Si sta chiudendo un anno importante per il vino siciliano. Un 2022 scandito da importanti traguardi tagliati e iniziato con la scelta da parte della Doc Sicilia d’introdurre dal 1° gennaio scorso la fascetta di stato su tutte le sue produzioni, così da poter tracciare tutte le fasi di vita di ciascuna bottiglia. Un impegno a garanzia di qualità proceduto di pari passo con l’attenzione sempre maggiore rivolta alla salvaguardia del patrimonio naturale che caratterizza e definisce l’identità dell’isola e della sua produzione enoica. Ne è un esempio, l’accelerazione sul programma di sostenibilità per la vitivinicoltura SOStain Sicilia, promosso dal Consorzio in collaborazione con Assovini Sicilia, che pone l’accento su un modello green, socialmente equo ed economicamente efficace. Ma il 2022 è stato anche l’anno che ha sancito il decennale della nascita dell’esperienza del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia. E proprio dal bilancio di questi primi 10 anni non può che prendere il via la chiacchierata di WineCouture con il suo presidente, Antonio Rallo.

A 10 anni dalla nascita del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, qual è il primo bilancio che si può trarre dell’esperienza?
Abbiamo da poco festeggiato i 10 anni di attività del Consorzio, 10 anni durante i quali lo scopo principale è stato sempre lo stesso: mettere in atto iniziative volte a tutelare, promuovere e valorizzare la Doc Sicilia, vigilando al contempo sul rispetto di tutte le disposizioni indicate nel disciplinare di produzione.
Un gruppo di produttori attenti e lungimiranti hanno promosso nel 2012 la nascita del Consorzio, convinti dell’importanza di questo progetto fin da quando la Denominazione di origine controllata Sicilia è stata ufficialmente riconosciuta con decreto del ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il 22 novembre 2011.
E sono state tante le scommesse vinte in questo decennio: prima tra tutte la diffusione di una maggior consapevolezza nei consumatori del valore di un vino Doc Sicilia, raggiunta attraverso attività di marketing e promozione.
Molti risultati sono da attribuire al fatto di aver puntato sul Grillo e il Nero D’Avola, che stanno diventando sempre più ambasciatori riconosciuti della nostra isola.
Altre sfide in cui il Consorzio è stato impegnato negli ultimi anni riguardano la conservazione della biodiversità, il recupero dei vitigni reliquia e la loro futura valorizzazione. Un’attenzione particolare è stata rivolta proprio alla sostenibilità del vigneto Sicilia e del vino siciliano. Altro elemento molto importante per la valorizzazione delle produzioni dell’isola è l’inserimento della menzione unità geografica aggiuntiva “Sicilia” nelle etichette della Docg Cerasuolo di Vittoria, Doc Vittoria, Doc Menfi, Doc Noto, Doc Contea di Sclafani o Valledolmo, Doc Eloro, Doc Contessa Entellina, Doc Etna.
Qual è oggi il percepito in Italia e nel mondo della Sicilia del vino?
Da una ricerca sulla riconoscibilità del vino siciliano a Denominazione di origine controllata, commissionata dal Consorzio alla società di ricerca GPF Inspiring Research, in occasione proprio della 54esima edizione del Vinitaly quest’anno, è emerso che Sicilia Doc è un brand dalla forte identità, che rientra in una short list di vini d’eccellenza.
Secondo l’analisi, in un campione composto da individui che possono definirsi “conoscitori di vino”, il 74,8 % tra questi ha affermato di conoscere il vino siciliano.
Il dato è ancora più positivo in riferimento a un cluster di giovani di età compresa tra i 24 e i 29 anni, attestandosi al 79,4%: i vini siciliani sono dunque tra i più conosciuti e la Sicilia è la prima area in cui si registra un incremento così importante della notorietà nella fascia più giovane della popolazione.
Altro dato rilevante riguarda il consumo: tra coloro che lo conoscono, l’83% beve vino Doc Sicilia. Da queste evidenze si evince dunque un ottimo grado di consapevolezza e un buono, e per nulla ovvio, livello di conversione dalla conoscenza al consumo. Un posizionamento socioculturale, quello del vino siciliano, che emerge quale bevanda di appeal per un consumatore attento, selettivo e che si proietta verso un futuro di degustazione legato all’innovazione.
