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I fine wines corrono più dell’oro: le prospettive di mercato 2023 secondo la distribuzione

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Qualcosa è cambiato nel mercato dei fine wines in Italia dopo la pandemia da Covid-19. Finita la “sbornia” della Gdo, con gli exploit registrati in tempi di lockdown al supermercato, il vento è tornato a soffiare prepotente in direzione dell’universo Horeca, con il terzo incomodo e-commerce, in ascesa tra i canali di vendita, a fare insistentemente capolino. A dirlo sono i numeri della fotografia scattata dall’Osservatorio Wine Monitor 2022 Nomisma, realizzato per Istituto Grandi Marchi, che racconta cosa è mutato negli acquisti di vini di alta gamma negli ultimi 12 mesi, all’interno di uno scenario di mercato caratterizzato in particolare da una ripresa dei consumi fuori casa, nonostante l’inflazione. I fine wines corrono online, ma non solo. Il nuovo osservatorio eWibe, live market dei vini pregiati, ha scattato a fine 2022 una fotografia analizzando tutte le informazioni relative alle etichette più rappresentative del mercato del vino da investimento di Italia e Francia. L’istantanea ha evidenziato come il mercato di questa tipologia di prodotto abbia registrato una crescita pari al + 12,1% fino al mese di novembre e del +18,2% sull’intervallo dei 12 mesi. Dati in controtendenza con i principali indici finanziari, che hanno fatto segnare performance negative nello stesso periodo preso a riferimento: S&P500 (-14,7%), Nasdaq (-27,1 %), FSTE MIB (-10,2%), oltre a Bitcoin (-62,9%) e Oro (-3,8%). Ma quali sono le prospettive sul mercato italiano nel 2023 dei fine wines? E quali sono gli elementi a definire la categoria per il mondo trade? Lo abbiamo domandato ad alcuni tra i protagonisti nella distribuzione di vini di alta gamma all’interno del canale Horeca. Ecco cosa ci hanno detto Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol.

I fine wines meglio dell’oro: le prospettive di mercato 2023 viste da Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol

“Fine wines è una definizione che già il legislatore italiano ha codificato più di 50 anni fa con la stesura delle Doc e in seguito delle Docg”, esordisce Roberta Ceretto di Ceretto Terroirs, realtà distributiva che a maggio festeggia i suoi primi 20 anni. “Regole in vigneto e in cantina che vanno rigorosamente rispettate e che vengono controllate dagli enti preposti. In questo modo si crea un solco netto con prodotti più dozzinali e di basso profilo. Tuttavia, esiste ancora un valore aggiunto che può incrementare questo concetto. Sta nella sapienza e nell’entusiasmo del produttore che personalizza il suo prodotto e a volte lo sa investire di un particolare fascino: per cui quel vino diventa un sogno, un desiderio per il consumatore. Da gioire godere e anche esibire. E mai come in questo momento la gente beve meno ma meglio”.

“La fascia alta, che si dimostra sempre più composta dai giovani, vive un rinnovato desiderio di gioire dopo le paure e le clausure del Covid, influendo positivamente e rendendo i fine wines ben saldi, per un prossimo futuro con eccellenti prospettive”.

Roberta Ceretto (Ph. M. Spironetti)

Una visione condivisa da Leonardo Sagna, quarta generazione dell’omonima azienda fondata nel 1928 dal Barone Amerigo Sagna e fin dai suoi inizi specializzata nell’importazione e distribuzione di vini, liquori e distillati d’altissima qualità. “Per il 2023 ci aspettiamo una crescita di questa tipologia di prodotto: i consumatori sono sempre più attenti ed esigenti, c’è fame di conoscenza con il risultato di una maggior consapevolezza nel calice per un saper bere che conduce verso vini di qualità, di eccellenza”, risponde. E aggiunge: “I fine wines sono vini la cui qualità è riconosciuta in modo indiscusso da operatori del settore, consumatori e stampa. Per questi vini spesso alla qualità si affianca la rarità e un potenziale di invecchiamento importante, permettendo di spuntare quotazioni superiori alla media”. 

“Se in passato la categoria era egemonia francese, negli ultimi decenni i vini nazionali si sono ritagliati uno spazio di rilievo. Nel nostro catalogo, infatti, vediamo che l’attenzione per prodotti come gli Champagne della Maison Louis Roederer o i vini del Domaine de la Romanée-Conti resti sempre attuale, ma a questa si è affiancato il sempre maggior interesse per vini come il Barolo di Pianpolvere Soprano, l’Amarone di Secondo Marco o il Brunello di Canalicchio di Sopra”.

