Una grande festa. Dove il vino è stato protagonista assoluto. E che ancora una volta ha saputo mettere in mostra l’eccellenza di una produzione unica nel suo genere: quell’Amarone che è vanto della Valpolicella e che si è mostrato nell’annata 2018 in anteprima. A celebrarlo, nella splendida cornice della Gran Guardia a Verona, con affaccio sull’Arena, 64 cantine protagoniste del territorio, con le etichette del nuovo millesimo e un’altra annata a loro discrezione in assaggio, che ha permesso di andare a degustare vere e proprio opere d’arte enoica. Il tutto orchestrato dal Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella, oggi più che mai in prima fila nell’opera di salvaguardia di un bene prezioso non solo per Verona: siamo, infatti, tutti chiamati a contribuire alla protezione della trasmissione di un “saper fare” che parla di cultura, prima che di vino, come evidenziato dal lancio dell’ultimo sprint verso la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco. Ma in quello che è stato un weekend ricco di spunti e contenuti, ecco cosa portiamo a casa da una giornata intensa di assaggi ad Amarone Opera Prima, di cui condividiamo i cinque vini che più ci hanno “parlato” nell’occasione tra quelli presenti alla degustazione.
Il fenomeno Valpolicella in numeri e la candidatura Unesco
Per comprendere il fenomeno Amarone occorre innanzitutto partire da qualche numero più generale. Oltre 2400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori su un territorio di produzione che si estende in 19 comuni della provincia di Verona, dalla Valpolicella fino alla città scaligera che detiene il primato del vigneto urbano più grande dello Stivale, con complessivi 8600 ettari di vigneto e un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro, di cui più della metà riferiti alle performance dell’Amarone. Questa è l’istantanea odierna del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella che, con oltre l’80% di rappresentatività, tutela e promuove la Denominazione in Italia e nel mondo.
A Verona e provincia, dunque, si respira vino. E lo si fa da millenni, come spiega anche la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco.

È proprio da questo che nasce un’eccellenza invidiata e – ahinoi – spesso anche imitata in tutto il mondo: l’Amarone della Valpolicella. Una produzione davvero unica, ambasciatrice di tipicità. Come dimostrano anche numeri e statistiche, che raccontano di un Amarone sempre più presente nei calici degli appassionati. E come spiegato anche nel corso del talk che ha introdotto il weekend di Amarone Opera Prima, dove particolare risonanza è stata data al completamento del dossier Unesco.
Sono 10 le pagine redatte dal Comitato scientifico, che sintetizzano il lavoro di studio, analisi, raccolta di documenti e materiale video fotografico anche di archivio. Così come sono 10 gli anni di attesa di una comunità fortemente determinata a insignire il secolare appassimento come patrimonio immateriale dell’umanità. Un obiettivo che, se sarà centrato nel lungo iter che ancora attende, riconoscerà alla Valpolicella il primato di iscrizione di una pratica di vinificazione negli elenchi tutelati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.
In questo territorio, infatti, la secolare tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella – pratica che decreta l’unicità dell’Amarone e del Recioto – garantisce, cita il dossier, una “funzione educativa, ambientale, di riscatto sociale e di inclusione” e ovviamente “una funzione enologica”, perché “senza questa tecnica i vini del territorio non esisterebbero”. Tra i punti di forza, individuati anche l’estensione territoriale dell’appassimento praticato da “8mila persone” nei 19 comuni della Denominazione.

Sottolinea Pier Luigi Petrillo, coordinatore del Comitato scientifico, professore e direttore della cattedra Unesco sui Patrimoni culturali immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma:
“Il dossier evidenzia che si tratta di una tecnica che rispecchia la storia sociale, politica, economica di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione. Il profondo radicamento culturale e identitario definisce la stessa architettura rurale della Valpolicella: un saper fare che da oltre 1500 anni identifica questa comunità”.

