Come anticipato, un punto centrale su cui insiste il Business Report firmato ProWein nella sua edizione 2021 è legato all’importanza della sostenibilità nell’industria del vino. L’attenzione sul tema rimane elevato nel settore e le parti coinvolte stanno implementando attivamente le misure volte a migliorarla.
E quanto emerge dalla fotografia scattata dallo studio commissionato da ProWein è di come, dal punto di vista del comparto, i requisiti legati alla viticoltura biologica certificata dovrebbero essere ulteriormente sviluppati in direzione della sostenibilità. La richiesta è per uno standard forte ed uniforme, nonché credibile, legato alla sostenibilità. Ma cosa altro evidenzia lo stato dell’arte tratteggiato?
Il costo del vino bio: un ostacolo alla sua diffusione
“Le prospettive future nel settore del vino e della ristorazione sono positive”, evidenzia l’analisi di ProWein sul tema sostenibilità, “ma purtroppo sono anche offuscate dalla scarsa disponibilità dei consumatori a pagare il prezzo di un vino biologico”.
La maggior parte dei rivenditori di vino (78%), albergatori (77%) e ristoratori (72%) ritiene che in futuro la produzione di vino biologico continuerà ad aumentare.
La fiducia è più alta tra i protagonisti del commercio in Scandinavia, Belgio, Lussemburgo, così come in Francia e Italia. Con alcuni di questi paesi che hanno anche constatato la domanda attiva dei consumatori per vino bio.
I rivenditori di vino nei Paesi Bassi, in Germania e nell’Est Europa, invece, segnalano una minore domanda e una mancanza di disponibilità dei consumatori a pagare per un vino biologico: sono, quindi, meno ottimisti sull’incremento del giro d’affari collegato alla tipolgia.
Per quanto riguarda la vendita al dettaglio, la riluttanza dei consumatori a pagare per il vino biologico ed i suoi costi di certificazione sono i motivi principali per rinunciare alla certificazione.

Ai viticoltori il biologico piace davvero?
Dal punto di vista dei viticoltori, il rischio economico e l’uso del rame per la protezione delle piante sono i due motivi principali che li allontanano dal bio. Nel complesso, solo la metà ritiene che una viticoltura redditizia vada di pari passo con un’impostazione ecologicamente sostenibile. In Spagna, l’approvazione è più alta con l’82%, mentre i viticoltori tedeschi, a causa della protezione delle piante spesso necessaria, sono i più critici con solo il 41%.
Ancora meno positivamente è valutata la sostenibilità economica della viticoltura biologica. Solo il 30% dei viticoltori tedeschi, il 40% dei viticoltori in Francia e in Italia e il 58% dei viticoltori in Spagna sono del parere che il bio sia economicamente sostenibile a lungo termine.
Una maggiore disponibilità a pagare il prezzo richiesto da parte dei consumatori rappresenterebbe un presupposto importante, soprattutto per coprire i maggiori costi della produzione in regioni viticole non ideali dal punto di vista climatico.

Sostenibilità ambientale: migliorare le regole
La stragrande maggioranza del settore chiede un ulteriore sviluppo della regolamentazione della viticoltura biologica, per allinearla al più ampio concetto di sostenibilità ambientale.
Questa domanda è condivisa equamente da tutti i paesi vitivinicoli, con 8 produttori su 10 che concordano sulla necessità di un ulteriore step.
Distribuzione e ristorazione hanno generalmente una visione un po’ meno dettagliata delle condizioni di produzione della viticoltura biologica. Tuttavia, non sono meno critici sulla questione della sua sostenibilità: 7 rappresentanti su 10 del commercio del vino e dell’ambito gastronomico domandano, infatti, un ulteriore sviluppo della viticoltura bio in quella direzione.
Sostenibilità economica al primo posto
“Nel settore vinicolo, la pandemia non ha sminuito l’importanza della sostenibilità”, evidenzia l’analisi di ProWein. “Ma è la sostenibilità economica l’aspetto ancora più importante”.
Nell’ultimo ProWein Business Report, all’inizio della pandemia, gli esperti del settore, temevano che le sfide poste dal Covid-19 avrebbero limitato gli sforzi del settore, verso la sostenibilità.
Fortunatamente questo non è stato confermato. Secondo il punto di vista del settore vinicolo, rispetto al 2019, la sostenibilità è ancora considerata importante. Dal punto di vista dell’industria vinicola, dei tre pilastri della sostenibilità, quello economico della sopravvivenza a lungo termine dell’azienda è oggi la dimensione più decisiva. Solo realtà economicamente solide e di successo possono, infatti, investire nella sostenibilità ecologica e sociale.
Certificazione di sostenibilità: Nuovo Mondo e Francia i campioni
In quanto concetto recente, la certificazione di sostenibilità non è ancora così diffusa come quello di viticoltura biologica.