“Quando si tratta di fine wines, prediligiamo confrontarci con clienti che non mirino alla mera speculazione ma, al contrario, che rendano accessibili questi vini, permettendo ai consumatori finali di goderne grazie a proposte non fuori mercato. Insomma, riteniamo sia necessario creare validi momenti di condivisione attorno a queste etichette, in cui esaltare il loro valore aggiunto: dal processo produttivo alla storia della cantina, che nella nostra gamma sono aziende famigliari, dal territorio all’annata e, non ultimo, alle cure e tecniche che concorrono al raggiungimento del livello qualitativo raggiunto e apprezzato, cioè tutti quegli elementi che hanno trasformato questi vini in punti di riferimento per il mercato”. 

I fine wines meglio dell’oro: le prospettive di mercato 2023 viste da Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol.
Leonardo Sagna (Ph. Alberto Vitalucci)

“I fine wines per noi sono vini pregiati, bianchi, rossi o bollicine”, sottolinea Corrado Mapelli, “solitamente di fascia alta e dagli importanti valori, come, ad esempio, la capacità di lungo invecchiamento, la complessità, la bevibilità, a cui si aggiungono forte identità, territoriale e di brand, nonché con un ottima capacità distributiva”. E sul 2023 per la categoria il direttore generale di Gruppo Meregalli non ha dubbi:

“Riteniamo che la forza del brand sia oggi più che mai fondamentale, soprattutto in momenti economicamente più difficili o incerti, vediamo quindi buone prospettive”.

I fine wines meglio dell’oro: le prospettive di mercato 2023 viste da Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol.
Corrado Mapelli e Marcello Meregalli

Giudizio simile per Pietro Pellegrini, che spiega:

“Ritengo che, dopo un leggero rallentamento nella seconda parte del 2022 dovuto soprattutto al conflitto tra Russia e Ucraina, nel 2023 i fine wines faranno segnare buone performance. Sono segnali positivi un ottimo inizio d’anno e il già noto aumento, rispetto ai prezzi en primeur, dei Grand Cru di Bordeaux 2020”.

Per il presidente della storica realtà distributiva di Cisano Bergamasco, i fine wines s’identificano come categoria in quanto “vini di fascia alta, che possiamo far rientrare tra i prodotti del lusso, bottiglie di solito piuttosto rare e sicuramente di pregiata qualità, come il Brunello di Montalcino di Cerbaiona o il Barbaresco Rabaja di Bruno Rocca nel caso del nostro portfolio”.

I fine wines meglio dell’oro: le prospettive di mercato 2023 viste da Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol.
Pietro Pellegrini

“Tra le tante definizioni di fine wines, a me è sempre piaciuta quella di Hugh Johnson: sono quei vini che vale la pena di bere almeno una volta nella vita”, spiega Alessandro Rossi, national category manager wine di Partesa. “Icone che hanno rappresentato un pezzo di storia del passato e che oggi, con l’avvento dei social e di una enologia sempre più precisa, in linea con i tempi e il nuovo degustare, quello delle ultime generazioni che mostrano un palato più evoluto e cui è riservata un’opportunità di confronto maggiore, continuano a essere considerate opere magistrali in bottiglia. Sono etichette che parlano di un certo status socioeconomico e che spesso sono proprio indirizzati a chi possiede il livello d’istruzione per scovarle e comprenderle. Sono prodotti che rappresentano fedelmente zone vocate e che hanno saputo esprimere da sempre un’alta costanza qualitativa. Nella loro indole c’è lo stretto legame con l’elemento d’origine, quella terra che definisce, ad esempio, i vini iconici di Borgogna e Bordeaux. E in alcuni casi, laddove si parli di fine wines, siamo innanzi a un’espressione sensoriale unica: perché non è mai scontato riuscire a far esprime al loro meglio determinati vitigni. Infine, ciò che accomuna di più questa tipologia di prodotto sono le quantità limitate, che ne determinano anche, con l’avvento dei grandi ricchi del nuovo millennio, quella caccia al tesoro che si riflette in quel che ne è stato l’aumento esponenziale dei prezzi e che oggi ha determinato il proliferare dei fine wines club, che sono a tutti gli effetti ormai vere banche del vino, e il consequenziale generarsi di una speculazione notevole nel mercato dei privati”.