E il presidente del Consorzio vini Valpolicella, Christian Marchesini, così ha ribadito:
“Il traguardo di oggi è il risultato di un grande lavoro di squadra che ha messo a fattor comune la valorizzazione della Valpolicella e la sua vocazione all’eccellenza. Un’unità d’intenti e di visione che ha riscontrato l’appoggio anche delle istituzioni, a partire dalla Regione Veneto e dal suo presidente, Luca Zaia. Ora confidiamo che i ministeri deputati a decidere la presentazione della candidatura sappiano riconoscere il valore antropologico e socioeconomico di questa tecnica. Non dimentichiamo, infatti, che la denominazione genera un fatturato di oltre 600 milioni di euro l’anno”.
La chiusura del dossier ufficiale segue le quattro call to action promosse dal Comitato promotore, che vede uniti Consorzio vini Valpolicella nel ruolo di coordinatore, Sovrano nobilissimo ordine dell’antico recioto, Consiglio del Palio del Recioto e dell’Amarone e Associazione Strade della vite e del vino della Valpolicella, nel corso del 2022. Il documento verrà ora trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale coordinato dal ministero degli Esteri cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per la valutazione, confidando sia proprio quella dell’iconico Rosso veronese che nel weekend di Amarone Opera Prima ha posto in mostra l’annata 2018. Ma davanti a che millesimo ci troviamo?
Amarone Opera Prima: l’annata 2018 si presenta in anteprima
L’ultimo millesimo ad arrivare sul mercato, il 2018, per l’Amarone ha regalato tutte le nuance del territorio in occasione del weekend di Amarone Opera Prima.
Ed è un profilo, quello dell’annata pronta a sbarcare in commercio (i tempi dipendono da azienda ad azienda, tra chi già è uscito con la sua etichetta e chi, invece, attenderà ancora), caratterizzato da un profilo che racconta di 12 mesi in cui non si è assistito a fenomeni estremi, con una normalità ormai quasi da considerarsi oggi, con gli effetti del cambiamento climatico che a ogni vendemmia impongono sorprese anche non piacevoli, “fuori dalla norma”.
Il 2018, è stato evidenziato, si è dimostrato anno che ha permesso alle cantine di lavorare con serenità e al territorio di esprimersi al meglio.
Andando poi sul dettaglio tecnico, è un’annata, quella al debutto, che secondo l’analisi realizzata per il Consorzio da Giambattista Tornielli, professore associato di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Università degli studi di Verona, è stata caratterizzata da un “andamento meteorologico nel complesso instabile, con temperature medie leggermente superiori alla media storica da marzo ad agosto e con piovosità superiore alla media specialmente nei mesi di marzo e maggio. Un fenomeno atmosferico che ha dotato i terreni di una buona risorsa idrica. Dal punto di vista fenologico, le principali fasi di sviluppo della pianta sono state in linea con il dato storico, con una maturazione solo leggermente anticipata, mentre i parametri tecnologici di maturazione sono stati generalmente bilanciati, con una buona dotazione di zuccheri e antociani anche se in alcuni casi con livelli di acidità inferiori alla media. La vendemmia per messa a riposo delle uve è così iniziata con qualche giorno di anticipo, con un decorso dell’appassimento piuttosto rapido (caratteristica comune negli anni recenti) che si è svolto comunque in assenza di problematiche fitosanitarie”.

Sul fronte dei volumi, la produzione di uva è stata piuttosto abbondante con oltre 971mila quintali raccolti, dei quali circa 335mila messi ad appassire per la produzione dell’Amarone e del Recioto. “Nel complesso l’annata che approda sui mercati quest’anno ha tutte le carte in regola per esprimere appieno la tipicità del territorio della Valpolicella nei calici”.
Una conferma di questo, poi, è giunta anche dalla prova del calice, dove abbiamo riscontrato, a seconda dei diversi stili che caratterizzano ciascun produttore nella sua specifica interpretazione dell’Amarone, una sostanziale freschezza nel profilo dei vini. Un’immediatezza e una precisione che parlano di un’annata che ci appare già avanti in termini di maturazione, anche in tante prove non ancora in commercio, e dove il frutto tende a definirsi con una sostanziale eleganza.
Poi, rispetto a quelli che sono stati i nostri assaggi nella giornata di sabato, chi scrive torna da Verona con la sensazione di un nuovo corso che si va sempre più affacciando nell’Amarone, con uno stile che progressivamente sta vertendo verso espressioni più “snelle” e dove territori come Valpantena (vedi i casi Costa Arente e Bertani, tra gli ultimi) o altitudini come quelle di zone quali Marano (vedi l’esempio di Albino Armani, ma non solo) tenderanno, già in un prossimo futuro, a definire una nuova “via” nel calice per il Re dei rossi della Valpolicella.

Non solo annata 2018: cinque vini che ci hanno parlato ad Amarone Opera Prima 2023
Tra le molte etichette degustate in occasione di Amarone Opera Prima per 64 cantine protagoniste, tutte di altissimo livello, condividiamo qui di seguito non i cinque migliori assaggi, ma quelli che ci hanno maggiormente “parlato”, lasciandoci quel più di curiosità per andare, prossimamente o in un orizzonte temporale più lungo, a ritrovare i vini per capire che nuovi spunti sapranno raccontarci.