Se rispetto al passato il brand Doc Sicilia ha ottenuto che la percezione del consumatore odierno sia di maggior “garanzia e sicurezza”, lo scenario futuro, quello del 2030, ci proietta verso un vino incline ad un mercato internazionale, sempre più diffuso e distintivo della sua identità.

Nero D’Avola e Grillo oggi sono solide realtà nei calici dei consumatori, quali invece le varietà siciliane in rampa di lancio?
Il Grillo è senza dubbio ambasciatore d’eccezione: ogni anno che passa si distingue tra i vitigni siciliani che hanno registrato una maggior crescita, in virtù di caratteristiche qualitative e di versatilità uniche, per profumi, struttura e vivacità.
Nel 2021 sono state prodotte 21.126.895 bottiglie di Grillo Sicilia Doc, +26 % rispetto alle 16.707.274 del 2020. Sia sui mercati nazionali sia su quelli internazionali possiamo definirlo un vero e proprio caso di successo. E così il Nero D’Avola, un vino che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell’isola.
Se un tempo era intensamente coltivato soprattutto in provincia di Siracusa, il Nero D’Avola, considerato il vitigno a bacca nera più importante della Sicilia, oggi è presente in modo esteso in tutte le provincie dell’isola ed è il più coltivato in quelle di Agrigento e Caltanissetta.
Sono ben 15.387,36 gli ettari di superficie vitata a Nero d’Avola in tutta la Sicilia, di cui 8.551,95 rivendicati come Doc Sicilia. E nel 2021, le bottiglie di Nero d’Avola certificate sono state 49.893.189, circa 10 milioni in più rispetto al 2018.
D’altro canto, altri vitigni siciliani hanno iniziato a guadagnare seguito: vi è il Frappato, per quanto riguarda le uve a bacca nera e il Lucido, per quanto riguarda le uve a bacca bianca. Un’escalation registrata, per alcuni di questi vitigni, negli ultimi anni, sia dal punto di vista della superficie vitata sia dal punto di vista dell’imbottigliato.

Il tema della sostenibilità oggi è sempre più al centro del dibattito, come lo state affrontando come comunità e in particolare le problematiche legate al cambiamento climatico?
La Sicilia è la più grande area vinicola biologica in Italia: rappresenta il 30% della superficie nazionale e con i suoi oltre 42mila ettari ha anche il primato tra le regioni che praticano una viticoltura sostenibile, assoggettata al disciplinare bio o a quello di produzione integrata, che non prevede l’utilizzo di concimi chimici e diserbanti.
La viticoltura green made in Sicily è riconosciuta e promossa in modo sempre più incisivo: la Fondazione SOStain, fortemente voluta dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e da Assovini Sicilia, è un ente non profit che si fa promotore di buone pratiche a favore dell’ecosistema e della cultura dello sviluppo sostenibile. Con una prospettiva nazionale e internazionale che parte dalla Sicilia, SOStain si basa su un protocollo integrato di sostenibilità, realizzato a partire dalle esigenze dei produttori e per i produttori.
Sempre più cantine stanno aderendo al disciplinare della vitivinicoltura sostenibile di questo progetto, basato su 10 requisiti minimi e in continua evoluzione, il che costituisce un chiaro segnale di consapevolezza e di rispetto per le generazioni future.
Secondo uno studio presentato all’edizione 2022 di “Sicilia en Primeur”, condotto dall’Istituto di Bioeconomia del Cnr di Firenze, emerge come la Sicilia vitivinicola sia “meno esposta rispetto alle regioni del nord ai cambiamenti climatici grazie ai suoi suoli, terroir, alla biodiversità e ai suoi microclimi”. È un territorio, insomma, che identifica nella sostenibilità la chiave di volta del proprio sistema vitivinicolo, in virtù di una naturale vocazione ma anche del rispetto di alcune buone pratiche della tradizione vitivinicola siciliana. È in questa direzione che si muove l’industria dell’isola, verso vini di qualità, autentici e riconoscibili nella loro identità e sostenibili lungo tutto il processo di produzione.
Rimanendo sul tema sostenibilità: come è nato il progetto della bottiglia a Km 0?
Il progetto della bottiglia di vetro a Km 0 prevede la realizzazione di una bottiglia leggera “made in Sicily”, in grado di abbattere le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto del vetro in quanto prodotta interamente in Sicilia con vetro riciclato proveniente esclusivamente dall’isola.
