Il 24 gennaio è ripartito da San Francisco lo Slow Wine Tour Usa, evento internazionale di promozione del vino italiano organizzato da Slow Wine negli States. Il tour si è concluso il 2 febbraio 2022, a New York Eataly Downtown, dopo aver fatto tappa a Seattle, Austin, Miami.
California, Washington, Florida e New York, sono gli Stati che hanno visto animarsi le walk around tasting con 102 cantine presenti (20 americane), in partnership con tre Consorzi di Tutela (Moscato d’Asti Docg, Vini Oltrepò Pavese e Asolo Prosecco).
Lo Slow Wine Tour è un circuito di degustazione e racconto dei vini italiani, selezionati da Slow Wine Guide, che ha trovato il suo successo negli States dove esiste un’attiva costola di Slow Food, Slow Food Usa, dove si presta molta attenzione ai principi fondanti di questo “movimento”: buono, giusto, pulito. Una sorta di prima certificazione che muove – con il sacrosanto ritmo slow – verso la strada della sostenibilità. Del cibo e del vino.
Nessun fronzolo. Location giuste e in quartieri interessanti, mai banali, dove non è lo sfarzo ma il contenuto a tracciare la trama delle degustazioni per un futuro del vino, in un mercato, quello degli Stati Uniti, molto interessante ma anche molto particolare e diverso, Stato per Stato.
Faccia a faccia con il gusto oltreoceano: testimonianze da Slow Wine Tour Usa
Il mercato americano, complesso, impegnativo nella gestione e affascinante anche sotto il profilo della brand reputation, risulta sempre di più interessante.
Nel corso degli ultimi 10 anni i consumi di vino in Usa sono aumentati a volume del 28%, arrivando a 32 milioni di ettolitri e l’Italia, con una quota di mercato complessiva del 32,4%, pari a oltre 2,5 milioni di ettolitri, rimane il principale fornitore di vino in questo mercato di primaria importanza: segno che il nostro paese gode di una reputazione molto elevata presso il consumatore americano (Fonte: Nomisma Wine Monitor).
Del resto, lo Slow Wine Tour negli Stati Uniti è considerata una delle iniziative top di Slow Food nel mondo. Dalla West Coast alla East Coast, partendo dalla California e passando per il Texas, concludendo dopo la affollata e viva Florida, nella effervescente New York, le cinque date hanno colmato un vuoto di eventi fermi per Covid che era più che mai necessario.
“Se non ho modo di assaggiare i vini come faccio a ordinarli?”, chiedeva un importatore impegnato a fare il censimento dei locali e dei clienti che hanno appena riaperto dopo lo stramaledetto lockdown.
Chi pensa che negli Stati Uniti sia sempre tutto rose e fiori, prenda uno, due, sei voli (poco sostenibili in una settimana o due di tour) e parli con la gente. Capirà che il Covid ci ha ridimensionati un po’ – Europei ed extra Europei – e ci mette tutti di fronte ad una scelta: il coraggio e l’energia che ci vogliono per ripartire.
Nell’insicurezza generale, che ancora regna un po’ sovrana, soprattutto in California, dove Omicron ha ridato una scossa infame, e il virus sembra essere ripartito da lì, bisogna comunque crederci e capire che come sempre e come questo mondo ci insegna dalla notte dei tempi: il vino non si ferma mai.
“Ci dobbiamo rimboccare le maniche e trovare coraggio”, ci dice una ristoratrice giovane di Seattle, la liberale capitale dello stato di Washington, quella che chiamano la Emerald City, molto verde in quasi tutti i suoi quartieri, tenore e stile elegante, una via di mezzo fra New York e Boston.
Ma forse, anzi sicuro, non bisogna fare paragoni, perché gli States, infiniti e così diversi fra loro, solo apparentemente sono simili. Le skyline ti inducono all’errore, ma il cuore è sempre diverso e batte in tanti quartieri. Anime e identità precise.
