contempo si lascia addomesticare, il Nero d’Avola è plastico nelle sue manifestazioni, si rinnova a seconda delle esigenze del consumatore, stando al passo ad ogni tempo.
Ed è proprio questo che le due masterclass promosse dal Consorzio di Tutela Vini Sicilia Doc hanno voluto svelare: la perfetta abbinabilità di un vino che è capace di spaziare, tra l’esuberante “gioventù” e la riflessiva “vecchiaia”, mostrando volti differenti di un carattere che è in grado di adattarsi a occasione diverse in tavola.
A seconda della sua età, il Nero D’Avola Doc Sicilia, infatti, riesce ad accostarsi con gradevolezza a pietanze a base di pesce o carne, accompagnando i commensali dall’aperitivo, fino alla celebrazione del pasto con una portata maestosa, dai ricettari di cucina tipica locale fino a quella di taglio internazionale. È così che il vitigno che è re tra quelli di Sicilia, si scopre perfetto sia con un involtino di pesce spada alla messinese, sia laddove affiancato a un pollo al curry o piatti della cucina spagnola.
Per un vino talmente versatile che, oggi, troviamo in interpretazioni un tempo impensabili: come nel caso delle vinificazioni in bianco che conducono, una volta spumantizzate, sia a agili e golosi Charmat dal perlage fine, sia a strutturati Metodo Classico dal taglio gourmand, anche in versione Rosé.
Cosa rende unico nel calice il Nero d’Avola
Ma cosa rende unico nel calice il Nero d’Avola? Se un tempo si era abituati a versione più “importanti”, oggi il vitigno si riveste di una nuova veste, mantenendo intatta la sua intensità e complessità, oltre che i caratteristici profumi. Al palato, oggi, si distingue infatti tra le interpretazioni più giovani ed agili, che si presentano con il buon equilibrio tra la componente alcolica e quella acida, oltre che un impatto tannico mai aggressivo. Eppure, la versatilità di questo vitigno lo conduce anche a proporsi con una struttura più accentuata, in particolare nelle versioni Riserva, dove l’intensità accompagna una gradevole lunghezza gustativa e una percezione aromatica spiccata.
Tra i nostri assaggi in occasione delle due masterclass promosse dal Consorzio di Tutela Vini Sicilia Doc, rigorosamente alla cieca, a spiccare è stato un interessante confronto che ci ha condotto a riflettere sulla bellezza dell’evoluzione del Nero d’Avola nel tempo.
Tra le versioni più “fresche” a impressionarci è stato un prodotto della provincia di Trapani, che si è poi dimostrato essere il Nero d’Avola Naturalmente Bio 2021 Caruso & Minini, dall’equilibrio che si sviluppa in una leggerezza dove l’acidità s’integra magnificamente al frutto.
L’annata 2021 domanda ancora un po’ di tempo, ma si presenta con un taglio moderno che chiama a giocare con la temperatura di servizio, spingendo ad abbassare di qualche grado il grado del calice per abbinamenti anche delicati con piatti di pesce.

Guardando poi alla prospettiva, è stata curiosamente ancora una volta la medesima etichetta a catturare la nostra attenzione, in questo caso con l’annata 2019 che oggi si sviluppa in una magnifica sapidità che tende al cappero. Un profilo interessante, minerale, una bella acidità, secco il giusto. Il frutto si avverte connotandosi in una delicata susina.
Qui è stato fatto un gran bel lavoro in cantina, regalando freschezza a un Nero d’Avola che sfida una zona dove è il Grillo il vero protagonista dell’areale. Nel calice e al palato ritroviamo un’alcolicità che non infastidisce. In vigna si è protratta la maturazione delle uve fino al periodo più fresco della vendemmia. Bene l’utilizzo del legno nella vinificazione, che consente di giocare sulla temperatura di servizio. Può sperare in un’evoluzione positiva ancora per del tempo.
Un esempio, aldilà delle differenze di terroir che regalano un mosaico di proposte variegato nel calice, di quella che oggi è la forza del Nero d’Avola: la sua capacità di evolvere senza perdere la sua speciale connotazione e piacevolezza di beva.