“Non temete la ricerca, sostenetela”. L’appello porta la firma di Angelo Gaja. Il re del Barbaresco, noto per la qualità dei suoi vini, etichette tra le più invidiate e ricercate, si rivolge innanzitutto al suo mondo per condividere una personalissima riflessione sul futuro del settore, ma non solo. Lo fa con una nota – scritta manu propria, come d’abitudine, e inviata anche a chi qui raccoglie il pensiero – con cui richiama l’attenzione dei suoi colleghi produttori, invitandoli a indirizzare lo sguardo verso nuovi orizzonti che travalichino non tanto i confini nazionali, ma gli interessi dell’oggi a favore dei benefici per un domani.
Fondi Ue: l’attualità di un tema decisivo
La personalissima ricetta di Angelo Gaja trae spunto e origine da una considerazione generale sui fondi di sostegno elargiti dall’Unione Europea al settore agricolo: tema quanto mai attuale, tenuti in considerazione le prossime sfide che susciterà la riforma della PAC dopo il 2020, la cabina di regia sul vino che il ministro alle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha annunciato d’insediare entro la fine di gennaio, i consueti ritardi che affliggono la ripartizione dei fondi Ocm spettanti all’Italia, oltre all’incognita, nonché temibile spada di Damocle, dei dazi minacciati dagli Usa che incombono sulle produzioni comunitarie. Il re del Barbaresco va, dunque, alle fondamenta. Cita uno dei supporti più decisivi che, in questi anni, hanno permesso al settore vinicolo italiano, ma non solo, di sostenersi – quando non proprio di prosperare – sui mercati extra-Ue.
La ricetta di Angelo Gaja: andare oltre il paternalismo

“Del vino si celebrano i successi per la propensione all’export, la funzione di traino dell’agroalimentare e l’immagine di prestigio che dona al nostro Paese”, evidenzia Gaja in un passaggio. “Oltre un centinaio di milioni di euro all’anno di contributi provenienti dalla Ue sono destinati ad azioni di promozione (del vino italiano) sui mercati extra-europei”. Ma dopo più di un decennio di benefici, ad avviso del produttore piemontese, forse sarebbe il caso che mutassero i paradigmi. “È certo che, almeno agli inizi, il contributo pubblico sia servito per spronare le cantine che seppero beneficiarne ad avviare sui mercati esteri azioni di marketing più coraggiose”, riconosce Gaja. “Attualmente ne beneficiano cantine che hanno, nel frattempo, acquisito consapevolezza di quanto sia indispensabile operare sui mercati esteri per realizzare obiettivi di crescita e mettere in sicurezza i fatturati aziendali”. Ed è qui che viene riscontrato un vulnus. “La larga maggioranza delle cantine beneficiarie”, riprende il re del Barbaresco, “avrebbero possibilità ormai di attingere a mezzi propri, rinunciando almeno in parte al sostegno pubblico. Si tratta allora di vedere come potrebbe essere investita parte del finanziamento pubblico, distraendola dalla ripetitiva azione di stimolo all’export a beneficio di tutti gli operatori del settore vinicolo”.
La proposta: spazio alla ricerca
La proposta di uno tra i più illustri decani del vino made in Italy guarda al futuro. E il domani dell’allocazione dei fondi Ue non ha più gli orizzonti ristretti – per quanto validi – di un mero perpetuare logiche marketing a unico beneficio dell’accrescersi dei fatturati esteri. La quota scorporabile dall’attività di stimolo per l’export, ad avviso di Angelo Gaja, andrebbe destinata alla ricerca. E qui gli esempi su possibili utilizzi assumono una concretezza viva. Si citano produzioni orientate verso “portainnesti e varietà capaci di fronteggiare gli stress climatici”, “varietà atte a produrre vini Dop ed Igp che possano essere coltivate con zero o bassissimo impiego di Fitofarmaci”, “sistemi di lotta biologica, attraverso l’impiego di parassitanti dei patogeni”, “metodi di contrasto all’eccessivo accumulo di zucchero nell’uva”, “individuazione di lieviti dal minore potere alcoligeno”, “metodi puliti di contrasto dei batteri inquinanti che possono alterare la qualità organolettica del vino”, e altro ancora.

I perché di Angelo Gaja
I perché di questo tipo di proposta sono presto spiegati. Così conclude Gaja: “In presenza delle problematiche causate dal cambiamento climatico, la ricerca scientifica costituisce la risorsa alla quale attingere per ottenere soluzioni di contrasto praticabili e compatibili. La ricerca deve essere sostenuta, non va temuta. I risultati che sarà in grado di fornire dovranno essere disponibili per tutti, alle stesse condizioni. Ai produttori che non intenderanno attingervi resteranno maggiori possibilità di differenziazione dei propri vini”.