“Funziona sempre il made in Italy”, ti spiega Jenny che sta pensando di aprire un nuovo locale ad Austin, città la meno texana del Texas. “Funziona perché c’è di base la garanzia del food italiano e anche del vino, ma è tempo di cercare cose nuove. I gusti si stanno evolvendo. Prima bastava un rosso Tuscany e quando si parlava di bollicine bisognava usare la parola magica francese Champagne. Adesso si esplora tutto tentando le strade più semplici. Noi, ad esempio, cerchiamo vini che stiano bene con i nostri piatti. Vini un po’ trasversali. Facili. E non per forza sweet, che di zucchero nei nostri gusti ce ne è già troppo”.

Usa: il mercato riparte con prospettive rosa
Il mercato riparte. Più energia e buone intenzioni che effettivi slanci commerciali. Eppur si muove. Si captano segnali. Sono rosa. Anche rosé. Analizzando il mercato Usa. “Anche se i ritmi di crescita non sono gli stessi di 10 anni fa”, spiega una nota di Unione Italiana Vini, “le prospettive per la fortuna dei vini rosati nel mercato statunitense sono ancora favorevoli”.
Unione Italiana Vini prende in esame il report di Iwrs “Il mercato dei vini rosati negli Usa, trend e margini di sviluppo”, presentato a New York da Ice-Ita (ne parla Paolo Ferrante sul Corriere Vinicolo n. 2/2022) e sottolinea una visione lunga che raggiunge il 2024, dove le performance del comparto dovrebbero migliorare di un ulteriore 70% rispetto alla baseline 2020.
Gli osservatori di Iwrs ritengono che il mercato tenderà a privilegiare il segmento dei brand premium, oltre che a favorire la diffusione di nuovi formati in aggiunta alle tradizionali bottiglie da 0,75 litri.
Quanto al colore, alle sfumature, il consumo di vino rosato ha “perso” negli Stati Uniti le sue originarie caratteristiche stagionali ed il segmento continua a guadagnare spazio sugli scaffali della Gdo e nelle pagine delle carte dei vini dei ristoranti.
Le importazioni di vini rosati italiani in Usa – secondo lo United States Department of Commerce, Bureau of Census – hanno totalizzato nel 2020 un valore di 28,8 milioni di dollari (-9,1% vs 2019; quota del 14% su tutte le importazioni valore di vino rosato) ma il fatturato dei primi 9 mesi del 2021 è già attestato a 35,5 milioni di dollari.
Nel quinquennio 2020-2025 grazie al ruolo trainante degli Stati Uniti, il valore dell’e-commerce di alcolici dovrebbe crescere del 66% nei mercati chiave, raggiungendo la cifra di 42 miliardi di dollari. Il canale rappresenterà circa il 6% di tutti i volumi off-trade di alcolici, rispetto a meno del 2% nel 2018. La pandemia ha segnato il passo in positivo proprio in questo senso. Ed è impensabile, oltre che inutile, che si possa tornare in dietro.
Le più recenti previsioni di Iwsr Drinks Market Analysis a questo proposito suggeriscono inoltre che questo mercato farà segnare, su scala globale, una crescita del 66% tra 2020 e 2025, anno in cui con buona probabilità l’e-commerce raggiungerà una quota del 6% negli scambi volume di bevande alcoliche (era del solo 2% nel 2018) e un valore di ben 42 miliardi di dollari.
L’analisi ha preso in esame l’andamento di 16 mercati tracciati da Iwsr (Australia, Brasile, Canada, Cina, Colombia, Francia, Germania, Italia, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Nigeria, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti), l’e-commerce degli alcolici ha fatto registrare una crescita del +12% nel 2019, del +43% nel 2020, al culmine della pandemia.
Gli Stati Uniti saranno tra quattro anni il mercato di riferimento (il primo mercato dunque) di questo canale, in forza della loro crescita annua media, che si aggira intorno al +20%.
La Cina invece, che è sempre stata all’avanguardia nell’e-commerce di alcolici (anche per questioni “logistiche”) e che ne è oggi il terzo mercato per vendite valore, avanzerà più lentamente ma ancora darà un suo importante contributo proprio in termini di fatturato globale.