Quando nel 1979 Francesco Valentini aprì l’enoteca La mia cantina a Padova, ancora nessuno – o almeno i più – si interessava molto del vino, se non come semplice bevanda di consumo. La sua idea di aprire una bottega che raccontasse il vino nella sua forma più autentica e di offrire al pubblico dei prodotti ricercati e di qualità, oltre che diventare la sua professione, doveva essere anche un modo di trasmettere cultura e informazione. Un posto dove il vino era protagonista e la sua veste quotidiana si arricchiva di racconti, storie e gusto. Da allora ad oggi sono passati più di 40 anni, e l’idea di Francesco è diventata una realtà solida e centrale nel panorama enogastronomico della città di Padova. Quell’attività che nel 1979 era stata la prima vera enoteca della città oggi è divenuta una dei suoi esercizi storici, associata anche a Vinarius, e che crescendo ha accolto i figli di Francesco, Marta e Nicola Valentini, suo genero Mirco e suo nipote Filippo Carraretto. Oggi l’enoteca La mia cantina è un luogo dove oltre alla vendita si sono aggiunti i corsi di degustazione del vino, le serate con il produttore, una postazione gastronomia con prodotti di nicchia e una rete di distribuzione, oltre alla terza generazione della famiglia, Filippo Carraretto. È proprio da lui che ci siamo fatti raccontare il passato, il presente, ma soprattutto il futuro di questo storico luogo del vino in centro città.

Filippo Carraretto, sei la terza generazione di un locale storico in centro a Padova in cui il vino è l’assoluto protagonista: come si mantiene una buona sinergia di gusti ed esperienza, fra generazioni diverse?
La sinergia è qualcosa che nella nostra famiglia, in bottega e quando si parla di vino, c’è sempre stata. Raramente capita il contrario. Questo perché il vino ha sempre fatto parte del mio quotidiano, mi ci sento un po’ cresciuto dentro; quindi, in parte anche l’educazione al prodotto stesso viene dai gusti e dalle esperienze della mia famiglia. Tuttavia, come facciamo tutti, ad un certo punto si inizia a navigare da soli e anche il gusto personale trova la sua identità.
Ma detto questo, credo di avere un gusto molto simile a quello dei miei genitori e di mio zio, siamo sempre molto allineati su cosa ci piace e cosa no. Forse, dalla mia, ho l’impulsività data da nuove scoperte che mi porterebbe a inserire subito quel nuovo prodotto in assortimento. Impulsività che viene spesso frenata dai miei genitori, ma che talvolta gli ha portati anche alla scoperta di nuovi vini, proprio scelti da me.
Da giovane appassionato e professionista del settore, cosa pensi dei nuovi trend e mode nel mondo del vino?
Il mio pensiero in merito alle mode va nella stessa direzione ma due origini diverse. Come la mia famiglia non mi sono mai fatto flettere dalle mode e questo certamente è un fattore che ci accomuna e crea sinergia nel lavoro insieme; abbiamo più la tendenza di ricercare storie, territorio e persone dietro un calice di vino.
Ci sono stati e ci sono trend che sposiamo profondamente, come il tema della sostenibilità, ma per altro siamo molto fedeli al nostro gusto e a che cosa ci piace.