Questa iniziativa, che possiamo definire assai virtuosa, sia dal punto di vista ambientale sia di supply chain, in un periodo così complicato come quello che stiamo vivendo, è nata dalla collaborazione tra Fondazione SOStain, O-I Glass, multinazionale leader nel settore presente in 20 Paesi e con 10 stabilimenti in Italia di cui uno proprio in Sicilia, a Marsala, in provincia di Trapani, e Sarco, azienda fornitrice di rottame di vetro.
Con l’intento della realizzazione di programmi per la riduzione dell’impatto ambientale il progetto prevede che il rottame di vetro raccolto in Sicilia da Sarco pervenga allo stabilimento O-I Glass di Marsala, dove è poi impiegato nel forno per la produzione delle nostre “bottiglie a Km 0”. Con il nobile intento di ridurre l’impatto ambientale della filiera e delle singole aziende, si andrà ad attivare un processo di economia circolare che porterà grandi benefici sia alle cantine sia all’ecosistema.
Quanto la ricerca sta contribuendo alla tutela del Vigneto Sicilia e soprattutto alla riscoperta degli autoctoni siciliani?
Tra i nostri impegni prioritari c’è quello di dedicarci alla conservazione della biodiversità generata dai 3.000 anni di viticoltura nell’isola: questa è, a nostro avviso, la via per coniugare tradizione e alta qualità in uno scenario in continua trasformazione.
Compito del Consorzio è anche quello di tutelare i vitigni che possono rappresentare al meglio la ricchezza ampelografica dell’isola. Senz’altro importante è preservare gli autoctoni e per farlo il stiamo lavorando a fianco dei quasi 8.000 viticoltori che credono nella Doc Sicilia.
In quest’ottica, siamo parte attiva in più di un progetto di ricerca, con lo scopo ultimo della valorizzazione delle varietà autoctone antiche, reliquie, della Sicilia. Uno dei progetti più importanti in tal senso è quello della Vigna del Gallo all’Orto Botanico di Palermo, risultato dell’azione congiunta del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e del Sistema museale dell’Università degli Studi di Palermo, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali.
Testimonianza tangibile della biodiversità dell’isola, la Vigna del Gallo – recentemente intitolata a Diego Planeta – è un’area urbana di circa 200 metri quadri che custodisce vitigni autoctoni, tra cui Grillo e Nero d’Avola, e tra questi i vitigni reliquia.
Un altro ambizioso progetto è quello per la “Valorizzazione del germoplasma autoctono siciliano”, realizzato dalla società Sicilia Sostenibile in partnership con il Dipartimento regionale dell’Agricoltura della Regione Siciliana, l’Università degli Studi di Palermo e il Centro regionale per la conservazione della biodiversità viticola e agraria “F. Paulsen”, e che il Consorzio segue da vicino. L’iniziativa ha lo scopo di conservare la biodiversità dell’isola e le sue varietà autoctone, intervenendo a monte della filiera vitivinicola e dotando i vivaisti di piante base da cui ottenere materiale di propagazione certificato da fornire alle aziende.
La sinergia tra vino ed enoturismo rappresenterà il futuro della Sicilia?
Sappiamo che in Francia il business dell’enoturismo vale più di 5 miliardi. In Italia, sebbene ci siano molti enoturisti, il business vale poco più di 2 miliardi, quasi 3, secondo gli ultimi dati del Movimento Turismo del Vino Italia. Sicuramente dobbiamo fare un importante lavoro per dare il giusto peso alla nostra offerta.
La Sicilia, negli ultimi due anni, ha avuto un grande slancio del turismo grazie soprattutto a tantissimi italiani, ma anche francesi e tedeschi, che hanno visitato l’isola. Da un’indagine di Assovini Sicilia svolta tra i suoi 90 soci emerge che il 40% delle aziende dell’isola ha la possibilità di offrire ospitalità e ristorazione, mentre il 94% delle cantine dispone di spazi per accogliere i visitatori.
Del resto, il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2021 elegge la Sicilia “Meta enogastronomica” tanto per il suo valore storico, culturale e paesaggistico, quanto per il vino di qualità.
Le visite in cantina, la degustazione, la ricettività sono trend irrinunciabili, che rappresentano le potenzialità di un binomio ideale per il nostro territorio: quello tra vino e turismo.