Quale il segreto del loro successo?

“Quello che ha reso queste etichette così importanti è sempre stata la capacità di saper ammiccare al futuro, per la loro capacità di evoluzione e una tenuta nel tempo notevoli”, risponde Rossi.

“Sapere, per un collezionista, di poter mettere via una bottiglia che domani saprà risvegliarsi ancora migliore dopo tanti anni è un fattore che ne determina la crescita di prezzo e anche l’appetibilità sotto il profilo speculativo. Per questo, ritengo che le nuove generazioni faticheranno sempre più a bere i cosiddetti fine wines, un tempo acquistabili a fronte di un sacrificio e oggi, invece, sempre più inaccessibili per via del loro costo: si pensi ad aree come Borgogna e California. Alcune di queste etichette, ora, sono oggettivamente soltanto vini per ricchi”. 

E lo scenario italiano cosa racconta? “In Italia si sta assistendo a un fenomeno interessante rispetto ai fine wines, che un tempo diventavano famosi grazie alla critica d’oltreoceano e sul mercato nazionale immediatamente si trasformavano in etichette fantasma, in quanto venivano acquistate in grandi quantità dall’estero”, sottolinea il manager Partesa. “Oggi notiamo con le etichette più pregiate italiane il ritorno all’essere profeti in patria, in linea con quella che è stata l’evoluzione del profilo del consumatore che certifica, rispetto ad altri contesti, una cultura enologica nettamente superiore da parte dei nostri connazionali. A ristoratori ed enotecari ora è garantito un accesso maggiore ai fine wines nostrani, generando la possibilità di ritrovare nel canale Horeca in Italia una maggiore disponibilità rispetto al passato per questa tipologia di prodotto. E nonostante quello che in futuro rischia di configurarsi come una problematica non secondaria: la forte richiesta per questi vini da parte del consumatore orientale, che già adesso è portato a fare man bassa, con il rischio che un domani, un po’ come sta succedendo per i giocatori di calcio tra Serie A e la più ricca Premier League inglese, tutto sia dettato dalla mera richiesta economica e i volumi si spostino completamente verso quei mercati più profittevoli. Anche se, a mio avviso, nel futuro il mondo del collezionismo privato saprà generare una sorta di cassaforte separata per i produttori di fine wines”.

I fine wines meglio dell’oro: le prospettive di mercato 2023 viste da Ceretto Terroirs, Sagna, Meregalli, Pellegrini, Partesa e Cuzziol.
Alessandro Rossi

La chiosa è di Luca Cuzziol, numero uno di Cuzziol GrandiVini e presidente di Società Excellence. “Innanzitutto, occorre definire cosa oggi s’intende per fine wines”, esordisce. “Se un tempo si trattava di quei vini diversi, importanti, di nicchia, ora troppo spesso si sono trasformati in mero oggetto di speculazioni, in fonti alternative d’investimento. Ma per chi come noi opera nel mercato Horeca Italia, i fine wines sono innanzitutto le etichette più rappresentative di una certa categoria. E non parliamo di certo necessariamente di prodotti su cui si attua una speculazione, ma piuttosto di quelli che più rappresentano l’eccellenza del vino”. 

Per i fine wines, il 2023 resterà ancora un anno di crescita, ad avviso di Cuzziol: 

“Le prospettive per il mercato dei fine wines in Italia non possono che essere positive. Poi, ci sarà da capire nel 2024, con il riassortimento totale delle produzioni, soprattutto di Borgogna e Champagne, che negli ultimi due anni sono state deficitarie, se l’offerta più ampia andrà a frenare la domanda”.

“Dal nostro punto di vista, i 12 mesi che abbiamo innanzi rappresenteranno un anno di consolidamento e crescita, ma occorrerà comprendere e interpretare quello che è l’esatto ambito di posizionamento del fine wines riferito alla ristorazione italiana per quei vini che mantengono ancora un prezzo accessibile, che nel canale sono sicuramente etichette destinate a crescere. Poi, sarà necessario capire la distinzione con quelle punte di diamante dell’enologia italiana in grado di confrontarsi sui mercati mondiali con i big di Borgogna, Bordeaux o Rodano. Ma nel complesso, il 2023 resterà per i fine wines un anno ancora di crescita”.

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Luca Cuzziol
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