L’altra origine del mio non seguire un gusto “di moda” viene certamente dai miei studi. Avendo vissuto il vino anche nell’aspetto formativo, tramite università, tirocini e varie esperienze in Italia e all’estero, ho potuto costruire un mio gusto che non definirei tecnico, ma certamente vicino all’enologia classica.
Un gusto che è sempre alla ricerca del vino buono, fatto bene, dove si sente il territorio e che regali emozioni. La moda attuale di questi vini naturali e talvolta molto estremi, non fa per me.
Che vino si beve a Padova?
Padova vista in un contesto generale segue molto le mode. Al primo posto ci sono certamente le bollicine che sono sempre più apprezzate, soprattutto da quando è stato abbattuto il muro dell’occasione d’uso e si è portato la bollicina sulla tavola come protagonista a tutto pasto, ha riscosso ancora più attenzione.
In cima alla piramide per richiesta, consumo e acquisto qui a Padova c’è certamente il Prosecco che vince grazie alla fascia prezzo e grazie alla facilità di approccio per il cliente. A seguire, sempre per le bolle c’è certamente lo Champagne, vuoi per il brand territoriale, la qualità e il suo essere ancora percepito come un prodotto d’élite.
Troviamo poi la Franciacorta, perché risponde a più esigenze e stili di beva, diventando sempre più versatile. Seguono Trento Doc, del quale nell’ultimo periodo abbiamo anche ampliato la nostra selezione presente in enoteca e l’Oltrepò Pavese.
Se poi ci concentriamo su altre tipologie che non sono bollicine, la richiesta è molto centrata sul territorio, quindi Colli Euganei, che stanno sempre più crescendo in termini di qualità e come prodotto certamente l’Amarone della Valpolicella.
Se si tratta invece di regalistica, sul gradino più alto del podio ci sono sempre i prodotti brand, anche se il nostro obiettivo è sempre quello di far scoprire zone e aziende diverse, magari anche più piccole.

Nell’era di internet, dei social e del digitale, da giovane appassionato come credi che si stia evolvendo la comunicazione del vino?
In enoteca oltre alla vendita e altre mansioni nello specifico seguo proprio la comunicazione. Credo molto nei social e nel fatto che siano uno strumento molto valido per la comunicazione del settore, perché ne amplificano il potere e avvicinano le persone all’informazione e alla notizia.
C’è tuttavia da dire che quando tutto è ridotto ad un’immagine, a qualche trafiletto di descrizione e poco più, si perde certamente qualcosa specie nel mondo enogastronomico, dove il gusto ma soprattutto la reale storia di così c’è dietro una bottiglia va a perdersi. Inoltre, c’è da dire che i social spesso sono inflazionati dal tipo di comunicatore che li utilizza.
In un sistema così accessibile come quello social la possibilità di imbattersi in una cattiva e scadente comunicazione è molto probabile, ecco perché sarebbe opportuna una buona etica di utilizzo; anche se, parlando chiaramente, chi non è esperto o semplicemente appassionato del settore, lo si riconosce immediatamente.
Abbiamo capito che le mode non ti interessano, ma sei certamente aggiornato delle novità del momento nel settore: cosa pensa del vino dealcolato Filippo Carraretto?
Da consumatore di vino con la V maiuscola, onestamente non mi sento attratto da questa “novità” e credo di non essere il solo a pensarlo. C’è sicuramente però un determinato tipo di consumatore che ne necessita e che vede in questo prodotto una nuova occasione di consumo.
Parlo di donne in gravidanza, persone con un determinato culto religioso, per una semplice intolleranza all’alcol o chi per un determinato periodo deve eliminare l’alcol dalla propria dieta.
Ecco, per quello lo comprendo. Ma trovo inesatto, comunque, che un vino che subisce tale processo, possa essere chiamato vino. Penso sia sbagliato ma soprattutto, temo possa creare confusione nel consumatore. In tutta onestà non penso che sarà presente nel nostro assortimento, dopo tutto siamo solo all’inizio e di tempo prima che un prodotto si affermi un po’ di tempo serve.
C’è anche un lato organolettico da tenere in considerazione e legato al prodotto stesso. L’alcol nel vino veicola profumi e sapori ha un ruolo fondamentale nel processo d’invecchiamento ed è un criterio di piacevolezza gustativa molto importante. Pensando a tutto questo, ecco probabilmente non penso che un comune consumatore di vino, possa diventare un consumatore di vino dealcolato.
Visti da enoteca La mia cantina a Padova, quali credi che saranno i trend per tipologia e per territorio del prossimo futuro?
In Italia credo che i prossimi territori a guadagnare successo saranno i Colli Euganei, perché stanno crescendo tantissimo in termini di produttività e impegno qualitativo.
Le isole, dove sempre più produttori stanno investendo e dalle quali vengono fuori spesso prodotti molto particolari e identitari.
In Toscana la zona di Cortona, tolti i classici so di tanti altri piccoli produttori che stanno facendo un ottimo lavoro e infine credo che ci sarà una forte affermazione dell’Etna, dove la definizione di qualità è sempre più in crescita.