A guidare sono Nuovo Mondo e Francia, dove circa la metà dei viticoltori che hanno partecipato all’indagine sono già certificati sostenibili.
In Spagna, Italia, Portogallo, Austria e Grecia, il 40-50% degli intervistati sta valutando la futura certificazione green. Tra le aziende e cooperative più grandi, un terzo delle cantine ha attualmente una certificazione sostenibile o è in fase di certificazione.
Il discorso cambia con le realtà di dimensioni più piccole. In Germania, dove hanno preso parte all’indagine anche molte imprese di taglia “minore”, la maggior parte delle aziende non riesce ancora a immaginare una certificazione sostenibile.
I viticoltori intervistati, hanno dichiarato di aver attuato soprattutto misure di sostenibilità ambientale. In totale, due terzi delle aziende vitivinicole intervistate hanno ridotto l’uso di erbicidi (Francia e Austria sono in testa con l’80% davanti alla Spagna con il 74%) e hanno adottato misure attive per accrescere la biodiversità (Stati Uniti 78%, Francia 72%, Germania 61%).
Complessivamente, la metà delle aziende agricole ha ridotto l’uso di pesticidi (Nuova Zelanda 100%, Usa 90%, Francia 80%, Spagna 70%) e quasi un terzo ha ridotto l’uso di acqua (Sudafrica 90%, Nuova Zelanda 50%, Portogallo 40%).
A causa degli elevati costi d’investimento, l’uso della tecnologia digitale per ottimizzare il consumo di acqua, di fertilizzanti ed erbicidi è ancora poco diffuso. Con i paesi del Nuovo Mondo (Australia 50%, Usa 33% e Sudafrica 33%) a guidare la classifica davanti ai paesi del Vecchio Mondo (Spagna e Italia 22%, Francia e Portogallo 17%, Germania 11%).
La sostenibilità secondo distribuzione e commercio al dettaglio
Il trend green si spinge anche in direzione dell’ambito della distribuzione e della rivendita. Finora i commercianti di vino e i ristoratori hanno concentrato le loro attività soprattutto sul risparmio delle risorse. Tra questi figurano il risparmio di carta, grazie alla digitalizzazione da parte di un’impresa su due, la riduzione dei rifiuti (Norvegia e Portogallo 50%; Finlandia, Svezia e Spagna 45%), la riduzione dell’energia (Svezia 43%, Finlandia 35%, Germania 28%, Belgio 26%), l’ottimizzazione della catena di approvvigionamento per la riduzione delle emissioni di CO2 (Lussemburgo 45%, Norvegia 36%, Svezia 32%) ed il passaggio a un fornitore di energia neutrale in termini di CO2 (Svezia 25%, Italia e Belgio 24%, Austria 18%).
Inoltre, i commercianti di vino e la ristorazione svolgono un ruolo molto importante nell’elencare, commercializzare e comunicare i prodotti sostenibili ai consumatori.
Finora, una gran parte del settore retail ha dichiarato di commercializzare principalmente vini certificati ecologicamente o sostenibili, come parte del proprio portfolio (Svezia 67% dei rivenditori, Francia 60%, Finlandia 57%, Polonia e Lussemburgo 55%, Regno Unito 52%, Italia 47%).
Ma mentre un produttore di vino su quattro afferma di utilizzare imballaggi alternativi per il vino, solo un rivenditore e ristoratore su dieci li ha elencati per la commercializzazione.
Sussistono grandi differenze regionali con una chiara leadership dei paesi monopolisti del nord (Svezia 57%, Finlandia 48%, Norvegia 43%, Canada 30%, Regno Unito 24%, Francia 20%, Germania 4%). E poiché la produzione e il trasporto delle bottiglie di vetro sono responsabili per un terzo delle emissioni di CO2, è nella responsabilità della vendita al dettaglio che si deve guardare per il futuro.
Il settore chiede un unico standard credibile di sostenibilità
L’industria concorda sul fatto che i consumatori non sono in grado di comprendere e differenziare la molteplicità delle certificazioni ecologiche e sostenibili.
Otto esperti su dieci del settore, chiedono un unico e forte standard di sostenibilità da comunicare ai consumatori.
I requisiti più importanti per i certificatori di sostenibilità è la credibilità, l’indipendenza e il controllo critico delle informazioni presentate durante la certificazione. In secondo luogo, seguono la consulenza e le proposte su come migliorare concretamente la sostenibilità dell’azienda. Secondo i partecipanti al sondaggio, i certificatori dovrebbero anche sostenere la ricerca su misure più sostenibili e creare una rete per lo scambio di idee sulle migliori pratiche tra le imprese.
La definizione imprecisa di sostenibilità e il rischio di “greenwashing” (occultazione dell’impatto ambientale) sono citati come i maggiori ostacoli alla certificazione, seguiti dalla riluttanza dei consumatori a pagare di più e dai costi troppo elevati.
