Dalla Puglia all’Alto Adige il salto è breve. Ed è un salto che Ivana Capraro, sommelier e donna di sala al ristorante Castel Finedining di Tirolo, in Alto Adige conosce molto bene. Nata a Peschici, in provincia di Foggia, nel parco nazionale del Gargano, Ivana Capraro conosce fin da piccola il mondo della ristorazione, perché è proprio tra i tavoli del ristorante di famiglia che muove i suoi primi passi, nella vita e nel lavoro. Ma se per molti l’imprinting dato dalla famiglia segna fin da subito interessi e passioni che li accompagneranno per il resto della vita, per la sommelier al ristorante Castel Finedining non è stato così. Fin da adolescente, dopo aver passato lunghe stagioni a lavoro nei locali, giura a sé stessa che quello nella gastronomia non sarà il suo destino professionale e che nella vita farà altro. Per fortuna, mai un giuramento fu più infranto di questo. Sono stati probabilmente i tanti viaggi ed esperienze fatte in giro per l’Italia a farla piano piano ritornare alla ristorazione, dove a cambiare però le carte in tavola spunta il vino e tutto ciò che di più interessante, profondo e suggestivo si lega al suo mondo. Da quel cambio di rotta avvenuto anni fa, molte cose sono cambiate, e oggi Ivana Capraro è la donna del vino al Castel Finedining, Ristorante due stelle Michelin dell’Hotel Castel di Tirolo, dove la sua figura dall’anima gentile, attenta ed estrosa è costantemente alla ricerca di nuovi stimoli e chiavi di lettura per avvicinare sé stessa e i suoi clienti alla sperimentazione e scoperta di nuove bottiglie ed etichette. Questo è il suo racconto della ristorazione nella sua nuova casa, l’Alto Adige, che anni fa l’ha accolta, rendendola grande ambasciatrice del territorio e delle sue eccellenze, oltre che la mano esperta dietro la carta vini del Castel Finedining.

Ivana Capraro, quali sono gli aspetti che rendono grande il vino in Alto Adige e perché?
L’Alto Adige del vino è una regione che fa sistema: le aziende sono unite, soprattutto quando si tratta di trasmettere il messaggio di chi sono e cosa vogliono. Questo aiuta molto nella comunicazione e nella promozione, perché l’obiettivo diventa per tutti lo stesso e non c’è disgregazione.
Un altro importante aspetto è poi di tipo geografico: in così poca superficie vitata abbiamo una grande varietà di vitigni, e questo contribuisce molto sotto il punto di vista dell’offerta, perché risulta ricca nonostante le piccole dimensioni, con tanti diversi vitigni che rispondono alle esigenze di ogni tipologia di gusto.

L’abbinamento col cibo è da sempre un punto focale nel lavoro del sommelier: quanto questo definisce la carta vini e il servizio al due stelle Michelin Castel Finedining?
L’abbinamento con il cibo è uno degli aspetti che più amo del mio lavoro: quel connubio tra cibo e vino quando trova il giusto attacco regala davvero un’esperienza multisensoriale.
Come la riva con le onde del mare, ci si incontra per un brevissimo momento, e quell’attimo deve essere estasiante.
Spesso mi capita di innamorarmi di un vino, che inserisco in carta, e poi lo Chef crea un piatto da poterci abbinare, dando così forma a quella perfetta simbiosi che a tavola crea l’esperienza.
Al Castel Finedining è poi amplificato il gioco dell’abbinamento perché la nostra clientela è composta da molti ospiti abituali, che tornano ciclicamente anche più volte durante l’anno. Stimolare il loro gusto e il loro interesse attraverso nuovi e sempre diversi e talvolta curiosi abbinamenti rende il mio lavoro di sommelier davvero molto interessante.
Il vino di domani: quali crede saranno Ivana Capraro i territori o le tipologie che definiranno i trend di beva nel prossimo futuro?
Il vino di domani sarà quello che saprà avvicinarsi alle giovani generazioni a livello di comunicazione.
Sempre più informazioni si trovano online e la comunicazione del vino è sempre più smart e digitale, tanto che ogni informazione è subito fruibile e a portata di mano. Le aziende che avranno o già mettono in atto questo progetto di digitalizzazione saranno sicuramente avvantaggiate.
Anche se quando si parla di digitalizzazione, poi, in realtà si tratta di strumenti che avvicinino comunque al rapporto diretto con il vino. Il contatto umano, vivere le emozioni e la convivialità del cibo e del vino, sia a casa in famiglia sia al ristorante, rimarrà sempre un aspetto centrale nel settore.

A livello di territori credo che sicuramente sarà determinante il ruolo della Cina, che è già tra i primi sei produttori nel mondo.
In Italia, invece, credo che vedremo crescere ancora il Friuli, perché è una regione ricca di storia e passione con grandi possibilità.
Ma quando è Ivana Capraro a sedersi al tavolo di un ristorante, cosa cerca nel servizio e che tipo di selezione ama trovare in una carta vini?
Da cliente, ma anche da sommelier e persona che quello stesso lavoro lo fa in prima persona, amo trovare figure empatiche, capaci di adattarsi ad ogni situazione, qualsiasi cosa accada. Insomma, figure solide e dinamiche.
Nelle carte vino, poi, amo ritrovare sempre il territorio; quindi, vini della regione o della zona dove mi trovo, perché credo che sia fondamentale – come per la cucina – regalare l’esperienza gastronomica del territorio, con vini e piatti che seguono la tradizione.
Amo poi trovare l’impronta del sommelier, la sua ricerca, il tempo che ci dedica e anche i suoi gusti: non dico una carta estrema, ma che sappia alternare le esigenze della clientela e lasciare un marchio d’identità.
Questo, infatti, è anche un aspetto che curo molto nella carta del Castel Finedining: infatti, c’è molto Pinot Nero, ma anche una selezione di altre referenze che rispondono alle esigenze della nostra clientela.
L’Alto Adige, così come gran parte dell’Italia, ha ancora un gran bisogno di figure professionali e preparate, spesso introvabili al momento: perché crede che si sia manifestato questo fenomeno e cosa pensa che sia importante trasmettere a chi vuole intraprendere questo lavoro?
È una questione di mercato, domanda e offerta.
Faccio un piccolo esempio, qui in Alto Adige, ogni anno nascono nuove strutture, molti piccoli hotel diventano enormi, la richiesta di personale così aumenta. Questo crescere a tutti i costi probabilmente porta anche a dover fare scegliere più velocemente, senza guardare alle abilità della singola figura. E questo porta ad avere la percezione che gran parte del personale sia poco qualificato.
È come fare il vino: sei fai selezione e lavori su piccole quantità hai un certo tipo di prodotto, se lavori sulla massa ne hai un altro.
Con questo voglio dire che le figure professionali e preparate ci sono, ma non abbastanza rispetto alla richiesta di mercato.
Ai giovani credo che serva molta spinta motivazionale, che li aiuti a capire quanto sia importante non perdere la curiosità e che nella vita bisogna rimboccarsi le maniche, creandosi con umiltà la propria strada.